Bot e Btp, lascia o raddoppia: cosa fare ora con i titoli di stato

Preoccupa il drammatico aumento dello “spread“, cioè la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi. In parole povere, lo Stato italiano si indebita emettendo titoli, ma per avere un numero sufficiente di persone disposte ad acquistarli, deve promettere rendimenti sempre più alti. Anche perché la nostra credibilità, a livello internazionale, è sempre più bassa. Ma più i rendimenti crescono, maggiori sono gli interessi che l’Italia deve pagare, rendendo il debito ancora più alto. Il rischio finale è quello di essere costretti a fare, come la Grecia, una “dichiarazione d’insolvenza”, cioè dichiarare pubblicamente di non essere in grado di pagare le “cedole” in scadenza (le cedole sono gli interessi maturati che vengono periodicamente versati ai risparmiatori). Se si verificasse ciò, ci sarebbe un ondata di vendite dei nostri titoli di stato, provocando il collasso della finanza pubblica. I risparmiatori dovrebbero affrontare misure come, ad esempio, quella dei titoli greci, il cui valore nominale è stato tagliato del 50 per cento.
Cosa fare, dunque, coi titoli di stato che si possiedono? Sono possibili due alternative: tenere Bot e Btp fino alla loro naturale scadenza, senza farsi prendere dal panico, comporta il rischio del mancato rimborso finale del titolo o delle cedole dovute; quella che solo fino a pochi mesi fa sembrava un’ipotesi impossibile, oggi è ritenuta magari non proprio probabile, ma senz’altro possibile; vendere i titoli prima della scadenza significa riprendere meno di quanto si è investito, un’eventualità a cui il risparmiatore che investe in titoli di Stato non è certo abituato; per fare un esempio, vendendo oggi un Btp a dieci anni acquistato lo scorso febbraio, si perde circa il 10 per cento, anche se la perdita diminuisce col diminuire della durata del titolo.
Ma c’è anche una “terza via”: comprarne ancora, di titoli di Stato, perché i loro rendimenti attuali sono veramente interessanti. In questo caso, se non si ha proprio lo spirito da giocatore di poker, la regola d’oro è differenziare, dirigendo gli investimenti anche in altre direzioni e non puntare solo sui titoli italiani.