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Ilva: La salute è un bene primario, sequestro senza facoltà d’uso. Ferrante: Massima collaborazione

Il provvedimento del Tribunale del Riesame di Taranto sul sequestro di alcune aree dello stabilimento siderurgico Ilva, le cui motivazioni sono state depositate oggi, non prevede la facoltà d’uso. Questa era stata un’interpretazione venuta da alcuni settori, soprattutto politici, riguardo il dispositivo reso noto il 7 agosto scorso che in un passaggio così recitava: ”Dispone che i custodi garantiscano la sicurezza degli impianti e li utilizzino in funzione della realizzazione di tutte le misure tecniche necessarie per eliminare le situazioni di pericolo e della attuazione di un sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni inquinanti”. Il Riesame, sempre nel dispositivo, confermava per il resto il ”decreto impugnato”. Peraltro, come confermato da fonti giudiziarie, la facoltà d’uso non veniva chiesta nel ricorso presentato al Riesame dai legali dell’azienda.
Il Riesame scrive che ”solo un monitoraggio in continuo può garantire la veridicità delle misurazioni ed appare singolare che Ilva non abbia predisposto gli impianti in tal senso nonostante siano trascorsi quasi 13 anni dall’entrata in vigore di tale obbligo”. E rileva che ”quasi tutte le misurazioni, prese in considerazione dai periti derivano dai controlli effettuati dalla stessa Ilva, sulla cui bontà appare lecito nutrire qualche dubbio, atteso che l’adeguamento della previsione del monitoraggio in continuo per i punti emissivi dove sono convogliati rifiuti trattati termicamente non è ancora attuata, nonostante ciò fosse obbligatorio sin dal 17 agosto 1999”.
Nelle motivazioni si sottolinea poi che ”la vita e la salute delle persone fisiche è bene primario tutelato dalla Costituzione senza alcun compromesso di tipo sociale ed economico in grado di farlo arretrare, essendo invece emerso che le sostanze nocive originate dall’Ilva costituiscono un pericolo per la popolazione delle aree urbane circostanti lo stabilimento e, addirittura, che tali sostanze hanno già cagionato sulla popolazione effetti di malattia e morte come evidenziati dai periti”.
Secondo il Riesame, ”allo stato, salvo future determinazioni ed in assenza di iniziative da parte del Gestore volte ad adeguare gli impianti eliminando le gravi lacune riscontrate, l’unico modo per evitare gli effetti di pericolo e danno già accertati, è quello di impedire la tipologia di emissioni convogliate e soprattutto diffuse-fuggitive incontrollate e intollerabili per la salute umana, vegetale ed animale”.
Per il Tribunale ”sussiste l’urgenza di intervenire con il provvedimento di sequestro atteso che, allo stato, come bene è stato evidenziato dai periti chimici, dai periti medici, dagli accertamenti dell’Arpa, dagli accertamenti del Noe, le emissioni di sostanze nocive alla salute della popolazione sono chiaramente in corso e l’adeguamento degli impianti, ovvero l’eliminazione delle non corrette pratiche di gestione delle polveri degli elettrofiltri e di tutte le disfunzioni sopra segnalate comportanti emissioni incontrollate e diffuse a quote basse, non appare più eludibile”.
”Semplificando e schematizzando la questione – scrive il Riesame – va detto che non è compito del Tribunale stabilire se e come occorra intervenire nel ciclo produttivo, con i consequenziali costi di investimento o, semplicemente, se occorra fermare gli impianti, trattandosi di decisione che dovrà necessariamente essere assunta sulla base delle risoluzioni tecniche dei custodi-amministratori, vagliate dall’Autorità giudiziaria: per questo lo spegnimento degli impianti rappresenta, allo stato, solo una delle scelte tecniche possibili”.
Quindi il collegio del Riesame ”condivide pienamente quanto osservato dal gip” quando specifica che ”la situazione di grave e attualissima emergenza ambientale e sanitaria imponga l’immediata adozione del sequestro preventivo, senza facoltà d’uso, delle aree e degli impianti sopra indicati, funzionale alla interruzione delle attività inquinanti” e che solo l’eliminazione dello stato di pericolo attraverso le misure tecniche necessarie individuate dai periti chimici, oltre a un efficace sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni più inquinanti ”potrebbe legittimare l’autorizzazione, previa attenta ed approfondita valutazione da parte di tecnici nominati dall’autorità giudiziaria, dell’efficacia, sotto il profilo ambientale, delle misure eventualmente adottate, ad una ripresa della operatività dei predetti impianti”.
Il collegio dissente dal gip sulle ”modalità esecutive” del sequestro e sulla nomina e il ruolo ”dei custodi-amministratori delle aree e degli impianti”, rivendicando sulla base di una sentenza della Cassazione, anche la possibilità di ”modificare e integrare la struttura logica del provvedimento del gip” in modo da meglio rispondere ”allo scopo legittimamente perseguito in concreto dall’organo di accusa”. Per il Riesame ”le modalità esecutive del sequestro, in concreto non possono che essere individuate dagli stessi custodi-amministratori, sulla base delle migliori tecnologie disponibili, ed attuate sotto la supervisione del pm procedente”. I custodi devono avere ”veri e propri compiti di gestione ed amministrazione”, con l’obiettivo di raggiungere ”il più celermente possibile” l’obiettivo del risanamento ambientale e l’interruzione delle attività inquinanti, e non, come accade di solito, ”di mera conservazione”.
Secondo il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, la motivazione del Tribunale del Riesame “è molto chiara: l’obiettivo del risanamento degli impianti deve essere portato avanti. Lo spegnimento non è l’unica strada”. “La strada del Tribunale del Riesame – aggiunge Clini – è convergente con quella che sta seguendo il governo. Ora spetta all’Ilva fare la sua parte, essere pronta a investire”.
“Oggi – riferisce – ho insediato il gruppo di lavoro che concluderà la procedura per il rilascio delle nuove autorizzazioni entro il 30 settembre. Le nuove autorizzazioni includeranno le prescrizioni del gip di Taranto e le indicazioni della Commissione europea per l’uso delle migliori tecnologie disponibili”.
Per il presidente dell’Ilva, Bruno Ferrante, “le motivazioni del Tribunale del Riesame relative agli impianti chiariscono il senso del dispositivo individuando un percorso ragionevole e di buon senso” e tale percorso ”permette all’Ilva di non chiudere gli impianti e ci convince, una volta di più, della necessità di accelerare i processi di innovazione tecnologica e riduzione delle emissioni inquinanti. In questo senso ricordiamo che l’azienda ha rinunciato ai ricorsi che avrebbero rallentato il processo di approvazione della nuova AIA, i cui lavori sono partiti questa mattina al Ministero dell’Ambiente”.
“Va ribadita – conclude Ferrante – la massima collaborazione con tutte le autorità, governo e istituzioni locali comprese, per il raggiungimento di un obiettivo, quello della salvaguardia della salute, dell’ambiente, del lavoro e dell’impresa che è patrimonio di tutta la collettività”.