Cambiali al tempo della crisi, il 40% dei piccoli imprenditori le utilizza di nuovo

Torna la vecchia cambiale. Sono soprattutto i piccoli imprenditori, sempre più spesso in difficoltà per il ritardo nei pagamenti, sia della Pa sia di altre imprese, e per la stretta nella concessione del credito da parte delle banche, a riscoprire uno strumento che sembrava ormai superato dai tempi. E’ quanto emerge dal sondaggio effettuato: quattro piccoli imprenditori su dieci dichiarano di averne firmata una nell’ultimo anno e sei su dieci ritengono ‘possibile’ il ricorso alla cambiale nell’arco del prossimo anno.
Quella che viene tradizionalmente rappresentata come una finta banconota gigante che a caratteri cubitali riporta la data, l’importo e la firma del possessore, torna quindi ad essere uno strumento comunemente usato per rimandare un pagamento. Il creditore può far circolare la cambiale o può tenerla, per poi presentarla all’incasso una volta scaduto il termine. Il problema però, sempre più spesso, è che l’imprenditore possa essere costretto all’insolvenza. Ovvero, che non riesca a pagare il credito entro il termine stabilito. In questo caso, quasi sempre, scatta il protesto. E i dati raccolti non sono incoraggianti anche su questo fronte. La metà degli imprenditori che dichiara di aver usato cambiali, circa il 20% del totale, ammette anche di aver ricevuto nel corso della sua storia imprenditoriale almeno un protesto. Indicazioni che sono coerenti con i dati complessivi , quelli raccolti da Cerved e Unioncamere: nell’ultimo anno i dati sui protesti sono in crescita.
Gli ultimi dati Cerved sui protesti e sui ritardi nei pagamenti evidenziano una situazione di difficoltà particolarmente grave nelle regioni del Mezzogiorno e tra le imprese che operano nelle costruzioni e nel terziario. Nel primo trimestre del 2012 si contano oltre 21mila società cui è stato protestato almeno un assegno o una cambiale: il dato segna un deciso aumento rispetto allo stesso periodo del 2011 (+8,1%) e risulta di quasi un terzo maggiore rispetto ai livelli medi osservati in un singolo trimestre pre-crisi. Nei primi tre mesi del 2012, i protesti risultano infatti in aumento con tassi a due cifre nelle regioni centro-meridionali (+13,5% nel Sud e nelle Isole e +10,6% nel Centro), con una diffusione del fenomeno che ha raggiunto livelli preoccupanti nel Mezzogiorno: l’1,4% delle società operative sul territorio ha avuto almeno un assegno o una cambiale protestata tra gennaio e marzo, con un picco dell’1,9% in Calabria. Gli ultimi dati disponibili elaborati da Unioncamere confermano il trend. Indicano per i primi quattro mesi di quest’anno, un incremento del 3% del numero complessivo degli effetti protestati (tra assegni, cambiali e tratte) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente, passando dagli oltre 429mila dei primi 4 mesi del 2011 agli oltre 442mila dello stesso periodo del 2012.