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Futuro incerto per il M5S, la morte di Casaleggio apre incognite sulla tenuta del Movimento. Occhi puntati sul direttorio grillino Di Maio,Di Battista e Fico

Futuro incerto per il M5S, la morte di Casaleggio apre incognite sulla tenuta del Movimento. Occhi puntati sul direttorio grillino Di Maio,Di Battista e Fico

Ore drammatiche per il M5S che ha perso la sua guida, o meglio il guru, ideologo e cofondatore del Movimento, Gianroberto Casaleggio. Dopo il passo di lato di Beppe Grillo (impegnato tra l’altro in questi mesi in un tour teatrale) gli occhi sono ora puntati sul direttorio grillino voluto dai due cofondatori del Movimento: in particolare sulle ‘tre punte’ Luigi Di Maio, Alessandro Di Battista e Roberto Fico.

Il timore diffuso è che i malumori legati alla nascita di quel direttorio calato dall’alto – e per alcuni ‘reo’ di aver fatto venir meno la regola aurea dell”uno vale uno’ – possano riemergere con più forza travolgendo la creatura di Grillo e Casaleggio. Prima, si ragiona nel Movimento, a tenere le redini dei 5 Stelle nei momenti di tensione c’era Casaleggio, accusato dalle altre forze politiche di decidere e ‘telecomandare’ i suoi, accuse rispedite puntualmente al mittente dai 5 Stelle.

Di fatto, però, dei due cofondatori del Movimento, Casaleggio era senza alcun dubbio quello più presente, in contatto continuo, h24, con Roma e i suoi. E quando c’erano decisioni difficili e divisive, quella del guru era l’ultima parola, quella decisiva, vedi la libertà di coscienza sulle unioni civili, il ‘caso Loquenzi’ o il voto online, deciso all’ultimo momento per volontà di Casaleggio, sull’abolizione del reato di immigrazione clandestina.

In sintesi, la parola di Casaleggio ha sempre avuto un ‘peso specifico’ altissimo per i parlamentari 5 Stelle. Diversi dei quali sono pronti, invece, a puntare il dito contro il direttorio di “ragazzini” voluto dai due cofondatori del Movimento. Che, nel novembre 2014, nominarono Di Maio e gli altri incorrendo in un ‘incidente diplomatico’: lasciare fuori i senatori dalla ‘partita’, generando parecchi malumori nel gruppo di Palazzo Madama.

Di fatto, però, Grillo e Casaleggio non hanno mai ‘allargato’ quel direttorio rimediando alla presunta leggerezza commessa. E oggi ci si chiede quanto il direttorio sia legittimato nelle sue scelte nel momento in cui sembra non aver più le ‘spalle coperte’. C’è chi, al Senato, suggerisce le necessità di “maggiori passaggi assembleari, per evitare divisioni. E anche al voto online – osserva un parlamentare – dovrà essere usato maggiormente, lasciando decidere la Rete dato che, dei due garanti, uno è venuto meno e l’altro ha fatto un passo di lato”.

Altra questione sul tavolo, la figura di Davide Casaleggio, il figlio di Gianroberto da molti visti come il ‘delfino’ destinato ad assumere un ruolo di peso nel Movimento. Non è un mistero che, nei Palazzi romani, alcuni 5 Stelle lo abbiano in passato ribattezzato ‘Pier Davide’, con un riferimento diretto a un’altra dinastia, quella di Silvio Berlusconi.

A Davide, schivo e riservato come il papà, senza alcun dubbio spetterà il timone della Casaleggio associati, di cui diventerà socio maggioritario. Ma, viene riferito da fonti autorevoli, il figlio di Casaleggio non ha velleità di tipo politico. In sintesi, non ha alcuna ambizione di diventare il nuovo leader del M5S. Suo padre lo sapeva e ne rispettava scelte e carattere: non è un caso che un mese fa abbia convocato il direttorio al gran completo informandolo sulle proprie condizioni di salute che volgevano al peggio, lasciando poco spazio alla speranza.

Con loro, ma anche con Grillo e con il figlio Davide nonché con alcuni fedelissimi della comunicazione, Casaleggio ha definito la ‘tabella di marcia’ dei prossimi 10 mesi, a suo dire decisivi per il futuro del Movimento. Ma il timore, più che fondato, è che nei mesi a venire i maldipancia interni possano esplodere prendendo il sopravvento.

Occhi puntati, dunque, non solo sul direttorio ma anche su Grillo, che resta l’unico garante. Il suo, oggi più che ieri, a detta di alcuni fedelissimi resta un ruolo decisivo “per la sopravvivenza stessa del Movimento” e per tenerlo lontano da rischi di ‘balcanizzazione’.