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Elezioni regionali a sorpresa: Pd tiene e chiude a 5-2 ma cede la roccaforte Liguria a Berlusconi (eletto Toti). Cinque stelle primo partito in 3 regioni, Salvini vince in Veneto e si rafforza anche al Centro sud.

Elezioni regionali a sorpresa: Pd tiene e chiude a 5-2 ma cede la roccaforte Liguria a Berlusconi (eletto Toti). Cinque stelle primo partito in 3 regioni, Salvini vince in Veneto e si rafforza anche al Centro sud.

Le amministrative consegnano al sistema politico italiano una nuova morfologia. Salvini maggior azionista del centrodestra, i Cinque Stelle che ottengono un risultato mai sfiorato prima alle amministrative. E i democratici costretti a ragionare, per la prima volta dall’avvento della leadership di Matteo Renzi, su un risultato elettorale controverso.

“La vera alternativa a Renzi siamo noi”. È un Matteo Salvini trionfante quello che ringrazia i suoi elettori su Facebook e si compiace dei brillanti risultati ottenuti dalla Lega in queste elezioni regionali, specialmente in Liguria, dove a Pastorino, transfuga del Pd appoggiato da Sel e civatiani, viene attribuito l’effetto di aver spaccato l’elettorato del centrosinistra a spese della vincitrice delle primarie e candidata dem Raffaella Paita favorendo la vittoria del centrodestra con Giovanni Toti (34,4% dei voti). E ancora, le difficoltà in Umbria e Campania, dove il centrosinistra ha vinto sul filo di lana.

Salvini attacca ancora: “Spero che Renzi prenda atto che la sua politica, quella del suo governo, è stata bocciata: se non è questo qualche segnalino di allarme per il ‘messia’ Renzi. Sottovalutino pure la Lega e andiamo a vincere” alle prossime politiche. Quindi, ad Agorà su Raitre, chiarisce: “Queste consultazioni locali hanno un valore nazionale. Il centrodestra si può ricostruire ma con Alfano e con chi sta con Renzi non è possibile alcuna alleanza”. In ogni caso, “sono io il leader del centrodestra. Berlusconi sa leggere i numeri”. Affermazioni che provocano la risposta secca di Gaetano Quagliariello, coordinatore di Ncd: “Ap al 4%, Salvini non sa contare”. Ancora il segretario protagonista con un tweet dedicato a Vincenzo De Luca, vincitore delle regionali in Campania ma sotto la spada di damocle della legge Severino: “Buon lavoro”, il velenoso augurio del leader del Carroccio. I vertici del Pd fanno quadrato: per Debora Serracchiani, De Luca “farà il presidente”. Lorenzo Guerini: “Era candidabile, eleggibile e insediabile” e la legge “non parla di decadenza ma di sospensione”.

Per i vicesegretari del Pd Serracchiani e Guerini il partito ha retto: “Cinque regioni su due è un ottimo risultato – spiega la governatrice del Friuli Venezia Giulia in conferenza stampa -. Non è un esame su Matteo Renzi né sul governo. Siamo ancora più determinati a portare avanti le riforme fino al 2018″. Soddifazione e determinazione dunque ma anche rammarico, come sottolinea ancora Serracchiani: “Non sottovalutiamo il risultato della Liguria, che è figlio di una scelta irresponsabile della sinistra che oggi festeggia una vittoria della destra”. E’ un fatto che il caso Liguria rappresenti uno stop per il Pd renziano. Le divisioni interne sono state fatali: “Si impone una riflessione”, afferma Gianni Cuperlo, leader di SinistraDem. Preoccupano soprattutto ricadute del voto sulla forza propulsiva del governo. Il presidente dem Matteo Orfini annuncia per l’8 giugno la direzione del partito. “Quella sarà la sede in cui inizieremo un confronto” sul risultato delle elezioni, regionali, su cui Orfini afferma di trovare “curioso che il Movimento 5 Stelle festeggi un risultato che è pari a zero, visto che non governa nessuna regione”. Quanto alla destra, per Orfini, “festeggia una debacle”.

Lettura opposta da Mattinale di Forza Italia: “Renzi perde 7 a 0. Il cappotto è suo. Il suo Pd perde contro il centrodestra, vince solo il Pd degli altri. Partito della Nazione? Non è neanche il Partito di una Regione. Che farà ora? La sua sinistra presenta il conto in Parlamento”. Spiega poi Renato Brunetta: “Paita e Moretti asfaltate, De Luca se confermato non è certo candidato renziano, Emiliano neanche, anzi sarà antagonista di Renzi”. Il capogruppo di Fi alla Camera, poi racconta della preoccupazione di Berlusconi “per l’assenteismo, dicono i sondaggisti che gran parte dei voti che mancano all’appello sono moderati”. Il leader di Forza Italia sarebbe comunque “speranzoso”, perché quei voti mancanti “potrebbero andare a Forza Italia. Se riusciamo a rilanciare il nostro messaggio politico, meno tasse, possiamo riportare al voto il nostro elettorato moderato”. L’ottimismo è dettato anche da un’altra riflessione: “Il centrodestra se unito è vincente, dappertutto – dichiara Brunetta -. Renzi è finito, il renzismo è finito, la spinta propulsiva delle europee non c’è più. I dati aggregati parlano di un 22-23% per il Pd, e forse Renzi cambierà anche l’Italicum adesso perchè non vince più, non ha più il 40%. Anche l’attività di governo verrà ovviamente condizionata da questi risultati elettorali. E comincerà la notte dei lunghi coltelli all’interno del Pd”.

Ma nel centrodestra che “unito vince”, Forza Italia ora deve ragionare con un Salvini sempre più forte. E con Raffaele Fitto, che al centrodestra chiede di trasformarsi da “monarchia in repubblica” e si dice “molto d’accordo con Salvini”, che reclama la leadership delo schieramento, “sulle primarie del centrodestra. Io lo chiedo da un anno”. “Penso – aggiunge Fitto – che il centrodestra debba uscire da una logica bloccata nella quale decide una sola persona per tutti, ma si metta in discussione e si metta in campo uno strumento di partecipazione. Le primarie sono lo strumento giusto”.

Sull’altro fronte, le bordate al Pd arrivano anche da sinistra. Pippo Civati non perde l’occasione di sottolineare sul suo blog come in Liguria “Pastorino abbia dimostrato che lo spazio politico c’è per una proposta di vera sinistra di governo, senza fare pasticci, trasversalismi, trucchi”. Mentre Nichi Vendola parla di “colpo durissimo” per Renzi: “Quando il Pd fa politiche di destra non viene più compreso e determina smarrimento e fuga dal voto. E il fascino che derivava dalla presunta invincibilità del giovane premier esce profondamente sfregiato da questa competizione elettorale”. Anche il centrosinistra “unito vince”. Per questo, sottolinea il ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il voto in Liguria impone di “discutere su come si sta insieme”. Stefano Fassina a Sky Tg24: “Abbiamo perso in valore assoluto 600 mila voti rispetto alle Regionali del 2010 e oltre la metà dei voti rispetto al dato del 2014. Mi aspetterei nelle prossime ore un’analisi seria, la capacità di riconoscere l’errore e di non mettere la testa sotto la sabbia”. Sul voto ligure, Fassina liquida le “spiegazioni fantasiose e un po’ patetiche che i vertici del Pd stanno dando in queste ore: Pastorino è una conseguenza e non una causa, ha interpretato un pezzo di Pd che se n’è andato e che non avrebbe votato Paita, che ha vinto le primarie costruendo un’alleanza con un pezzo del centrodestra”.
“Non è un voto sul governo”. Il mantra che ha attraversato gli ultimi giorni della campagna elettorale si fa strada anche nella notte dei risultati. Ma il dato nazionale del partito, al 23%, lascia tracce. La stessa Alessandra Moretti parla di “errori” commessi, della necessità di avviare una riflessione nel partito. Guerini, vicesegretario dei democratici, prova a minimizzare: “Rispetto al passato, oggi, nelle regioni che sono andate al voto da quando è in campo la segreteria Renzi, avremmo 10 governatori di centrosinistra e solo due di centrodestra”. Ma le voci di un avvicendamento ai vertici del Pd si fanno strada, insistenti. Forse Luca Lotti nel ruolo di vicesegretario. Forse Maria Elena Boschi. Forte – come racconta il retroscena di Repubblica sul quotidiano – è l’ira del premier nei confronti della minoranza interna. “Purtroppo in Liguria si è verificato quello che temevo – dice ai suoi fedelissimi – la sinistra masochista è riuscita a far vincere gli avversari. Ma se quella regione doveva essere un laboratorio per la nuova “Cosa rossa”, l’esperimento è fallito: sulla protesta Grillo è più credibile di loro. E spaccando il Pd fanno rinascere Berlusconi”. Ai democratici arriva la critica a caldo di Sergio Cofferati: “Il Pd ha fatto tutto da solo”.

“Abbiamo vinto perché il Pd ha governato male”, le prime parole del neogovernatore forzista Giovanni Toti. Amaro il commento di Raffaela Paita, Pd: “Abbiamo perso per colpa della sinistra”. La replica di Luca Pastorino arriva a stretto giro: “La Paita non si smentisce mai: il Pd a livello nazionale è al 22%. Si facciano degli esami di coscienza”.

L’astensione. “Il leader della Lega inizia commenta anche il dato relativo all’astensione, un calo generalizzato del 10% rispetto alle regionali del 2010: “Chiunque vinca, con un dato di affluenza al voto così, con metà della gente che è rimasta a casa, deve pensare che anche lui deve migliorare qualcosa”. La percentuale di astenuti è “preoccupante” per Nicola Fratoianni, coordinatore di Sinistra e Libertà. E Renato Brunetta riporta anche il commento di Silvio Berlusconi: “È molto preoccupato per i numeri sull’affluenza”.

La Campania ritrovata e la paura per l’Umbria. “Non possiamo non festeggiare il dato della Campania che è passata al Pd. Ora abbiamo tutte le regioni del sud sotto la guida del centrosinistra. Un dato di radicale innovazione”. Così Matteo Orfini, presidente del Pd in conferenza stampa a largo del Nazareno. Poi sull’Umbria: “Che potesse essere una partita così difficile non ce lo aspettavamo. Sapevamo di venire da una tornata elettorale non positiva che ci aveva fatto perdere il comune di Perugia”. Poi la situazione si chiarisce con il passare delle ore. E Catiusca Marini ricorda che “lo scarto con il centrodestra, pur limitato, era previsto: in Umbria si sono presentati uniti. Ma la nostra proposta è stata percepita dai cittadini come la migliore”.

Laboratorio Puglia. Nella regione governata fino a pochi mesi fa da Nichi Vendola le preoccupazioni del centrosinistra erano poche. E Michele Emiliano, neo governatore della regione, apre al MoVimento Cinque Stelle: “A loro l’assessorato all’ambiente”. E aggiunge: “Siamo certi che la politica italiana, lo dico dalle ultime elezioni politiche, possa prendere un indirizzo diverso se il Pd e il M5S si rendessero conto fino in fondo del potenziale di cambiamento che in essi è contenuto”. Ma dall’esponente grillina è subito arrivato un rifiuto.

Orgoglio leghista. Il risultato in Veneto è solo la punta dell’iceberg. Zaia supera il 50% e surclassa l’ex compagno di partito Flavio Tosi. La Lega di Salvini incassa uno dei suoi migliori risultati di sempre: la media è vicina al 13%. “C’è di che essere felici e orgogliosi. E ovviamente è una responsabilità in più, abbiamo preso tanti voti in zone fino a ieri non generose con la Lega”. E nonostante la sconfitta, Alessandra Moretti, Pd, annuncia che il suo “impegno per i veneti non si fermerà”.