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Caso Ruby, giorno decisivo per Berlusconi. Alle 13 il verdetto d’appello

Caso Ruby, giorno decisivo per Berlusconi. Alle 13 il verdetto d’appello

Il conto alla rovescio è iniziato: poche ore e sarà noto il destino giudiziario (e anche politico) di Silvio Berlusconi. E’ atteso intorno alle 13 il verdetto d’appello sul caso Ruby a carico dell’ex premier, che rischia – qualora arrivasse una condanna anche in secondo grado e questa poi venisse confermata dalla Cassazione – di dover iniziare a scontare, tra poco più di un anno, una pena (il cumulo potrebbe arrivare fino a dieci anni) in regime di detenzione domiciliare.

Per il leader di Forza Italia il sostituto pg di Milano, Piero De Petris, ha chiesto di tener fermi i sette anni di carcere (“pena severa, ma giusta”, ha detto) che gli sono stati inflitti in primo grado per concussione per costrizione e prostituzione minorile. La difesa, invece, con i professori Franco Coppi e Filippo Dinacci, ha chiesto l’assoluzione per insussistenza dei fatti contestati, ma punta anche su tutta una serie di questioni processuali, tra cui l’inutilizzabilità delle intercettazioni, che potrebbero portare all’annullamento o alla riforma della sentenza del Tribunale.

Dopo un breve batti e ribatti tra accusa e difesa sull’inutilizzabilità o meno delle intercettazioni telefoniche in questo processo, i giudici della seconda sezione penale della Corte d’Appello, presieduta da Enrico Tranfa, sono entrati in Camera di Consiglio. Non erano ancora le 10 del mattino, più o meno l’ora in cui l’ex premier è entrato alla ‘Sacra Famiglia’ di Cesano Boscone per la sua undicesima giornata ai servizi sociali con i malati di Alzheimer, come prevede il percorso di affidamento in prova a seguito della condanna definitiva per il caso Mediaset.

E’ probabile che la Corte esca con la sua decisione già in tarda mattinata, intorno alle 13. Venerdì scorso, nel chiedere la conferma della sentenza dei giudici della quarta sezione penale emessa poco più di un anno fa, il 24 giugno 2013, il pg De Petris era partito dalla ricostruzione dell’ormai famosa notte in Questura tra il 27 e il 28 maggio del 2010, quando la 17enne Ruby, portata in via Fatebenefratelli perchè sospettata di furto, venne rilasciata dopo una telefonata dell’ex premier e affidata all’allora consigliere regionale Nicole Minetti. Secondo il pg, Berlusconi avrebbe fatto pressioni sul capo di Gabinetto della Questura, Pietro Ostuni, e ‘a cascata’ sul funzionario Giorgia Iafrate, al punto da “ordinare” loro con una “minaccia implicita”, e intimidendoli, la consegna della giovane marocchina.

Quanto al reato di prostituzione minorile, poi, per il pg “è certa l’attività di meretricio della minorenne” a Villa San Martino, tra il settembre 2009 e il maggio 2010, e anche altrove. Per la difesa, invece, la condanna di primo grado è basata solo su “opinioni” e su “congetture che servono solo a puntellare prove inesistenti”. Nei confronti di Ostuni ci fu solo una “mera sollecitazione” e poi, secondo i legali, c’è un “dato insuperabile”: la stessa Ruby ha sempre negato di aver fatto sesso con l’allora presidente del Consiglio.

Se dovesse arrivare la conferma dei 7 anni, o comunque una condanna a una pena più bassa, e il verdetto poi dovesse reggere anche in Cassazione (l’udienza potrebbe tenersi tra l’estate e l’autunno 2015), per Berlusconi, in base alla legge, ‘rivivrebbero’ anche i tre anni della sentenza Mediaset cancellati dall’indulto. Rischia in ipotesi, dunque, un cumulo pena delle due sentenze di 10 anni. Pena che, in base all’articolo 47 ter del codice di procedura penale, avrebbe la possibilità di scontare in detenzione domiciliare e non in carcere, perchè ultrasettantenne.