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Il pasticciaccio di Montecitorio, tagli sì ma tra dieci anni. Da Pivetti a Casini miseria e nobiltà

Il pasticciaccio di Montecitorio, tagli sì ma tra dieci anni. Da Pivetti a Casini miseria e nobiltà

(di Gianpaolo Santoro) Qualcuno l’ha definito un taglio morbido, qualcun’altro ad personam qualche altro ancora a futura memoria. Di certo l’Ufficio di Presidenza di Montecitorio chiamato a decidere sui benefit concessi a vita agli ex presidenti della Camera (lussuosi uffici, nei casi di Violante e Casini pure dotati di terrazza, quattro persone di segreteria, uso dell’auto blu per chi non ha la scorta, un forfait telefonico di 150 euro al mese e un carnet di viaggi a disposizione) ha combinato davvero un brutto pasticcio.

Il Paese è ferito a morte da tasse e tagli, sessanta imprenditori si sono suicidati perché soffocati dalle cartelle esattorialidi Equitalia, il braccio armato di dell’Agenzia delle entrate. Un clima di lacrime e sangue ed uncrescente sentimento di antipolitica e di insofferenza nei confronti della “casta” e dei suoi privilegi, imponevano una reazione, uno scatto di dignità: ed è così che prima il Senato e poi la Camera hanno deciso di voltare pagina e di dichiarare guerra agli sprechi. Ma visto come sono andate le cose, forse facevano meglio a lasciare tutto come stava.

L’Ufficio di Presidenza della Camera ha approvato una normativa che prevede che i benefici per gli ex Presidenti della Camera non saranno più a vita, come avvenuto fino ad oggi. Tutto bene quindi? Ma no, i benefit verranno si eliminati ma non da subito, come sarebbe logico, ma soltanto dopo dieci anni. Senza fretta, insomma.

Una decisione più o meno in linea con quella assunta dal Senato il 29 febbraio scorso. A dir la verità più meno che più perché a Montecitorio ci sono delle distinzioni-agevolazioni per alcuni ex presidenti della Camera.

Al Senato, i dieci anni di traghettamento verso lo status sempre privilegiato di semplice ex parlamentare, corrono dalla fine del mandato sullo scranno più alto: quindi per Marini, presidente fino al 2008, terminano nel 2018, per Pera nel 2016, per Mancino e Scognamiglio l’anno prossimo.

Anche alla Camera i dieci anni scattano dalla fine del mandato (quindi pure Fini godrà del suo status fino al 2023), ma con un’eccezione solo per gli ex presidenti ancora “in attività”: per Casini, tuttora parlamentare e per Violante e Bertinotti, in carica fino alla scorsa legislatura. Ricapitolando: Luciano Violante, Pier Ferdinando Casini, Fausto Bertinotti e Gianfranco Fini potranno continuare a godere dei benefit per altri 10 anni a partire dalla prossima legislatura (quindi fino al 2023), mentre Pietro Ingrao e Irene Pivetti (guarda caso i due ormai da tempo fuori dalla politica attiva) li perderanno alla fine di questa legislatura.

Casini, però con una lettera al Presidente della Camera ha annunciato di non voler usufruire questa agevolazione. “Ho avuto il privilegio di guidare la Camera dei deputati dal 2001 al 2006 e ritengo di averla servita con onestà ed equilibrio, come da più parti mi è stato riconosciuto. Ho preso atto delle decisioni assunte, a maggioranza, dall’Ufficio di Presidenza in relazione allo status degli ex Presidenti. Comunico che non intendo avvalermi della delibera e rinuncio, con effetto immediato, ad ogni attribuzione e benefit connessi a questo status”. Come ha detto Casini la decisione è stata presa a maggioranza: nell’ufficio di Presidenza della Camera, c’è stata, infatti, battaglia. In cinque, la dipietrista Silvana Mura, il leghista Dussin, nonché Fontana, Milanato ed i vicepresidenti Lupi e Leone, tutti del Pdl hanno, infatti, votato contro. Vedremo in aula che cosa succederà-

Ma per un ex Presidente che rinuncia ce n’è uno che invece protesta. E’ l’ex presidente della Camera, Irene Pivetti. “Questa decisione è il risultato di un clima forcaiolo. Un assurdo paradosso che, per colpire la Casta, finisce per colpire chi con la Casta non c’entra nulla, come me o Ingrao, buttando per strada degli onesti lavoratori che svolgevano il lavoro di segreteria”.

Insomma, il pasticciaccio di Montecitorio. Soprattutto se si fa un piccolo salto indietro nel tempo, e neanche di tanto, solo sei mesi fa quando, il deputato del Popolo della Libertà Laboccetta, pose la questione della Fondazione Camera dei Deputati (attualmente presieduta da Bertinotti), voluta dal presidente Casini nel 2002, ente sostanzialmente inutile costato in poco più di dieci anni circa 15 milioni di euro. Laboccetta dopo aver senza successo più volte sollecitato Fini e l’Ufficio di presidenza, riuscì a portare in aula la richiesta di abolizione della Fondazione. Risultato: proposta respinta con 446 voti contrari, 57 favorevoli e 30 astenuti.

La polemica è scoppiata anche sull’approvazione del consuntivo di bilancio e sui costi della Camera, soprattutto quelli relativi alla cancelleria. “C’è ancora una visione degli anni ’80 del deputato che ha bisogno di un fax, di una scrivania, di una segretaria e di un telefono con il filo”, ha spiegato Gregorio Fontana (Pdl), aggiungendo alcuni esempi di paradossi inspiegabili: “E’ dal 1988 che ogni deputato ha in dotazione un chilo e mezzo di colla all’anno e mille fogli di carta intestata al mese che io neanche ritiro più”. Oltre alla colla e alla carta, ai deputati vengono consegnati 10 dvd e 20 cd e sei gomme ogni tre mesi.