Legge elettorale, salta l’incontro Pd-M5S. Speranza (Pd): “Prima vogliamo risposte scritte” Di Maio (M5S): “Noi siamo qui”
Loro, i grillini, continuano a dire che ci saranno. Ma a far sapere che l’incontro è stato cancellato è l’eurodeputata dem Alessandra Moretti (già presente al primo vertice con il M5S), che dichiara: “Mi è stato comunicato che oggi l’incontro non c’è. Non ho alcuna indicazione di rimanere a Roma, infatti sto partendo. Le ragioni non le conosco, ma l’incontro non c’è”.
La conferma ufficiale arriva, a stretto giro, dal capogruppo Pd a Montecitorio, Roberto Speranza, con una lettera alla presidente della Camera, Laura Boldrini: “Cara presidente – vi si legge – le scrivo per informarla che il previsto incontro di oggi tra la delegazione del Pd e quella M5S non si terrà. Il Pd considera questo confronto molto serio ed importante per il dibattito democratico nel nostro paese e per dare più forza al percorso delle riforme. Proprio per queste ragioni riteniamo imprescindibile che tale confronto possa svolgersi solo dopo che saranno pervenute formali risposte alle questioni indicate nel giorni scorsi dal Pd”.
Soltanto poche ore prima, tuttavia, sulla propria pagina Facebook era stato il vicepresidente M5S della Camera, Luigi Di Maio, a lanciare un post: “Oggi io, Danilo Toninelli, Paola Carinelli e Maurizio Buccarella incontreremo il Pd per l’incontro decisivo sulla legge elettorale”. A rincarare la dose, l’annuncio pubblicato sul blog di Beppe Grillo: “Oggi alle 15 sul blog e su La Cosa sarà trasmesso in streaming l’incontro tra la delegazione del M5S e quella del Pd in merito alla legge elettorale”. Appresa la notizia dell’annullamento, però, il Movimento ha subito annunciato una conferenza stampa per le 12.
Il rebus dell’incontro tra il M5S e il Pd sulla riforma della legge elettorale ha tenuto banco negli ultimi giorni. Le aperture dei grillini (sì a 8 delle 10 proposte del Pd), non sono però bastate ai democratici, i quali hanno chiesto che le risposte dei 5 Stelle fossero messe nero su bianco in un documento, altrimenti la riunione sarebbe saltata. Prima Simona Bonafè, poi Dario Ginefra e infine Davide Faraone, ieri hanno chiesto al Movimento di rispondere con un testo scritto al ‘memorandum’ in dieci punti elaborato dal Pd e che, secondo i dem, indica le linee guida del progetto di ammodernamento delle istituzioni e del nuovo sistema elettorale.
Noi le riforme vogliamo farle in fretta ma senza fare chiarezza prima, aveva dichiarato Bonafè, è inutile sedersi al tavolo. Nonostante ciò, Di Maio e il capogruppo cinquestelle al Senato, Buccarella, avevano confermato che l’incontro ci sarebbe stato oggi alle 15.
In un’intervista a Repubblica, inoltre, il vicesegretario del Nazareno, Lorenzo Guerini, aveva sostenuto che “il tavolo delle riforme va tenuto insieme, nessuno lo faccia saltare, i dissidenti dem non si possono sfilare. L’impianto delle riforme – aveva spiegato – è in linea con quello che il Pd ha detto in questi anni e va nell’interesse del paese. Cioè trasformazione del nostro sistema istituzionale per renderlo più efficiente; superamento del bicameralismo perfetto, che è un obiettivo su cui tutti, tranne qualche reduce, sono d’accordo. Sulla legge elettorale abbiamo sempre detto che ci vuole un modello che funzioni, che definisca in modo chiaro chi vince e chi perde, che garantisca la governabilità e impegni le forze politiche a dichiarare prima del voto con quale coalizione vogliono governare. Dentro questo impianto, possono esserci cambiamenti e si possono costruire convergenze più larghe”.
Stasera, intanto, riunione del gruppo parlamentare del Pd al Senato, con la resa dei conti fra Matteo Renzi e i ‘dissidenti’ sulle riforme, bicameralismo in primis. Dal Pd a Forza Italia passando per Movimento 5 Stelle e Nuovo centrodestra, infatti, il dissenso interno ai partiti non accenna a smorzarsi. Berlusconi ha assicurato al premier lealtà rispetto al patto del Nazareno, ma una corrente di 39 senatori azzurri (su 59) si è già espressa per chiedere il Senato elettivo: un nodo che continua ad agitare anche i ‘ribelli’ democratici guidati da Vannino Chiti e che può contare su 19 senatori dem.
Proprio Chiti oggi a SkyTg24 ha ribadito che così non va. Senza alcune sostanziali correzioni al testo sul superamento del bicameralismo paritario in discussione al Senato, il ddl Boschi lui non lo voterà. “Il superamento del bicameralismo paritario – ha dichiarato – si può ottenere o con un Senato modello Bundesrat oppure attraverso l’elezione diretta dei senatori insieme ai rappresentanti del consigli regionali. La Camera dà la fiducia al governo e ha l’ultima parola sulle leggi. Questo vuol dire superare il bicameralismo paritario. Quando non si hanno idee, come avviene in questo periodo, si ricorre agli slogan e agli epiteti come ‘sabotatori’. Se invece si stesse al merito, sarebbe meglio per tutti.
Ma a dire di non voler compiere alcun passo indietro è Corradino Mineo, esponente di spicco dei ‘ribelli’ dem, che oggi, da Agorà su Rai3, rivendica di stare “esprimendo una posizione individuale” e ripete ancora una volta che “non siamo una corrente. Ho dato un consiglio a Renzi e non ne sono pentito, perché se continuerà come un carro armato su questa linea, alla lunga – avverte – sarà lui il responsabile di un errore e gli elettori se ne renderanno conto. Di cosa discuteremo stasera al gruppo Pd, qual è la riforma del Senato? Ci chiedono fedeltà sull’idea, non bisogna dissentire. Questo mi pare grottesco”.
Sulla riforma della legge elettorale, invece, tra Pd e Forza Italia, sarebbero già 100 (su 300) i parlamentari pronti a frenare dinanzi a un Italicum senza preferenze (il nuovo sistema di voto che a oggi risulta approvato soltanto alla Camera prevede infatti le mini liste bloccate). A loro vanno poi aggiunti i 33 senatori di Ncd.
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