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Bengasi, rivolta contro le milizie islamiche. Pakistan, spot Usa contro il film su Maometto per placare i disordini

A Bengasi una folla di manifestanti ha attaccato la base della milizia islamica Ansar al Sharia e ne ha cacciato via i suoi militanti. L’attacco, avvenuto nella tarda serata di ieri, ha preso di mira la milizia sospettata dell’attacco dell’11 settembre al consolato americano in cui sono rimasti uccisi quattro diplomatici, fra cui l’ambasciatore Christopher Stevens.
Secondo al Jazeera online l’assalto contro Ansar al Sharia fa parte di una serie di raid coordinati fra forze di sicurezza e dimostranti contro diversi uffici della milizia islamica, al termine di una giornata di manifestazioni contro i gruppi armati. Almeno quattro persone sono morte negli scontri di ieri a Bengasi e 30mila dimostranti sono scesi in strada con slogan contro le milizie degli estremisti islamici, riferisce la Bbc. Nella stessa città libica vi è stata tuttavia ieri una manifestazione di 3mila salafiti per protestare contro il video anti Islam.
In Pakistan gli Stati Uniti stanno cercando di calmare gli animi con uno spot televisvo in cui il presidente Barack Obama e il segretario di stato Hillary Clinton condannano il video anti Islam apparso su Youtube. La portavoce del dipartimento di Stato, Victoria Nuland, ha spiegato che lo spot, sottotitolato in lingua urdu, è stato realizzato dall’ambasciata americana a Islamabad, montando assieme dichiarazioni pubbliche di Obama e la Clinton.
Lo spot è andato in onda a pagamento su varie televisioni pachistane a partire da giovedì. All’obiezione che l’offensiva mediatica non sembra aver impedito le violente manifestazioni che ieri hanno provocato almeno 19 morti, la Nuland ha risposto che serve ancora tempo per valutarne l’efficacia. L’ambasciata ha speso 700mila dollari nell’operazione e un link allo spot compare sulla pagina Facebook della sede diplomatica. I commenti che sono stati postati dal pubblico sono però in maggioranza negativi.
Secondo la Nuland, sono i più estremisti a partecipare alle manifestazioni. Ma c’è anche una maggioranza silenziosa che “rimane a casa, non partecipa e non posta commenti negativi su Facebook”.