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Processo Ruby bis, i giudici: “Berlusconi va indagato per corruzione di avvocati e testimoni” Nel mirino le “olgettine” e i legali Ghedini e Longo

Processo Ruby bis, i giudici: “Berlusconi va indagato per corruzione di avvocati e testimoni” Nel mirino le “olgettine” e i legali Ghedini e Longo
 Silvio Berlusconi e le ragazze che hanno partecipato alle cene di Arcore sono indiziati di corruzione in atti giudiziari. E’ quanto emerge nelle motivazioni della sentenza del processo Ruby 2 che ha portato alla condanna di Lele Mora, Emilio Fede e Nicole Minetti. ”Tutti i soggetti partecipanti alla riunione e, quindi, anche tutte le ragazze, sono gravemente indiziati del reato di cui all’articolo 319 ter c.p.: le giovani donne sottoelencate – scrivono i giudici – che poi rendevano false testimonianze (il reato di falsa testimonianza concorre con il reato di corruzione in atti giudiziari), in qualità di testimoni e, quindi, pubblici ufficiali, ricevevano denaro e altre utilità, sia prima che dopo aver deposto come testimoni; Berlusconi in qualità di soggetto che elargiva il denaro e le altre utilità; gli avvocati Ghedini e Longo, in qualità di concorrenti, per aver partecipato, nella loro qualità di difensori di Berlusconi, alla riunione del 15 gennaio 2011″. Secondo i giudici di Milano, dunque, gli avvocati Ghedini e Longo “sono gravemente indiziati”, insieme a Berlusconi e le ‘olgettine’, di corruzione in atti giudiziari. I giudici ricordano come nella riunione del 15 gennaio 2011, successiva alle perquisizioni scattate nei confronti delle ‘olgettine’, Berlusconi “convoca presso Arcore una riunione alla quale parteciparono i suoi avvocati, Ghedini e Longo, con tutte le ragazze per parlare della ‘questione’”.Dopo quell’incontro “tutte le ragazze, testimoni del nostro processo - scrivono i giudici - iniziavano a percepire almeno la somma di euro 2.500 al mese ciascuna, a tempo indeterminato”. Chiunque riceveva questa somma rendeva al processo dichiarazioni perfettamente sovrapponibili, anche con l’uso di “linguaggio non congruo rispetto alla loro estrazione culturale; in particolare si noterà la ricorrenza, nelle deposizioni delle testimoni in esame, di nomi, terminologie, fraseggi identici tra loro”.Non solo: “A precisa domanda – scrivono a conferma del loro ragionamento i giudici – alcune non sapevano riferire il significato delle parole e delle frase utilizzato”. Dichiarazioni “dirette a favore di Berlusconi” e degli altri imputati. Un pagamento che il pm non ha esitato a definire anomalo e che nonostante le ragazze lo definiscano un risarcimento per i danni mediatici provocati risulta per i giudici “un pretesto non verosimile”.

”Il pagamento mensile, regolare di una somma di denaro di tale entità a soggetti che devono testimoniare in un processo nel quale colui che elargisce la somma è imputato, nonché in altro processo all’esito del quale colui che elargisce la somma è interessato, in quanto vicenda connessa alla sua, non è un’anomalia, ma un fatto illecito. Un inquinamento probatorio”, si legge nelle motivazioni. Nel ricostruire le cene di Arcore i giudici mettono in luce il ruolo ‘prevalente’ svolto da Emilio Fede, ma analizzano anche la figura di Lele Mora, così come quella dell’ex consigliere regionale Nicole Minetti. “Il collegio nel ricostruire la vicenda ha posto in luce che il ruolo ‘prevalente’ svolto da Emilio Fede trovava fondamento proprio nel fatto che lo stesso si poneva come necessario ed unico mediatore nelle trattative tra il coimputato e Silvio Berlusconi tese all’ottenimento dei prestiti poi erogati e che nel complessivo accordo tra i due compari rientrava, anche, la necessità di procurare all’ex premier donne che potessero allietarlo”, scrivono i giudici.

Sempre secondo i giudici, poi, il contenuto di alcune conversazioni dimostra “l’impegno profuso” da Fede e Mora “nell’individuare e selezionare giovani donne da condurre al cospetto di Silvio Berlusconi e indurle al compimento di atti sessuali retribuiti con lo stesso, impegno che è finalizzato, evidentemente, a lucrare dei vantaggi economici, diretti o indiretti”.

Da parte sua Emilio Fede chiarisce: ”Non sono tra i personaggi chiamati a rispondere di presunta falsa testimonianza per quanto riguarda i racconti delle cene ad Arcore, delle quali ho reso ampia testimonianza davanti alla corte che, ovviamente, non ne ha tenuto conto”. Quanto alle motivazioni depositate questa mattina “non entro in merito alla sentenza per non incorrere in un giudizio che neppure merita”.