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Pd senza rotta, Bindi si dimette Bersani la segue: “Uno su 4 ha tradito”. Ora si rivota

Pd senza rotta, Bindi si dimette  Bersani la segue: “Uno su 4 ha tradito”. Ora si rivota

Pier Luigi Bersani si è dimesso. “Uno su quattro ha tradito, è inaccettabile”, ha detto ufficializzando la decisione davanti all’assemblea dei grandi elettori Pd, poche ore dopo la quarta fumata nera a Montecitorio per l’elezione del presidente della Repubblica. Con il secondo candidato del centrosinistra bruciato dalle divisioni interne alla coalizione. Bersani ha precisato che le sue dimissioni saranno operative solo dopo l’elezione del nuovo capo dello Stato. “Continuerò a dare una mano. I capigruppo con me devono da subito contattare le altre forze politiche per trovare una soluzione definitiva sul Quirinale. Noi da soli il Presidente della Repubblica non lo facciamo”. E ancora: “Non riesco ad accettare la sconfitta di Prodi”.

Romano Prodi si è fermato a quota 395 voti, nel quarto scrutinio per l’elezione del Presidente della Repubblica, quando il quorum richiesto era di 504, maggioranza assoluta su 1007 elettori. Stefano Rodotà ha ottenuto 213 voti, Anna Maria Cancellieri 78. Voti anche per Massimo D’Alema, 15; Franco Marini, 3; Giorgio Napolitano, 2. I voti dispersi sono stati 7, le schede bianche 15, le nulle 4. Presenti e votanti, 732. Domani alle 10 quinto scrutinio, sarà sempre richiesta la maggioranza assoluta del plenum vale a dire 504 voti. Una bocciatura che deriva da una fronda interna proprio del Pd, che, rispetto a quanto previsto dopo il via libera di questa mattina alla candidatura di Prodi, vede il partito di Bersani perdere per strada cento voti previsti per il Professore. ”La candidatura di Romano Prodi non c’è più, dice a caldo il il sindaco di Firenze, Matteo Renzi, commentando così l’esito della quarta votazione, uscendo da palazzo Vecchio. Parole che precedono di poco quelle dello stesso Prodi: ”Prendo atto che non ci sono le condizioni per una mia elezione a presidente della Repubblica”, dice il Professore dal Mali. ”Ritorno dunque serenamente ai programmi della mia vita. Chi mi ha portato a questa decisione -rimarca l’ex premier- deve farsi carico delle sue responsabilità. Io non posso che prenderne atto”. ”Bisognerà rifletterci un attimo, quello che è certo è che nel Pd c’è un cupio dissolvi micidiale”, dice Paolo Gentiloni replicando ai cronisti che chiedono se la candidatura di Romano Prodi sarà riproposta. ”Marini ieri ha ottenuto 521 voti. Prodi oggi 395. Candidatura Marini è stata ritirata. Che farà ora Pd con Prodi che ha avuto 126 voti in meno?”, scrive su twitter il segretario del Pdl, Angelino Alfano. I grillini escono dall’Aula di Montecitorio trionfanti e non nascondono la loro soddisfazione per la debacle di Romano Prodi e del Pd: “scacco matto”, ripetono all’unisono. Alessandro Di Battista, deputato del M5S eletto nel Lazio, esce con un ghigno di soddisfazione dall’emiciclo, smaccatamente baldanzoso per il risultato conseguito. “E ora – dicono – avanti tutta con Rodotà”.

“Non vorrei essere nei panni di Bersani – dice Andrea Cecconi – spero che ora si dimetterà”. “La nostra – gli fa eco Girolamo Pisano – è una posizione neutrale, restiamo stabili su Rodotà. Non abbiamo un solo motivo per cambiare idea e la base del Pd e’ per” il giurista candidato dai 5 Stelle. “La nostra – aggiunge – e’ un’offerta percorribile per dem e nel momento in cui c’e’ un Presidente ben voluto da tutti, il resto viene tutto piu’ facilmente”. La soddisfazione e’ tangibile, tanto che per la prima volta forse i grillini non avranno neanche il bisogno di riunirsi stasera in assemblea, “usciamo fuori a festeggiare”, dice Angelo Tofalo. Quanto all’incontro con il Pd, “per ora non c’e'”, ripetono piu’ parlamentari sicuri. Ma ne siete proprio certi?, domandano i cronisti. “Certo, perche’ se andiamo lo faremo tutti insieme”.

Una fumata nera -quella della pesante bocciatura di Romano Prodi- che si aggiunge a quelle del terzo scrutinio con Stefano Rodotà che è stato il candidato più votato della mattinata, con 251 voti .Questa mattina Pier Luigi Bersani aveva proposto il nome di Romano Prodi ai grandi elettori del Pdriuniti in assemblea al Capranica. Al nome dell’ex premier, gli elettori si sono alzati in piedi e hanno salutato la proposta con un lungo applauso, approvandola all’unanimità. Conseguentemente Franco Marini aveva ritirato la propria candidatura. Ma la vera incongnita è la conta interna al Pd. Si continua a parlare di malumori nell’area mariniana e soprattutto in quella dalemiana. A Montecitorio circola la voce che alla quinta votazione di domani potrebbe tornare fuori proprio il nome di Massimo D’Alema. Un’ipotesi che potrebbe diventare qualcosa di più di una suggestione se mancassero molti voti a Prodi. “Se mancheranno una decina, quindici voti -si ragiona in ambienti parlamentari Pd- Prodi potrebbe resistere fino alla quinta votazione domani mattina. Ma se i voti che mancano saranno di piu’…”. Forse nemmeno la notte riuscirebbe a ricomporre l’ennesima spaccatura del Pd. Avverte il renziano Matteo Richetti. “Se non passiamo nemmeno su Prodi le tensioni diventeranno davvero profonde”. Previsioni che in serata diventano realtà. Con il Pd che si trova a bruciare di fatto anche il secondo nome proposto. Una bufera nel partito di Bersani che qualcuno dava ormai pronto a gettar la spugna. “No”, dice il capo ufficio stampa Roberto Seghetti ai cronisti che gli chiedono se sia vero che il segretario abbia rassegnato le sue dimissioni. Dimissioni che arrivano poi invece da Rosy Bindi: ”Non sono stata direttamente coinvolta nelle scelte degli ultimi mesi ne’ consultata sulla gestione della fase post elettorale e non intendo percio’ portare la responsabilita’ della cattiva prova offerta dal Pd in questi giorni, in un momento decisivo per la vita delle Istituzioni e del Paese”.