Spillare soldi a Berlusconi? Basta una fiche e rien ne va plus!

Volete spillare un po’ di soldi a Berlusconi? Niente di più semplice, cliccate Glaming.it e scegliete il tavolo on line che preferite. Potete giocare alla roulette, a black Jack o a baccarat. Acquistate con la carta di credito le fiche e rien ne va plus, fate il vostro gioco. Se vincete, la missione è compiuta, oltre ad avere guadagnato qualcosa, avrete anche la soddisfazione di aver battuto il Cavaliere, che tiene il banco. Glaming società a responsabilità limitata, infatti, è una società controllata da Mondadori: i tempi passano e non c’è da stupirsi. Editare libri e pubblicare periodici non basta più, anzi la formula ideale sarebbe riuscire a far giocare e scommettere i proprio lettori. A Segrate hanno capito che bisogna seguire il flusso del denaro se si vuole reggere il mercato. E nel mondo dell’Azzardo di soldi ne girano tanti, ma proprio tanti.
Il settore dei giochi nel 2011 in Italia ha registrato una raccolta di 76,6 miliardi di euro (+25,7 per cento sul 2010), un exploit che non eguali nel Paese. Dei 76,6 miliardi di euro 58,9 sono tornati sotto forma di vincita ai giocatori (ovvero il 77 per cento della raccolta, nel 2010 era il 72,1 per cento) mentre 8,7 sono finiti direttamente nelle casse dello stato. Per l’online, il segmento scelto dalla Mondadori, poi, è esplosa una vera passione. Secondo i dati forniti dell’Osservatorio Gioco on Line del Politecnico di Milano, il gioco via internet è la terza voce di spesa dell’intrattenimento in Italia. La spesa per il gaming on line è stata nel 2011 di 735 milioni di euro (+7 per cento rispetto al 2010), una cifra di poco inferiore a quella fatta registrare ai botteghini cinematografici nello stesso periodo (748 milioni, ma con un preoccupante -10 per cento rispetto al 2010). Quella dei Giochi è, insomma, numeri alla mano, la terza industria del Paese e le aziende del settore hanno registrato ricavi lordi pari al 10,9 per cento della raccolta. Evidente che tutti ci abbiano fatto un pensierino.
La grande occasione l’ha offerta l’Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato, con un bando pensato per allargare ancora di più il mercato delle puntate, disegnato apposta per attirare soggetti nuovi nel grande contenitore dell’Azzardo. «Possono partecipare –recitava il bando- soggetti che operano in settori diversi dal gioco purché in possesso, anche tramite società controllanti o controllate o collegate, di capacità tecnico-infrastrutturale indicata nelle regole amministrative delle procedure di selezione». Fra i requisiti anche avere la sede in “uno dei Paesi dello spazio economico europeo e un fatturato non inferiore a 1,5 milioni di euro”. Insomma venite nel settore dei giochi, anche se non c’entrate niente: la porta è aperta. Intendiamoci però, non hanno regalato niente a nessuno. L’investimento per partecipare alla torta dell’Azzardo, non è stato roba da poco: una media di cinque-seicento milioni di euro. La sola licenza è costata 350 mila euro per una durata di nove anni, poi bisognava mettere in piedi una piattaforma per la raccolta delle scommesse, per un sistema mediamente sofisticato servono software che costano tra i 200 ed i 500 mila euro.
Mondadori non è stata l’unica a scoprire il settore del gioco. Anche le Poste italiane, nell’ambito della forsennata ricerca di ampliamento dell’offerta (raccomandate e pacchi postali stanno da tempo troppo stretti) si sono lanciate nell’industria del gioco con Poste Mobili. Ma in questo caso, a dire il vero, non tutto è filato liscio.
Da un bel po’ l’Antitrust sostiene che il mercato dei servizi postali necessiti di interventi forti sul fronte delle liberalizzazioni. In particolare si chiedeva lo scorporo di Bancoposta, che svolgerebbe ormai attività preminentemente bancaria, una riduzione del servizio universale (posta, raccomandate, spedizione) con una più precisa delimitazione ai servizi ritenuti essenziali, e la regolazione delle agevolazioni postali concesse dallo Stato per l’editoria e il settore no profit, che attualmente vengono garantite solo per chi utilizza Poste italiane e non altri operatori. Non avendo queste richieste trovato alcuna risposta nella riforma-liberalizzazioni emanata dal Governo, l’Antitrust ha deciso di andare avanti da sola: e così ha aperto un’indagine su Poste italiane per abuso di posizione dominante, puntando soprattutto su alcune particolarità del regime di esenzione dall’Iva.
Un momento delicato, insomma, per Poste italiane. Tutti questi riflettori puntati sulle attività dell’azienda hanno presumibilmente indotto l’amministratore delegato del gruppo, Massimo Sarmi, a congelare l’ingresso nel mercato dei tavoli verdi on line, se non proprio rinunciarvi. Nulla di ufficiale, ma si sussurra che Poste Mobili, viste anche tutte le polemiche scatenate, abbia deciso di mettere in vendita la sua licenza. Si vedrà.
Chi sta alla finestra e aspetta un perfezionamento di software specifici, sono Tim e Vodafone che puntano sia al poker online sia agli skill games. La nuova frontiera è ormai quella di poter giocare a poker, ovunque uno si trovi, grazie al proprio smartphone… Come si dice: dove c’è gusto non c’è perdenza…