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Ilva, la rabbia degli operai invade Taranto: bloccate Appia e Jonica dopo il no del gip

Ilva, la rabbia degli operai invade Taranto: bloccate Appia e Jonica dopo il no del gip

Esplode la protesta degli operai dello stabilimento siderurgico Ilva di Taranto, che alle 9 di questa mattina hanno iniziato lo sciopero di due giorni proclamato da Fim Cisl e Uilm Uil, contro il blocco degli impianti disposto ieri dal gip Patrizia Todisco che ha bocciato il piano di risanamento dell’azienda e ribadito la sua chiusura senza possibilità di produzione.
Circa un migliaio di lavoratori hanno bloccato la statale Appia, nei pressi della Direzione dello stabilimento, e la 106 Jonica che collega Taranto a Reggio Calabria. Alcuni momenti di accesa discussione e di tensione si sono verificati vicino alla portineria A dello stabilimento dove il ‘Comitato cittadini e lavoratori liberi e pensanti’, come preannunciato ieri, ha cercato di convincere gli operai a non occupare le strade e a non aderire a una manifestazione strumentalizzabile dall’azienda.
Anche la Fiom non ha partecipato allo sciopero. ”Siamo riusciti a convincere tantissimi lavoratori – dice Cataldo Ranieri, portavoce del Comitato – fino a 700-800. Altri non hanno aderito e sono rimasti in fabbrica. Il volantino dei sindacati non ha senso. Non c’è nessuna controparte. La nostra controparte è Riva non è la magistratura che sta facendo gli interessi nostro e delle nostre famiglie e ha dato allo Stato e alla famiglia Riva una via d’uscita per mettere a posto gli impianti come si fa in tutti i posti d’Europa. Noi non abbiamo bisogno di perizie e della magistratura – continua – per conoscere i veleni sprigionati all’interno dell’azienda. Siamo disposti a portare questo ‘casino’ pacifico a Roma. Il ministro Clini continua a volerci far scegliere tra vita e lavoro. Ma noi a questa scelta non ci stiamo”, conclude.
Prosegue intanto la clamorosa protesta dei gruppi di operai issati sulla torre di smistamento dell’altoforno 5 e sulla passerella del camino E312 dell’area Agglomerato. I manifestanti si alternano sulla sommità delle due strutture per richiamare l’attenzione sulla vertenza e l’adozione di provvedimenti in difesa del lavoro. Per i lavoratori dell’Afo5 si tratta della seconda notte passata a 60 metri di altezza, mentre gli operai che ieri sono saliti sul camino E312 si sono incatenati e stanno attuando anche lo sciopero della fame e della sete. Un’altra decina di dipendenti sono presenti da ieri sul Pci, un impianto di macinazione del carbon fossile.
Stamane peraltro ci sono state anche due ore di assemblea degli operai di due aziende edili dell’indotto, la Semat (450 dipendenti) e la Edilsider (40) entrambi del gruppo Trombini, che effettuano lavori di manutenzione e che hanno sede all’interno del siderurgico. Ieri le delegazioni della di Filca Cisl e Fillea Cgil hanno partecipato all’incontro a Confindustria con il presidente dell’Ilva Bruno Ferante ma essendo esterni la loro situazione è ancora più appesa a un filo e precaria rispetto ai metalmeccanici. Nei giorni scorsi è stato comunicato agli operai che le due aziende potrebbero metterli in ferie forzate e potrebbero ricorrere alla cassa integrazione proprio per la situazione creatasi all‘Ilva. La loro mobilitazione va avanti da alcuni giorni.
“Stiamo continuando a fare quanto programmato. Stiamo lavorando per il rilascio dell’Aia applicando la legge italiana e le direttive europee, in particolare prevedendo che Ilva debba adeguare i propri impianti ai migliori standard europei”, ha detto il ministro dell’Ambiente Corrado Clini spiegando che “non c’è una risposta al Gip, c’è la conferma del lavoro che stiamo facendo, applicando la legge. Concluderemo questo lavoro nei prossimi giorni e poi rilasceremo l’Aia”.