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Friuli, Papa Francesco prega per tutti i soldati caduti in battaglia: “La guerra distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano”

Friuli, Papa Francesco prega per tutti i soldati caduti in battaglia: “La guerra distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano”

«Dopo aver contemplato la bellezza del paesaggio di tutta questa zona, dove uomini e donne lavorano portando avanti la loro famiglia, dove i bambini giocano e gli anziani sognano… trovandomi qui, in questo luogo, trovo da dire soltanto: la guerra è una follia”. Francesco alza lo sguardo, l’aria triste e preoccupata. A Redipuglia, davanti alle tombe di centomila soldati italiani, dopo aver sostato nel cimitero austroungarico, a cento anni dalla Prima Guerra mondiale è arrivato per pregare per “i caduti di tutte le guerre” e per l’oggi, in un mondo sfregiato dai conflitti: «La guerra è folle». Un’omelia amara nella quale ripete ciò che aveva detto il mese scorso, di ritorno da Seul: «Anche oggi, dopo il secondo fallimento di un’altra guerra mondiale, forse si può parlare di una terza guerra combattuta “a pezzi”, con crimini, massacri, distruzioni…». Al centro, la frase di Caino: «Ad essere onesti, la prima pagina dei giornali dovrebbe avere come titolo: “A me che importa?”. Caino direbbe: “Sono forse io il custode di mio fratello?”».

Meditazione

La meditazione dolente di Francesco è tra le più alte del suo pontificato. «Mentre Dio porta avanti la sua creazione, e noi uomini siamo chiamati a collaborare alla sua opera, la guerra distrugge. Distrugge anche ciò che Dio ha creato di più bello: l’essere umano. La guerra stravolge tutto, anche il legame tra fratelli. La guerra è folle, il suo piano di sviluppo è la distruzione: volersi sviluppare mediante la distruzione!». Qui sta l’essenziale: «La cupidigia, l’intolleranza, l’ambizione al potere… sono motivi che spingono avanti la decisione bellica, e questi motivi sono spesso giustificati da un’ideologia; ma prima c’è la passione, c’è l’impulso distorto. L’ideologia è una giustificazione, e quando non c’è un’ideologia, c’è la risposta di Caino: “A me che importa?”, “Sono forse io il custode di mio fratello?”. La guerra non guarda in faccia a nessuno: vecchi, bambini, mamme, papà…”. Anche “sopra l’ingresso di questo cimitero aleggia il motto beffardo della guerra: “A me che importa?” , riflette il pontefice: “Tutte queste persone, i cui resti riposano qui, avevano i loro progetti, i loro sogni…, ma le loro vite sono state spezzate. L’umanità ha detto: “A me che importa?”». Un atteggiamento indifferente che è «esattamente l’opposto di quello che ci chiede Gesù nel Vangelo», prosegue Francesco: «Lui è nel più piccolo dei fratelli: Lui, il Re, il Giudice del mondo, è l’affamato, l’assetato, il forestiero, l’ammalato, il carcerato… Chi si prende cura del fratello, entra nella gioia del Signore; chi invece non lo fa, chi con le sue omissioni dice: “A me che importa?”, rimane fuori”.

Il ricordo delle vittime

Una pausa di silenzio. E ancora: “Qui ci sono tante vittime. Oggi noi le ricordiamo. C’è il pianto, c’è il dolore. E da qui ricordiamo tutte le vittime di tutte le guerre». E preghiamo per il tempo presente, avverte il Papa: «Anche oggi le vittime sono tante… Come è possibile questo? E’ possibile perché anche oggi dietro le quinte ci sono interessi, piani geopolitici, avidità di denaro e di potere, e c’è l’industria delle armi, che sembra essere tanto importante! E questi pianificatori del terrore, questi organizzatori dello scontro, come pure gli imprenditori delle armi, hanno scritto nel cuore: “A me che importa?”. Bisogna fermarsi. «È proprio dei saggi riconoscere gli errori, provarne dolore, pentirsi, chiedere perdono e piangere. Con quel “A me che importa?” che hanno nel cuore gli affaristi della guerra, forse guadagnano tanto, ma il loro cuore corrotto ha perso la capacità di piangere. Quel “A me che importa?” impedisce di piangere. Caino non ha pianto. L’ombra di Caino ci ricopre oggi qui, in questo cimitero. Si vede qui. Si vede nella storia che va dal 1914 fino ai nostri giorni. E si vede anche nei nostri giorni». Francesco conclude: «Con cuore di figlio, di fratello, di padre, chiedo a tutti voi e per tutti noi la conversione del cuore: passare da quel “A me che importa?”, al pianto. Per tutti i caduti della “inutile strage”, per tutte le vittime della follia della guerra, in ogni tempo. L’umanità ha bisogno di piangere, e questa è l’ora del pianto».