Il difficile mestiere di “mostro”

Si avvicina la festa del papà, seguita a poche lunghezze da quella della mamma. Gli alunni si esercitano in lavoretti e poesie dal contenuto commovente, che descrivono genitori eroici e puri, forti e amorevoli.
Finalmente un po’ di riconoscimento. Che piacere – confessatelo – identificarsi con quell’essere mitologico che popola le poesie della festa del papà e della mamma.
Ma un attimo dopo – confessate anche questa – lungo la schiena corre un brivido d’inadeguatezza: il prezzo da pagare per l’innalzamento nell’Olimpo Dei Genitori.
In questi giorni, oltre ai genitori e alle loro insicurezze, il mio pensiero – per deformazione professionale – va a tutti quei bambini per i quali la festa della mamma e del papà rappresenta un gomitolo emotivo da dipanare più che una poesia da imparare, e non sono pochi. Le classi delle nostre scuole non sono popolate esclusivamente dai figli del Mulino Bianco, ci sono anche bambini orfani di uno o di entrambi i genitori, altri che è stato necessario allontanare dalle loro famiglie, altri – di cui non si è accorto ancora nessuna istituzione – vittime di violenze o abusi. I più fortunati di questa minoranza che problematizza i festeggiamenti sono i modernissimi con due mamme o due papà, a cui comunque bisognerà dare qualche spiegazione.
L’essere madre e padre “da poesia” (come dire “da formula 1″) sembra essere qualcosa di spontaneo e naturale. Si nasconde invece la fatica quotidiana che comporta il tentativo di incarnare valori e imparare a vivere l’amore e la cura in famiglia. I supereroi ci gasano, i valori invece tendiamo a sminuirli, a relativizzarli, e alla fine risultano sempre un po’ scomodi. Però Superman è uno, e per giunta immaginario, ai valori invece tutti possono tendere (genitori naturali, affidatari, parenti, doppie mamme, mono-genitori, ecc.) in uno sforzo continuo che contempla cadute, errori, riconciliazioni e creatività.
Come tutti i genitori, anche gli esseri mitologici delle poesie hanno dei figli, il bambino delle pubblicità, e suo fratello, l’utopico bambino delle signore anziane al supermercato che borbottano infastidite delle intemperanze dei vostri.
E dunque vi ritrovate con due problemi: voi non siete come dovreste essere, e nemmeno vostro figlio è come ve lo aspettavate. È molto più insopportabile, faticoso, complicato, ingrato, di come “dovrebbe”, in alcuni momenti è un tesoro, ma in altri è terribile.
Per esempio quando bisogna andare a dormire fa mille storie e s’inventa di tutto per perdere tempo. Siete sfiniti dopo una giornata di lavoro e iniziate a sbuffare, a lagnarvi e anche voi diventate incoerenti e rancorosi, e quella mezz’ora – magari l’unica a vostra disposizione della giornata – diventa un braccio di ferro tra voi che, dissimulando educatività, di fatto difendete la vostra stanchezza, e il “mostro” che lotta per ottenere la vostra compagnia.
“A letto, piccolo mostro!” racconta con ironia la lotta serale di tanti genitori che mettono a dormire bambini un po’ capricciosi.
Ma, con un geniale salto di prospettiva finale, racconta anche la storia di tanti bambini normali alle prese con la “mostruosità” di genitori altrettanto normali, ma forse un po’ confusi dalla stanchezza, dalle pubblicità o dalla signora del supermercato dal non riuscire a godersi abbastanza il figlio che gli è capitato in sorte, squame comprese.
Un bello spunto per abbandonare i confronti fallimentari con i miti, e recuperare, invece, con coraggio e tenacia, l’intuizione profondamente sapiente di Fromm (e molti altri) che ad amare (anche i figli) si impara.
Buona festa dei mostri.

“A letto, piccolo mostro!”
Testo e illustrazioni di Mario Ramos
Traduzione di Federica Rocca
Edizioni Babalibri
http://www.babalibri.it/dettaglio.asp?id=97&col=6