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Salari fermi, potere d’acquisto in picchiata, Sud in panne: l’Istat fotografa una nazione sempre più povera

”Tra il 1993 e il 2011 le retribuzioni contrattuali mostrano, in termini reali, una variazione nulla, mentre per quelle di fatto si rileva una crescita di quattro decimi di punto l’anno -rileva il Rapporto annuale Istat 2012-. Negli ultimi due decenni la spesa per consumi delle famiglie è cresciuta a ritmi più sostenuti del loro reddito disponibile, determinando una progressiva riduzione della capacità di risparmio. Complessivamente dal 2008 il reddito disponibile delle famiglie è aumentato del 2,1 per cento in valori correnti, ma il potere d’acquisto (cioè il reddito in termini reali) è sceso di circa il 5 per cento”.
”Le retribuzioni da lavoro dipendente hanno aumentato la loro incidenza sul reddito disponibile delle famiglie, passando dal 39,3 per cento del 1992 al 42,8 per cento del 2011. Al contrario, i redditi da lavoro autonomo hanno complessivamente ridotto il loro contributo alla formazione del reddito disponibile, dal 28,8 per cento del 1992 al 25,3 per cento nel 2011. Il contributo dei redditi da capitale alla formazione del reddito disponibile si è più che dimezzato, passando dal 16,1 per cento del 1992 al 6,8 per cento del 2011”, continua l‘Istat. ”Negli ultimi vent’anni le prestazioni sociali alle famiglie hanno contribuito positivamente alla dinamica del reddito disponibile; la loro quota è infatti aumentata dal 24,5 del 1992 al 32 per cento del 2011 -prosegue l’Istat-.Nello stesso periodo il carico fiscale corrente sulle famiglie è passato dal 13,2 per cento degli anni 1992-1996, al 14,1 per cento del periodo 2001-2007, per raggiungere il 15,1 per cento nel 2011”.
”In presenza di una continua riduzione della propensione al risparmio, negli ultimi 15 anni la povertà relativa ha registrato una sostanziale stabilità. La percentuale di famiglie che si trovano al di sotto della soglia minima di spesa per consumi si è mantenuta intorno al 10-11 per cento. Resta ampio il divario territoriale: al Nord l’incidenza della povertà è al 4,9 per cento, sale al 23 per cento al Sud”, continua l’Istat.
”E’ peggiorata la condizione delle famiglie più numerose: nel 2010 risulta in condizione di povertà relativa il 29,9 per cento di quelle con cinque e più componenti (più sette punti percentuali rispetto al 1997). Nelle famiglie con almeno un minore l’incidenza della povertà è del 15,9 per cento. Complessivamente sono 1 milione 876 mila i minori che vivono in famiglie relativamente povere (il 18,2 per cento del totale); quasi il 70 per cento risiede nel Mezzogiorno”, continua il Rapporto Istat.
”Per compensare la diminuita capacità d’acquisto, le famiglie consumatrici hanno ridotto di 0,9 punti percentuali la propensione al risparmio (definita dal rapporto tra il risparmio lordo delle famiglie e il loro reddito disponibile), portandola all’8,8 per cento, il valore più basso dal 1990. Nella parte finale dell’anno la propensione al risparmio ha registrato una leggera risalita (al 9,1 per cento), favorendo un’accelerazione della caduta dei consumi”, conclude l‘Istat.