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Silurato Mineo, 13 senatori del Pd sfidano Renzi e si autosospendono. Il premier dalla Cina: “Andiamo avanti, contano i voti e non i veti”

Silurato Mineo, 13 senatori del Pd sfidano Renzi e si autosospendono. Il premier dalla Cina: “Andiamo avanti, contano i voti e non i veti”

Tredici senatori del Pd si sono autosospesi dal gruppo parlamentare in seguito a quanto avvenuto sulle Riforme e sull’allontanamento di Corradino Mineo dalla commissione Affari costituzionali del Senato che si sta occupando delle riforme. Lo ha annunciato il senatore Dem Paolo Corsini in Aula a Palazzo Madama poco dopo le 11.30 di questa mattina. Mineo, ex direttore di Rai News 24 da tempo manifestava la sua contrarietà all’impianto del cosiddetto Italicum. Il suo voto in commissione Affari Costituzionali, di cui era membro, poteva essere decisivo. Quanto avvenuto nel gruppo del Pd in occasione del dibattito sulle Riforme è stata «un’epurazione delle idee non ortodosse» ed è una «palese violazione della nostra Carta fondamentale. Chiediamo dunque alla presidenza gruppo Parlamentare un chiarimento», ha aggiunto Corsini. I senatori autosospesi sono, per ora, – afferma ancora – Casson, Chiti, Corsini, Gadda, Dirindin, Gatti, Lo Giudice, Micheloni, Mineo, Mucchetti, Ricchiuti, Tocci, Turano».
Intanto dalla Cina il premier Matteo Renzi proprio questa mattina aveva detto: «Noi non lasciamo a nessuno il diritto di veto: conta molto di più il voto degli italiani che il veto di qualche politico che vuole bloccare le riforme. E siccome contano di più i voti che i veti, vi garantisco che noi andiamo vanti a testa alta». Con queste parole, tutte rivolte alle questioni italiane (mentre nel Pd scoppia il caso Mineo), Renzi, congedandosi dalla comunità d’affari italiana a Pechino, è tornato sulla questione del cammino delle riforme dopo lo scivolone di mercoledì in Parlamento e e il ko della maggioranza sulla responsabilità civile dei giudici.

L’Italia smetta di dividersi

Renzi è già ripartito alla volta di Astana, in Kazakistan, ultima tappa del suo tour asiatico. Ma prima di lasciare la Cina, agli imprenditori italiani ha consigliato di puntare «in alto». «Noi, da parte nostra, vi garantiamo che non molliamo di mezzo centimetro, di una virgola». «Non ne possiamo più di un’Italia rannicchiata, impaurita, c’è fame di Italia nel mondo e noi dobbiamo fare di più. Dobbiamo smettere di dividerci e fare finalmente gioco di squadra. Noi andremo avanti a testa alta». «Tocca all’Italia smettere di dividersi e fare finalmente gioco di squadra», dice ancora il presidente del Consiglio a Pechino, parlando con i giornalisti al termine dell’incontro con il presidente esecutivo di Alibaba (società cinese leader del commercio on line, ndr) Jack Ma. «L’Italia – ha aggiunto – deve guardare al futuro a testa alta, con la consapevolezza e la determinazione che in Cina tanti amano il nostro Paese, vorrebbero investire e fare scambi culturali».

Fame di Italia nel mondo

«C’è fame di Italia nel mondo», sottolinea ancora Renzi al termine del suo tour in Cina, dinanzi alla comunità imprenditoriale italiana riunita nell’ambasciata a Pechino. Il premier Matteo Renzi ha ricordato che il padiglione Italia, quattro anni fa all’Expò di Shanghai, fu visitato «da 7 milioni di persone, il secondo più frequentato dopo quello cinese: un risultato che dimostra ancora una volta di più quanta fame di Italia ci sia nel mondo». «Noi siamo una superpotenza da punto di vista della cultura», ha osservato ancora Renzi, «e c’è bisogno di reinvestire sulla nostra mente sull’importanza di ciò che siamo».