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Roma, Marino alla fine cede alle pressioni e si dimette ma non rinuncia all’ultima sfida: “Ho 20 giorni per ripensarci”

Roma, Marino alla fine cede alle pressioni e si dimette ma non rinuncia all’ultima sfida: “Ho 20 giorni per ripensarci”

Alla fine ha dovuto cedere al pressing. Si è dimesso il sindaco di Roma Ignazio Marino. Dopo una lunghissima giornata di incontri e trattative, in serata il primo cittadino della capitale ha deciso di lasciare l’incarico. Una mossa attesa sin dalla mattinata il cui annuncio ufficiale è arrivato però solo alle 19.30. In piazza del Campidoglio alla notizia è esploso il coro “Tutti a casa”.

“In questi due anni ho impostato cambiamenti epocali, ho cambiato un sistema di governo basato sull’acquiescenza alle lobbies, ai poteri anche criminali. Non sapevo – nessuno sapeva – quanto fosse grave la situazione, quanto a fondo fosse arrivata la commistione politico-mafiosa. Questa è la sfida vinta” ha scritto in una lettera aperta ai romani il sindaco. “Tutto il mio impegno ha suscitato una furiosa reazione – ha aggiunto – Sin dall’inizio c’è stato un lavorio rumoroso nel tentativo di sovvertire il voto democratico dei romani. Questo ha avuto spettatori poco attenti anche tra chi questa esperienza avrebbe dovuto sostenerla. Oggi quest’aggressione arriva al suo culmine. Le condizioni politiche oggi mi appaiono assottigliate se non assenti. Per questo ho compiuto la mia scelta: presento le mie dimissioni”.

Un addio su cui però Marino sembra voler lasciare uno spiraglio: “Le dimissioni possono per legge essere ritirate entro venti giorni. Non è un’astuzia la mia: è la ricerca di una verifica seria, se è ancora possibile ricostruire queste condizioni politiche”.

LA LETTERA DI DIMISSIONI

In Campidoglio è stata una lunghissima giornata, con l’ormai ex sindaco chiuso per ore a Palazzo Senatorio e deciso a resistere fino all’ultimo. I primi a dare l’addio sono stati il vicesindaco Marco Causi e gli assessori Stefano Esposito e Luigina Di Liegro: “Non sussistono più le condizioni per andare avanti”, avevano detto i tre esponenti dell’esecutivo, ultime new entry dopo il rimpasto di luglio. E altri assessori erano pronti all’addio: solo le titolari al Patrimonio e all’Ambiente, Alessandra Cattoi e Estella Marino, sono rimaste con il sindaco.

E’ arrivata dunque la fine dell’era Marino. Già nel pomeriggio alcune fonti Pd in Campidoglio commentavano: “E’ finita. Si va a casa”. Ma in Campidoglio si è vissuta a lungo una situazione di stallo. La giunta è stata sospesa, gli assessori e i consiglieri dem hanno lasciato Palazzo Senatorio per incontrare il commissario Pd Roma Matteo Orfini al Nazareno. Da lì Causi e l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella sono poi rientrati in Campidoglio per riportare a Marino le valutazioni fatte in sede nazionale: fare un passo indietro. Un incontro che ha dato il via libera alle dimissioni.

In mattinata erano circolate infatti voci, poi smentite, sulla possibilità che gli assessori del Pd si dimettessero in blocco durante la giunta capitolina, convocata alle 12 e slittata alle 13. Gli assessori del Pd “non si sono dimessi, aspettiamo che il sindaco faccia la sua valutazione poi faremo la nostra”, ha chiarito l’assessore capitolino ai Trasporti Stefano Esposito sul caso Marino a SkyTg24.

“Io sono preoccupato per la città come lo ero ieri. Il tema politico di cui si sta discutendo è serio. Non vedo grandi possibilità per andare avanti”, ha detto Esposito che ha definito “inevitabile” la fine dell’amministrazione. “Si è manifestato un quadro che non ci consente di andare avanti con la necessaria autorevolezza e forza. Non possiamo passare il nostro tempo – ha detto – a discutere di scontrini”.

“Sulle possibili dimissioni del Sindaco Marino posso solo dirvi che deciderà ciò che é meglio per lui e per la città. Appena ci sarà qualche decisione da parte sua ne prenderemo atto”, ha detto l’assessore alla Legalità del Comune di Roma, Alfonso Sabella.

A quanto apprende l’Adnkronos il presidente del Partito democratico e commissario del Pd di Roma, Matteo Orfini, ha incontrato il primo cittadino facendo pressioni per le sue dimissioni.