Sallusti, la Cassazione conferma i 14 mesi di reclusione. Lui si dimette ma la pena viene sospesa

La Cassazione ha reso definitiva la condanna a 14 mesi di reclusione senza condizionale per diffamazione ad Alessandro Sallusti, il direttore de ‘Il Giornale’. Sallusti comunque evita il carcere in quanto non risulta avere cumuli di pena ne’ recidive per cui la pena verra’ sospesa.
Lo ha deciso la quinta sezione penale, presieduta da Aldo Grassi dopo una brevissima camera di consiglio di circa due ore e mezzo nella quale ha respinto completamente il ricorso presentato dalla difesa di Sallusti. Negate anche le attenuanti generiche come richiesto dal Pg Gioacchino Izzo che avrebbero potuto evitare il rischio carcere al direttore de ‘Il Giornale‘. In serata pero’ e’ arrivata la precisazione della Cassazione. Con una nota dell’ufficio stampa della Suprema Corte, la Cassazione ritiene che “è opportuno precisare” aspetti del ‘caso Sallusti’ “non esattamente evidenziati dalla stampa nei giorni scorsi”. Per prima cosa la falsità della notizia contenuta nell’articolo anonimo attribuito a Sallusti.

“Emerge, dalle sentenze dei giudici di merito, che: a) la notizia pubblicata dal quotidiano diretto dal dott. Sallusti – scrive la Cassazione – era ‘falsa’ (la giovane non era stata affatto costretta ad abortire, risalendo ciò ad una sua autonoma decisione, e l’intervento del giudice si era reso necessario solo perchè, presente il consenso della mamma, mancava il consenso del padre della ragazza, la quale non aveva buoni rapporti con il genitore e non aveva inteso comunicare a quest’ultimo la decisione presa)”. Inoltre la Cassazione sottolinea, al punto b), “la non corrispondenza al vero della notizia (pubblicata da La Stampa il 17 febbraio 2007) era già stata accertata e dichiarata lo stesso giorno 17 febbraio 2007 (il giorno prima della pubblicazione degli articoli incriminati sul quotidiano ‘Libero’) da quattro dispacci dell’Agenzia ANSA (in successione sempre più precisa, alle ore 15.30, alle ore 19.56, alle 20.25 e alle 20.50) e da quanto trasmesso dal Tg3 regionale e dal Radiogiornale (tant’è che il 18 febbraio 2007 tutti i principali quotidiani, tranne ‘Libero’, ricostruivano la vicenda nei suoi esatti termini)”. Al punto c), la nota della Cassazione sottolinea “la non identificabilità dello pseudonimo ‘Dreyfus’ e, quindi, la diretta riferibilità del medesimo al direttore del quotidiano”.

L’articolo incriminato per il quale è stato condannato Sallusti, in via definitiva, era intitolato ‘Il dramma di una tredicenne. Il giudice ordina l’abortò. Ad Alessandro Sallusti,  verrà ‘automaticamente’ sospesa l’esecuzione della pena detentiva dalla Procura della Repubblica di Milano, in quanto risulta non avere cumuli di pena nè recidive. Lo ha spiegato il Procuratore Bruti Liberati.

Alessandro Sallusti è stato inoltre condannato a pagare 4.500 euro di spese processuali. Piazza Cavour, inoltre ha disposto un nuovo appello bis per Andrea Monticone, il giornalista di ‘Libero’, di cui all’epoca Sallusti era direttore, che si occupò del caso di aborto della 13enne di Torino. Nel dettaglio, la suprema Corte ha confermato la sentenza della Corte d’appello di Milano del 17 giugno 2011 che aveva inflitto 14 mesi senza condizionale a Sallusti per la diffamazione a mezzo stampa a causa di un editoriale siglato con uno pseudonimo, apparso nel febbraio del 2007 su ‘Libero’.
Secondo la Cassazione, dunque, non ci sono dubbi che l’autore della diffamazione sia stato il direttore del ‘Giornale’ al quale ha negato anche lo sconto di pena. In primo grado, il 26 gennaio 2009, il Tribunale di Milano aveva invece condannato Sallusti a 5.000 euro. L’editoriale siglato con uno pseudonimo invocava la pena di morte per Giuseppe Cocilovo, il magistrato di Torino in servizio presso il giudice tutelare che si era occupato del delicatissimo caso di interruzione di gravidanza di una 13enne torinese.
Per il pg Izzo, nell’arringa accusatoria, occorreva celebrare un nuovo processo sulla concessione delle attenuanti generiche, sollecitando l’annullamento della sentenza d’appello.
Secondo Izzo era assolutamente certa la diffamazione commessa ai danni del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo come pure è ”ampiamente motivata” la decisione della Corte d’Appello di Milano che, il 17 giugno 2011, contrariamente alla decisione di primo grado ha ritenuto di non convertire in multa la condanna inflitta a Sallusti.
Per il pg di Piazza Cavour, dunque, il direttore de ‘Il Giornale’ per l’articolo pubblicato nel febbraio 2007 avrebbe avuto solo diritto ad uno sconto di pena in quanto ”manca la motivazione sulla intensità del dolo”. Per il resto il suo ricorso, sempre a detta del pg, dovrebbe essere respinto. La pubblica accusa di Piazza Cavour aveva chiesto il nuovo processo nei confronti del giornalista di ‘Libero’ Andrea Monticone, che ha seguito la vicenda giudiziaria del delicatissimo caso di giustizia minorile in questione.
Duro il commento  di Daniela Santanchè: “Questo Paese fa schifo e spero che gli italiani se ne rendano conto, aprano gli occhi e scendano in piazza perché abbiamo davvero raschiato il fondo”.
“La misura è colma – incalza – siamo davanti a una magistratura che non mette in galera ladri e delinquenti ma innocenti, direttori di giornali. E’ uno schifo”, rincara la dose, certa che farà “sicuramente qualcosa, anzi molto di più” in difesa di Sallusti. Cosa? “Ora non so dirlo, sono davvero sotto shock”.
“E’ sconvolgente. In questo momento siamo tutti Sallusti. E siamo pronti a iniziative straordinarie”, è il commento di Franco Siddi, segretario della Federazione Nazionale della Stampa alla sentenza.
”Sallusti deve andare in galera per una cosa del genere, e quei delinquenti che hanno rubato alla regione Lazio sono tranquilli fuori? Sono davvero schifato” dice Vittorio Feltri, commentando la sentenza della Cassazione che ha confermato la condanna a 14 mesi di reclusione per diffamazione aggravata nei confronti del direttore del ‘Giornale’, Alessandro Sallusti.
”La responsabilità oggettiva è un assurdo -spiega Feltri- il diffamato deve essere risarcito dal punto di vista economico, non mandando in galera la gente. Non me la prendo con i giudici, perché applicano la legge -sottolinea l’editorialista del ‘Giornale’- e la legge dà loro strumenti importanti, che vanno dal temperino al mitra. A volte usano il primo, a volte il secondo e hanno la discrezionalità per farlo. Il problema è che questa legge sulla diffamazione è sbagliata e fascista, la stessa Unione europea più volte ha raccomandato all’Italia di conformarsi alle disposizioni europee. Solo in Italia è prevista la galera per reati a mezzo stampa”.
Per Feltri, però, ”la colpa è soprattutto di Silvio Berlusconi. Di questa legge parlai con lui nel 2001, dissi che andava eliminata. E’ giusto che i giornalisti paghino ma in linea civile, come avviene in tutta Europa. Il Cavaliere mi giurò che avrebbe provveduto, perché comprendeva l’importanza della cosa, ma sono passati dieci anni e niente è accaduto. Il centrodestra -conclude- non è riuscito neppure a tirare un rigo sul codice penale per eliminare questo obbrobrio. E niente ha fatto il centrosinistra prima…”.
“E’ davvero molto grave che si arrivi ad ipotizzare il carcere per un collega su un cosiddetto reato d’opinione”, dice Ferruccio De Bortoli interviene, intervistato: “E’ un momento – sottolinea il direttore del Corriere della Sera- molto basso della nostra civiltà giuridica”.
In un articolo apparso nel febbraio 2007 su ‘Libero’, all’epoca diretto dallo stesso Sallusti, uscì un editoriale con uno pseudonimo in cui veniva invocata la pena di morte per Cocilovo che si era occupato del caso.
L’avvocato Monica Senor, che rappresenta il giudice Cocilovo costituitosi parte civile nel processo contro Sallusti, ha sottolineato che Cocilovo “è stato preso di mira da ‘Libero’ per le sue posizioni e alla prima occasione utile è stato colpito”. Il legale del giudice nella sua arringa ha evidenziato che “la libertà di espressione non è assoluta ma ci deve essere un bilanciamento”.
Secondo la difesa di Cocilovo, nei confronti del magistrato è stato orchestrato un “vero e proprio attacco. Dagli articoli del giornale – ha evidenziato il legale – viene fuori che Cocilovo è un abortista. Che nel 2006, in base a quanto ha riportato ‘Libero’, era balzato agli onori della cronaca per avere telefonato al sindaco di Torino Chiamparino lamentando il fatto che un suo assessore era contrario all’aborto. Insomma nei confronti di questo magistrato è stato sferrato un vero e proprio attacco dal quotidiano”. Secondo l’avvocato Senor, “non ci sono dubbi sull’attribuzione a Sallusti dell’editoriale con lo pseudonimo Dreifus”. In ogni caso, ha sottolineato, “in caso di articolo scritto di anonimo a risponderne deve essere il direttore del giornale”.
“Chiedere la grazia? Bisogna essere coerenti. La grazia la chiede uno che sa di aver sbagliato e chiede perdono allo Stato. Io sono convinto di non meritare quella sentenza, quindi perché dovrei chiedere scusa di un reato che non ho commesso?” aveva dichiarato Sallusti a Tgcom24. “Mi sentirei molto in imbarazzo a chiedere la grazia. Poi, certo, bisognerà vedere cosa succederà sulla porta del carcere. Non so cosa può passare nella mente di un uomo in quel momento. Adesso dico di no, poi non si sa cosa può accadere”.
“Siamo di fronte a un problema reale – proseguiva Sallusti – siamo l’unico paese occidentale in cui uno può andare in carcere per delle idee. Non parliamo di diffamazione, l’articolo incriminato propone una tesi molto forte che può offendere qualcuno, ma è una tesi, è un ragionamento politico e culturale. Siamo nel campo dell’opinione e non si può andare in carcere per un’opinione. Se dovesse andare tutto bene – conclude – continuerò a fare il mio lavoro e mi auguro che questo rischio apra gli occhi alla classe politica perché si regoli in maniera più equa la materia e si risolva il problema una volta per tutte”.