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Legge Elettorale, stasera il vertice di maggioranza per la decisione finale. Renzi pronto a rompere il patto del Nazareno

Legge Elettorale, stasera il vertice di maggioranza per la decisione finale. Renzi pronto a rompere il patto del Nazareno

C’è tempo fino a stasera alle nove poi sarà Matteo Renzi a rompere il patto del Nazareno annunciando alcune modifiche finora maledette da Forza Italia. Una rottura che avrebbe un riflesso sulla corsa per il Quirinale appena scattata dopo le indiscrezioni sulle dimissioni imminenti di Napolitano. “Se Berlusconi non rimane seduto al tavolo delle riforme possiamo eleggere un presidente contro di lui. Gli conviene? È sufficiente scegliere il più antiberlusconiano dei papabili e aprire ai 5 stelle”, ragiona il premier con i suoi collaboratori. Per il Colle Grillo è un interlocutore molto più sicuro di quanto lo sia sull’Italicum.

Alle 21 si riunisce il vertice di maggioranza per fare il punto sulla legge elettorale. Se non sarà arrivato un segnale chiaro da Silvio Berlusconi, il premier si sentirà svincolato. “Metteremo la soglia di accesso per le liste al 3 per cento, come ci chiedono i partiti più piccoli. E andremo avanti da soli. I numeri li abbiamo, vedrete”, avverte Renzi.

Significa che l’intera galassia del centrodestra da Fratelli d’Italia all’Ncd alla Lega, che Forza Italia pensava di poter piegare alla sua volontà attraverso uno sbarramento alto, riprenderà fiato e non guarderà più alla casa madre. Il vertice è stato convocato dopo cena proprio per regalare all’ex Cavaliere le ultime ore di riflessione, ma se non ci sarà una risposta o sarà negativa, il suo esito è già annunciato.

Renzi sa che Berlusconi ha davvero dei grossi problemi dentro il suo partito e nelle zone di confine. Non lo aiuta neanche l’imminente voto per la successione di Giorgio Napolitano. Nella lotteria delle elezioni presidenziali o si ha una pattuglia unita o si rischia la sorte del Pd con i 101 contro Prodi. Per questo, spiegano a Palazzo Chigi, non bisogna stupirsi se l’ex premier insiste a denunciare la tentazione di un voto anticipato attribuendola al leader del Partito democratico. “Lo dice a uso interno, per tacitare i dissidenti alla Fitto e dimostrare che sta veramente all’opposizione. È giusto dargli il peso che merita”, minimizza il premier con i fedelissimi. Eppure il patto del Nazareno non è mai stato così vicino al game over e Renzi ha già cominciato a fare i conteggi su un’ipotetica maggioranza a Palazzo Madama. Senza Grillo, senza la Lega, senza Forza Italia, un Italicum corretto in alcuni punti (soglia di sbarramento, maggiore peso alle preferenze rispetto ai capolista bloccati) può fare affidamento su 174 senatori, 14 più della maggioranza assoluta di 160.

I renziani non negano la preoccupazione per il ritardo di Forza Italia. Il premier non ha avuto contatti diretti con Berlusconi. Il telefono invece ha squillato anche di domenica tra gli ambasciatori, in particolare tra Luca Lotti, Denis Verdini e Lorenzo Guerini. “All’ultimo sprint possiamo siglare l’accordo – dice Renzi – ma non si può perdere tempo”. Tanto più che la partita per il nuovo capo dello Stato rischia di sovrapporsi alla legge elettorale complicando le cose. Se i tempi dovessero coincidere e senza un punto di caduta già deciso prima di gennaio, si complicherebbero entrambe le partite. “Berlusconi ha tutto l’interesse a rimanere dentro al patto. Se è così il prossimo presidente lo eleggiamo con lui sennò lo eleggiamo contro di lui. Fa una bella differenza. Non è nelle condizioni di mettere paletti”, ripete Renzi. Basta, dicono a Palazzo Chigi, rafforzare il profilo antiberlusconiano della rosa di nomi. Basta, per fare un esempio, un nome come Romano Prodi. Candidatura che non è in cima ai pensieri del Pd renziano, ma “un identikit simile lo troviamo”. A quel punto, i 5 stelle dovrebbero trattare. Non sono più quelli della primavera 2013, riflettono a Largo del Nazareno, hanno ancora tanti voti ma sono irrilevanti nelle istituzioni. Adesso starebbero al gioco, proprio com’è successo per l’elezione a giudice costituzionale di Silvana Sciarra.

Berlusconi dice ai suoi dirigenti che “Renzi non va da nessuna parte, ha bisogno di Forza Italia. Il problema è che punta a votare presto. Ma Grillo non è un alleato possibile per i democratici”. In effetti nessuno nel Pd crede a un’asse con i 5 stelle sulla legge elettorale, ma per il Quirinale il discorso cambia. “A maggior ragione, nel patto deve entrare anche l’elezione del capo dello Stato – avverte l’uomo di Arcore -. Se vo- gliono il nostro via libera sulle riforme dobbiamo decidere insieme anche il nome per il Colle”. L’intreccio è così fitto che a Renzi quasi non dispiacerebbe poter rompere (temporaneamente) l’accordo con Fi e contare solo sull’assetto di maggioranza. Più garantito, meno esposto alle difficoltà dell’opposizione berlusconiana. Anche perché il premier ha ricavato un’impressione dall’ultimo vertice con Berlusconi: troppo profondi i contrasti dentro Fi, loro stessi preferirebbero far iniziare il percorso dell’Italicum al Senato solo alla coalizione di governo per poi sedersi di nuovo al tavolo in un secondo momento.

Ma la minaccia del premier non è indolore per gli azzurri. La soglia di sbarramento portata al 3 per cento rende autonomi Fratelli d’Italia, il Nuovo centrodestra e apre la porta al pericolo mortale e definitivo per il partito dell’ex Cavaliere: un’altra scissione, manovrata stavolta da Raffaele Fitto che col 3 per cento può pensare a una sua forza garantendo anche la rielezione ai fedelissimi.

Comunque Renzi non aspetterà l’ufficio di presidenza di Forza Italia convocato tra martedì e mercoledì. Non darà più di 12 ore a Berlusconi per una riposta, per un segnale. Semmai prenderà la strada del “fare da soli”. Con tutti i rischi del caso. Finora infatti Berlusconi è servito anche ad arginare gli oppositori del Partito democratico. Se resta fuori il leader azzurro, i ribelli Pd torneranno alla carica. “Se si sfila Forza Italia – dice non a caso il bersaniano Alfredo D’Attorre – il Pd dovrebbe finalmente esprimere una sua proposta e lavorare su quella”.