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Calcio marcio: come ventidue anni fa. In campo non si gioca ma si recita. Avidità e corruzione, un’inchiesta solo all’inizio

(di Gianpaolo Santoro) Cronometrico come una bomba ad orologeria. Al novantesimo minuto del calcio professionistico (ieri si sono disputate le ultime partite della serie B) è scattato il blitz della fase 2 (new Last Bet) della Procura di Cremona. Arresti, perquisizioni, computer decrepitati, gli agenti sono andati a Coverciano. Perquisizione per Mimmo Criscito, escluso pochi minuti dopo da Prandelli dalla lista dei giocatori che prenderanno parte al prossimo europeo.
Pallone marcio Un’azione clamorosa e spettacolare, sembra di essere ritornati alla madre di tutte le inchieste, quella nata dalle confessioni di due scommettitori pentiti stanchi di perdere, Alvaro Trinca, proprietario di un ristorante e Massimo Cruciani, grossista di frutta e verdura e che fece perdere al nostro calcio l’innocenza. Un salto indietro di 22 anni, quel fatidico 23 marzo del 1980, quando le inconfondibili Giuliette verde spento della Guardia di Finanza finirono sulla pista dello stadio Olimpico di Roma ed in tanti altri stadi italiani ed effettuarono una serie di clamorosi arresti a bordo campo. Dietro le sbarre finirono 12 giocatori, molti dei quali di primissimo piano (Enrico Albertosi, Bruno Giordano, Paolo Rossi, Carlo Petrini, Lionello Manfredonia, Vincenzo D’Amico), l’allora presidente del Milan Colombo. La giustizia ordinaria assolse i giocatori coinvolti (il reato specifico di frode sportiva è stato istituito solo nel 1989), ma quella federale usò la mano pesante: Milan e Lazio retrocedettero in serie B, mentre le squalifiche per i calciatori andarono da tre mesi a sei anni. Colpito anche Paolo Rossi, venne salvato solo dall’amnistia del 1982 grazie alla quale partecipa al vittorioso mondiale degli azzurri di Bearzot. Una lezione esemplare? Macchè…
Totonero & Calciopoli Il calcio sporco fa parte del nostro rituale domenicale, un virus che si è andato sempre più diffondendo ed espandendosi. Abbiamo visto lo scoppio di una serie d’inchiesta dal famoso Totonero, inchiesta della Procura di Torino del giudice Marabotto che aveva come teste principale un rappresentante di commercio napoletano, Armandino Carbone, faccendiere e scommettitore sino a Calciopoli, la grande rete di favori e irregolarità tessuta da Moggi e Giraudo con arbitri e guardalinee che “lavoravano per la Juve. Campionati falsati, tifosi raggirati, partite recitate più che giocate. Il calcio italiano da troppo tempo è una presa in giro.
Vince il perdono Personaggi di spicco, dirigenti e calciatori di punta, il calcio, ed i tifosi, hanno dimostrato negli anni di essere sempre disposti a chiudere un occhio ed a perdonare. Che cosa non si fa per un gol, per la vittoria della squadra del cuore. Perché meravigliarsi se, tanto per fare un esempio, l’allenatore Renzo Ulivieri, squalificato per tre anni, è poi stato eletto dai suoi colleghi quale presidente dell’associazione calciatori? E Massimiliano Allegri? Chi si è scandalizzato per la conferma data qualche giorno fa da Cristiano Doni, che era in campo, della combine della partita di coppa Italia Atalanta-Pistoiese (“primo tempo 1 – risultato finale X”, evento evento che si verifica puntualmente) per la quale Allegri, venne squalificato per un anno e poi assolto da un processo di secondo grado? L’elenco è lungo, lunghissimo. E Buffon che ha perso più di due milioni di euro, facendo scommesse sul calcio, graziato anch’egli dalla vittoria del mondiale? Nel calcio si può fare di tutto. Come giudicare, altrimenti, l’incredibile rivendicazione della Juve, che dopo aver patteggiato ed ammesse le proprie colpe, ora vorrebbe esibire le tre stelle, quelle dei trenta scudetti, quando sono soltanto 28?
Siamo solo all’inizio Una cosa è certa. Non è ancora finita. Almeno dal punto di vista della sportiva. Ma probabilmente anche per quella penale, avremo a breve altre sorprese. Dopo la seconda tranche dell’inchiesta di Cremona, il giudici sportivo passerà a quella delle Procure di Napoli e di Bari. Qualcosa già si sa. Desegretato un po’ di tempo fa un interrogatorio tenuto dall’ex portiere del Napoli Giannello in Procura, si venuti a conoscenza del tentativo di una combine (confermato da alcune intercettazioni telefoniche) relativo alla partita Lecce-Napoli. Giannello ha detto di aver parlato con alcuni compagni di squadra (Cannavaro e Grava) che si sarebbero rifiutati all’accordo ma che non hanno denunciato l’accaduto divenendo responsabili di omessa denuncia. Una vicenda simile a quella di Conte quando era il tecnico del Siena.