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Via Poma, 24 anni per Raniero Busco. Il procuratore chiede la conferma della condanna: Non ha alibi

Confermare la condanna a 24 anni di reclusione per Raniero Busco, unico imputato per la morte di Simonetta Cesaroni, uccisa con 29 coltellate il 7 agosto 1990 in via Poma. E’ la richiesta del Procuratore Generale Alberto Cozzella, al termine di una requisitoria di tre ore.
E’ toccato a Busco oggi, con la sua dichiarazione spontanea, aprire l’ultima fase del processo d’appello. ”Da voi mi aspetto il riconoscimento della mia innocenza… Non ho alcuna responsabilita’ nella morte di Simonetta Cesaroni… Non avrei mai pensato di poterle fare del male”. Busco ha chiesto la parola nell’apertura d’udienza alla Corte presieduta da Lucio D’Andria. ”Sono emozionato, – ha detto l’imputato – e ora sono a vostra disposizione. Sento il bisogno di dire a voi che volevo bene a Simonetta. Naturalmente non so come si sarebbe conclusa la nostra storia se fosse andata avanti ma non avrei mai pensato di farle del male. Quando ho saputo della sua morte ho provato lo stesso dolore che ho sentito quando e’ morto mio padre. Ora da voi aspetto il riconoscimento della mia innocenza”.
Parole che però non hanno convinto il procuratore generale, secondo cui l’ex fidanzato di Simonetta Cesaroni non ha alibi. La richiesta di conferma della sentenza pronunciata il 26 gennaio dello scorso anno che riconosceva Busco responsabile della morte di Simonetta Cesaroni era apparsa evidente fin dall’inizio della requisitoria quando il magistrato ha detto: “Faccio mie tutte le conclusioni della sentenza di primo grado”, confermando cosi’ che non avrebbe tenuto in alcun conto le conclusioni alle quali era giunta la super perizia discussa in una delle scorse udienze.
Da questo momento il magistrato ha sottoposto ad esame critico ogni momento della vicenda, partendo dal rapporto che legava Simonetta a Busco. Un rapporto difficile come emerge dalle lettere che Simonetta Cesaroni scriveva a se stessa o alle amiche. Quella, ad esempio indirizzata a Babbo natale per sottolineare: “Vorrei che almeno una volta (Busco ndr) mi dicesse ti amo”. Lettera in cui aggiungeva tra l’altro: “Sono nauseata del nostro rapporto… me lo ha fatto vivere fin dall’inizio come un rapporto sporco”.
Passando poi ad esaminare quanto accaduto il 7 agosto del ’90 in via Poma, il pg ha ricordato che Busco per quel giorno non ha alcun alibi. Le stesse persone da lui indicate perche’ confermassero le sue parole lo hanno smentito. “E lui -ha detto il magistrato- non ha un alibi che possa dimostrare che il giorno del delitto non era in via Poma dove Simonetta veniva uccisa”.
Criticato il perito d’ufficio Corrado Cipolla D’Abruzzo per le sue conclusioni circa la natura del morso sul seno sinistro di Simonetta Cesaroni e a proposito di altre considerazioni fatte nel suo intervento quando ha illustrato la perizia tecnica con tesi ritenute non accettabili, il pg e’ passato a valutare quanto e’ successo negli uffici di via Poma. Sostenendo che Simonetta Cesaroni e’ stata la vittima di un’unica azione omicidiaria. Ad accusare Busco sono l’impronta del morso, il dna sugli indumenti della vittima e la totale assenza di un alibi.
In particolare il morso sul seno sinistro e’ contestuale al ceffone che ha fatto cadere a terra la ragazza stordita e le 29 coltellate inferte. “E’ stata -ha detto Cozzella- una azione omicidiaria a conclusione di un incontro per un malinconico addio perche’ Busco l’8 agosto sarebbe partito per andare in vacanza. E qui avviene la tragedia”.
Simonetta -ha osservato il pg- va nella stanza dove poi sara’ uccisa; si spoglia lentamente, si toglie le scarpe, si slaccia il corpetto e sta per togliersi il reggiseno. Probabilmente aveva chiesto a Busco un gesto d’amore”. Ma l’uomo, secondo il pg, le e’ piombato addosso, tenta di morderla sul seno mentre lei per il dolore si ritrae e il morso strappa il capezzolo. Busco arrivato all’esasperazione le da’ un ceffone, facendola cadere a terra stordita. E poi i 29 colpi di tagliacarte. Simonetta non ha ferite alla mani o alle braccia e quindi i 29 colpi li riceve mentre stordita sta a terra e lui e’ su di lei a cavalcioni.
La richiesta di conferma della condanna fatta dal procuratore generale non ha sorpreso il professor Franco Coppi, difensore di Raniero Busco. “Era ragionevole ritenere – ha detto il difensore – che queste sarebbero state le richieste della Procura generale. Quindi non ci siamo meravigliati. Naturalmente non condividiamo neppure una virgola di quanto detto dal rappresentante della pubblica accusa. Quanto alla richiesta di rinnovare il dibattimento mi sembra che la perizia sia scientificamente esaustiva e che la Corte abbia tutto il materiale necessario per decidere”.
Il procuratore generale Cozzella, nel caso che la corte decidesse di non confermare la condanna, ha sollecitato la riapertura dell’istruttoria disponendo una nuova superperizia che dia risposte soddisfacenti. Il magistrato dell’accusa infatti ha fortemente criticato la superperizia gia’ disposta dalla Corte, dalla quale e’ risultato che le lesioni riscontrate sul seno sinistro della Cesaroni non erano conseguenza di un morso.