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Monti sul posto fisso: Sono stato equivocato, noi vogliamo creare lavoro per i giovani

Il posto fisso monotono? Mario Monti intervistato da Repubblica tv frena e chiarisce la sua uscita dell’altra sera a Matrix: “Una frase come quella, presa fuori dal contesto, si può prestare ad un equivoco”, in realtà, ammette il capo del governo, “se per posto fisso intendiamo un posto di lavoro che ha una sua stabilità e che ha tutele, è ovvio che è un valore positivo. La mia frase diceva che i giovani devono abituarsi all’idea che non avranno un posto fisso per tutta la vita. Non avranno normalmente un lavoro stabile presso un unico datore di lavoro, di solito in una stessa sede per tutta la vita, come accadeva in passato. Dovranno abituarsi a cambiare spesso luogo e tipo di lavoro e anche Paese. Questo non è da guardare con spavento come cosa negativa”.
Comunque “creare lavoro per i giovani è l’obiettivo centrale di questo governo”, assicura Monti. Se l’obiettivo verrà centrato, “se ci riusciremo questo non significa affatto che i giovani che trovano lavoro, possano avere quel lavoro per tutta la loro esistenza. Se in una società esistono tutele, il cambiamento può essere positivo”.
Mentre “gli italiani in genere, e anche i giovani, hanno troppa diffidenza verso la mobilità e per il cambiamento. E’ uno dei problemi del Paese”, sostiene Monti sottolineando che “la sfida per il cambiamento del lavoro nella vita è una cosa positiva”.
Sul fatto che le banche per erogare mutui o prestiti chiedono come garanzia il posto fisso, il presidente del Consiglio replica chiedendo una maggiore flessibilità anche agli istituti di credito. “Più un sistema bancario si modernizza, più è capace di valutare il potenziale di reddito di un’azienda, una famiglia, un individuo più che guardare all’immobile a garanzia o al contratto di lavoro che dia continuità”. “Per il singolo lavoratore – sostiene il capo del governo – se dimostra di aver avuto una serie di lavori e avendoli cambiati ha una prospettiva di mobilità, una capacità di reddito e di poter avere lavori, per avere prestiti allora non occorre più che il lavoro sia sempre presso quella azienda”.
Quanto all’articolo 18, ovvero a quella norma dello statuto dei lavoratori che impone alle aziende con più di quattordici dipendenti di motivare i licenziamenti con una giusta causa, Monti torna a criticarne la simbologia: “Il si tocca o non si tocca l’articolo 18 sembrava la contrapposizione tra Orazi e Curiazi. Il nostro scopo è quello di passare dai simboli e i miti alla realtà pratica e pragmatica”.
Tornando al rapporto tra esecutivo e istituti di credito il professore nega che “questo governo non sia duro verso le banche”. “Il mondo bancario, ed anche quello assicurativo, è stato molto disturbato” dal lavoro dell’esecutivo e ricorda che a dicembre, ad esempio, è stata introdotta una norma “che impedisce a membri di Cda di banche di sedere anche in Cda di altre banche. Così abbiamo dato una scossa alla concorrenza”.
Quindi, aggiunge, “essendo ministro dell’Economia oltre che presidente del Consiglio, mi farebbe piacere se le banche italiane comprassero più bot”. Troppo pochi sono infatti quelli acquistati “rispetto alle somme avute in prestito dalla Bce”. L’acquisto di bot “fa sì che lo Stato possa finanziare a tassi d’interesse più bassi e che si sia bisogno di meno tasse per pagare gli interessi sul debito lasciando a tutti gli italiani un po’ di soldini in tasca”.
Guardando poi allo spreed Monti afferma che “è diventato il principale termometro di valutazione della qualità dei governi in modo eccessivo”. Per il premier “si è esagerato a usare lo spread come arma contundente contro il mio predecessore, Silvio Berlusconi, e si esagera a usarlo, quando scende, come indice di buona condotta del mio governo”.
Tuttavia si dice soddisfatto “che lo spread sia di 200 punti più basso, ma non ci basta”. Per il premier il differenziale con i titoli tedeschi deve scendere soprattutto per quelli a lungo termine: “Io sono più fiducioso del mercato, confido molto che finito questo governo, che come sapremo sarà al più tardi nella primavera del 2013, saranno cambiate abbastanza cose in Italia, ci sarà un sistema politico che quando tornerà in prima persona al potere sarà più civile, disteso, pacato e più capace di prendere decisioni nell’interesse generale del Paese”.