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Schettino tradito da una intercettazione: La nave si inclinava ho preso e sono sceso

Quando ho capito che la nave si stava inclinando ho preso e sono sceso”. È l’ammissione fatta da Francesco Schettino in un’intercettazione avvenuta nella caserma dei carabinieri di Orbetello il 14 gennaio scorso, mentre era al telefono con un amico.
Il comandante della Costa Concordia si sfoga per un’ora, dalle 17.04 e alle 18.04 con l’amico Fabrizio. E tira in ballo le responsabilità della Costa Crociere. “Fabri, per dar retta al manager, passa da lì, passa da lì. Ma qualcun altro al posto mio non sarebbe stato così benevolo a passare lì sotto, perché mi hanno rotto il c…, passa di là, passa di là”. E aggiunge: “Tutti i venerdì passavamo a cena, adesso perché hanno rotto il c…, salutiamo a Palombo, salutiamo o vento, ed ecco qua adesso ho pagato tutto quello che si sa”. Insomma, Schettino sembra dire che la compagnia lo ha spinto a fare l’inchino all’isola e ora le conseguenze le paga lui.
Quindi spiega la dinamica dell’incidente:”La secca c’era, ma non era segnalata dagli strumenti che avevo e ci sono passato”. “Non lo so, non lo so, non lo so. Io so che ho la coscienza… ho fatto tra virgolette non so se definirla un’imprudenza, ma comunque nei limiti della mia consapevolezza”. ”Eravamo passati a 0,28 e lo scoglio lo abbiamo preso lateralmente. No io so solo che alla fine forse mi sono reso conto ed ho cercato di evitare conseguenze più grandi di quelle che era successo, poi alla fine non ce l’ho fatta a liberarmi, cioè, va bene… Fabri in quel momento non vorresti togliere la spina lì è normale… no, perché non ci voglio andare più sulla nave, perché so io che non voglio più, cambio vita, perché non la vedo tanto bene…”.
“Lo squarcio è stato immenso – racconta ancora il capitano al telefono – ci stava uno spuntone di roccia, poi tutto quello che è successo da quel momento l’ho fatto nel massimo della mia professionalità e questo potrebbe alleviare o quanto meno dare l’illusione di stare in pace con la coscienza”. Insomma Schettino non si sente un vigliacco: “Quello che a me mi fa onore è che abbiamo salvato tutti quanti, tranne questi qua che se non l’avessi fatto… io ho visto che sono stato in giro a prendere la gente a mare e sono sereno così…”.
Nell’interrogatorio di garanzia davanti ai pm di Grosseto, Schettino aveva infatti affermato che il comandante De Falco della capitaneria di porto di Livorno aveva ”frainteso” le sue parole. ”Quello che io gradisco dire – afferma Schettino davanti ai pm – è che il comandante della sala operativa (De Falco, ndr) credo che abbia frainteso, abbia capito che non ci volevo andare, io ho detto: ‘guarda, non ho i mezzi per andarci’, se lui mi incoraggiava, diceva: ‘comandante abbiamo l’elicottero qua, la facciamo portare a bordo’, io gli ho detto: ‘ma come ci vado a nuoto?’, lui poteva… cioè c’è stata una preclusione a prescindere come se io veramente non ci fossi voluto andare”.
Nella ricostruzione del capitano che si legge nei verbali di interrogatorio Schettino dice che lui supplicò due uomini a bordo di un motoscafo di soccorso di riportarlo sulla nave. Il comandante – che davanti ai giudici ha affermato di essere caduto in una scialuppa quando la nave si è inclinata – era su uno scoglio e a testimonianza del fatto che non voleva abbandonare la nave, ha ricordato che non indossava il giubbotto di salvataggio.
Insomma cercò in tutti i modi di ”non allontanarsi dalla costa, perché nella peggiore delle ipotesi non andavamo dall’altro lato dove c’era una profondità di centinaia di metri, anziché decine di metri”. Nell’interrogatorio di garanzia, secondo quanto si legge nei verbali, Schettino conferma che fu lui a fare la manovra di avvicinamento a riva per evitare che la nave colasse a picco in mare aperto. ”In questo frangente – spiega – con un occhio controllavo che la nave bene o male scarrocciasse nella direzione giusta, quindi ho dato prima tutta a dritta poi a sinistra per rimettere in rotta. La nave è iniziata a venire a sinistra, verso gli scogli, il vento era da grecale”, e ”usando il timone, perché è l’unico mezzo che uno ha, perché se non lo avessi fatto andava troppo avanti nel porticciolo”, dice ancora Schettino al quale anche il maitre d’hotel di bordo chiese l’inchino all’isola, ovvero un passaggio ravvicinato alle coste.
Comunque per Schettino gli ufficiali che erano con lui in plancia di comando dovevano segnalare lo scoglio e mettere i punti sulla carta di navigazione. Al pm Pizza che gli chiede cosa avrebbe dovuto fare il primo ufficiale in servizio, Ciro Ambrosio, risponde: doveva dire “comandante guardi che ci sta lo scoglio lì, non l’abbiamo visto” oppure “siamo troppo a terra”, oppure “veniamo più a dritta”, oppure “rispetto agli 0,28 siamo a 0,2″ cioè “doveva – spiega Schettino – perché questo è il brig time”, si legge nei verbali di interrogatorio. E quando il pm gli chiede cosa avrebbe dovuto fare l’ufficiale Silvia Coronica, risponde: “La Coronica doveva mettere i punti sulla carta della nave e il primo ufficiale deve seguire la navigazione da me impostata”.
Schettino afferma anche che dette l’ordine di abbandonare la nave quando gli venne riportato che sei motori della nave erano allagati. ”Quando ci siamo resi conto, quando mi sono reso conto -afferma- che la nave stava imbarcando acqua, dopo che me lo aveva riportato il direttore di macchine che c’erano non solo i motori elettrici di propulsioni allagati… L’1, il 2, il 3 e poi il 4, il 5 e il 6”, ”io ho detto semplicemente: ‘emergenza generale e abbandono nave”’. Schettino ha ribadito che le operazioni di abbandono ed evacuazione ”sono avvenute dopo che io ho avuto le informazioni che la nave non avesse più ossequiato la caratteristica nautica, che è la galleggiabilità. Perché non è che io posso avere un black out e dico subito ‘andiamocene tutti!’. Dove li mando questi qua?! Devo avere la certezza e basare la mia decisione su un fatto e su una convinzione che la nave ha delle circostanze tali, che non metto a rischio la vita di 4mila persone se non è il caso di dare il segnale di abbandono nave!”.
Dal canto suo Fabiola Russo, moglie del comandante della Costa Concordia , a Oggi dice: “Mio marito non è un mostro”. “Questa è una gogna, una caccia al colpevole. Mio marito è stato trasformato in un caso mediatico mondiale, senza precedenti. Lui ama le navi, le conosce a fondo, non ha mai smesso di studiarle, di volerne conoscere limiti e comportamenti. Non si è mai limitato a timonarle. Per questo per i suoi equipaggi è sempre stato un punto di riferimento, un maestro. E’ deciso, fermo e lucido, analizza le situazioni, le comprende e le sa gestire”, prosegue.
Sull’atteggiamento del marito, giudicato eccessivamente spavaldo, Fabiola Russo dice: “Francesco a volte sembra spavaldo perché è una spanna sopra all’interlocutore, che spesso mette a tacere. Sa il fatto suo, ma anche a chi sa il fatto suo può capitare di sbagliare, se ha sbagliato”. E su questi giorni in cui il marito è agli arresti domiciliari in casa loro a Meta di Sorrento: “Prego, anche per le vittime perché noi sappiamo bene cosa sia il dolore. Anche mio marito prega: la fede è una delle cose che abbiamo in comune. Abbiamo anche pregato insieme, in questi giorni”.
La donna attacca la stampa anche per lo scarso riguardo riservato a sua figlia, 17 anni: “Nei suoi confronti nessuno si è fatto scrupoli. Nessuno, prima dare giudizi, ha pensato che lei avrebbe avuto accesso a televisione, giornali, social network. E’ un’adolescente. Alla sua età anche quando va tutto bene ci sono mille difficoltà, impossibile aspettarsi da lei la forza per sopportare tutto questo”.