Evasione fiscale, il 90% dei negozi cinesi a Roma non emette scontrini

Evasione fiscale totale, o quasi, nei negozi cinesi a Roma. A non fare lo scontrino sono infatti quasi il 90% degli esercizi commerciali controllati dalla Guardia di Finanza nella Capitale.
E’ quanto emerge dai dati delle Fiamme gialle, relativi al primo quadrimestre del 2012, diffusi dall’Adnkronos. Su 245 controlli effettuati dall’inizio dell’anno in tema di scontrini e ricevute fiscali, ben 216 hanno avuto esito irregolare, una percentuale pari all’88,16%. Un dato allarmante, che è anche in crescita rispetto al 2011, anno in cui le irregolarità riscontrate sono state pari all’85,54%. Le analisi patrimoniali della Gdf evidenziano “il sistematico disallineamento fra la ricchezza posseduta e la redditualità dichiarata”. Basta andare a leggere i dati sulle società che hanno sede nello storico quartiere dell’Esquilino: il 35% delle imprese dichiara un volume d’affari pari a zero, ovvero una completa assenza di operatività, il restante 65% non supera i 20mila euro. Quanto al reddito imponibile, il 95% delle aziende dichiara meno di ventimila euro. Non solo. Le Fiamme gialle hanno potuto riscontrare “metodologie operative connotate da elevata pericolosità sociale”.
Un altro aspetto preoccupante emerge infatti guardando i numeri relativi alla contraffazione. Sempre nel corso dei primi quattro mesi dell’anno, sono stati infatti sequestrati oltre 3 milioni di prodotti contraffatti.
Dalla borsa griffata all’ultimo successo musicale, dai giocattoli per bambini ai film ancora al cinema, una buona parte dei prodotti contraffatti immessi nel mercato della Capitale passa per i magazzini dei negozi cinesi. Nel 2011 la Guardia di Finanza ha sequestrato quasi 17 milioni di prodotti illecitamente riprodotti, non sicuri e privi del marchio di approvazione della Comunità europea. Da un punto di vista sociale, il comportamento dei membri della comunità cinese “sembra essere molto distante” da quello cui siamo abituati. L’utilizzo del denaro contante è la norma, mentre il ricorso a banche e finanziarie è quasi nullo. La conseguenza è che, sempre nel 2011, sono state confiscate banconote per un valore di quasi 200mila euro e denunciate all’autorità giudiziaria 243 persone. Un dato emblematico è quello della concentrazione di innumerevoli soggetti giuridici e persone fisiche sotto la gestione e la consulenza professionale di un ristretto numero di consulenti, che sembrano essersi specializzati nella gestione aziendale e fiscale delle imprese direttamente o indirettamente controllate o gestite da cinesi.
Rilevanti anche i numeri sulla presenza della comunità cinese nella Capitale: sono circa 20mila i residenti, concentrati soprattutto nel quartiere Esquilino. Non di rado le Fiamme Gialle hanno riscontrato una forte concentrazione di numerosi soggetti presso gli stesso indirizzi o presso associazioni umanitarie e onlus. Fino a vent’anni fa, il quartiere ospitava uno dei mercati rionali più noti della città a cui oggi si sono sostituiti i bar, ristoranti, money transfer, ma soprattutto negozi cinesi. Il commercio rappresenta infatti quasi il 70% delle attività della comunità, che è presente anche al Casilino, al Tiburtino, al Prenestino, a Commercity e a Centocelle. Il Lazio non è comunque la regione italiane a più alta densità cinese. I residenti sono poco più di 20mila, a fronte dei 55mila in Lombardia, dei 42mila in Toscana, dei 35mila in Veneto e dei 28mila in Emilia Romagna.