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E il Cavaliere toglie lo stipendio alle 30 “olgettine”. Gli avvocati: troppo alto il rischio di finire agli arresti domiciliari

E il Cavaliere toglie lo stipendio alle 30 “olgettine”. Gli avvocati: troppo alto il rischio di finire agli arresti domiciliari

 Da alcune settimane, Silvio Berlusconi non corrisponde più la paga alle oltre trenta cosiddette “olgettine”. Dalla fine del 2013, a quanto pare, le ragazze che hanno percepito in questi ultimi anni 2.500 euro al mese, in media, hanno visto chiudersi i rubinetti dai conti correnti personali del leader di Forza Italia. Troppo alto il rischio di finire ai domiciliari fin dai prossimi giorni, avrebbero intimato gli avvocati Ghedini e Longo.

Il fatto è che domani con molta probabilità la Procura di Milano deciderà se aprire formalmente le indagini per corruzione di testimone nel filone cosiddetto Ruby-ter. L’eventuale sospetto di reiterazione del reato – il pagamento delle testimoni, appunto – potrebbe fornire ai pm una motivazione valida per la misura cautelare. Il Cavaliere ha preferito dunque correre ai ripari: “Io non le pago più quelle lì ed è bene che si sappia”. La situazione era precipitata quando nei mesi scorsi ben sette delle “papigirls” avevano ammesso in sede processuale di essere stipendiate da Silvio Berlusconi. Si tratta di Marysthelle Polanco, Elisa Toti, Iovana Visan, Eleonora De Vivo, Myriam Loddo, Aris Espinoza e Lisney Barizonte.

Ma il sospetto dei magistrati di Milano, stando a quanto emerso dal processo Ruby e dalle indagini successive, è che a ricevere il “beneficio” siano state almeno una trentina di altre persone poi finite nelle maglie delle indagini. Il leader di Forza Italia vuole anche evitare che possa scattare il sequestro dei conti correnti dai quali sarebbero partiti in questi anni i pagamenti.

Della mossa Berlusconi ha parlato con alcune delle persone più fidate, con i dirigenti del partito, poco prima di partire alla volta del beauty center sul Garda dove si trova da martedì con la Pascale, Giovanni Toti e consorte per buttare giù chili e brutti presentimenti. Ha confidato la preoccupazione che lo attanaglia, ma anche con l’intento di far circolare l’informazione: perché chi debba sapere, sappia che quell’andazzo è finito. Sta di fatto che il clima si è fatto di nuovo pesante, anche nei capannelli forzisti in Transatlantico. La sensazione diffusa è che la vera mannaia potrebbe scendere non tanto il 10 aprile, con l’udienza del Tribunale di sorveglianza di Milano sull’applicazione dei servizi sociali post condanna Mediaset. Ma ben prima, se verrà formalizzata l’apertura dell’inchiesta per corruzione in atti giudiziari e falsa testimonianza e se verrà riconosciuto il rischio di reiterazione del reato.

“Il capo rischia di finire ai domiciliari anche prima se i giudici si convinceranno che il reato c’è stato davvero”, si dicevano ieri mattina alcuni deputati durante la pausa dei lavori. Il nuovo spettro si chiama Ruby-ter. Escluso che il settantesettenne già condannato a quattro anni in via definitiva possa finire in carcere, ma i domiciliari potrebbero integrare le eventuali “esigenze cautelari”. Questo il timore. Che va di pari passo con quello di trovarsi decapitati, privi di leader e del mattatore proprio a ridosso della campagna elettorale per le Europee. Che si aprirà proprio quel 10 aprile, quando si deciderà intanto sui servizi sociali. Figurarsi cosa comporterebbe, la misura restrittiva, se dovesse pesare anche sulla campagna per le Politiche a maggio o comunque tra un anno.

Berlusconi vuole anticipare le tappe rispetto al sipario che comunque scenderà per lui tra 50 giorni. La dieta full immersion di questi giorni, le immagini di ieri dal lago con Toti in abiti bianchi, prelude all’avvio anzitempo della campagna elettorale, con uscite tv e comizi. “Non abbiamo tempo da perdere”, va ripetendo. E le dispute interne al partito le giudica davvero secondarie, comunque risolte a modo suo. Da ieri circola l’ipotesi che possa fare una puntata domenica alla kermesse per il ventennale della “discesa in campo”, organizzata da Raffaele Fitto nella sua Bari dopo l’annullamento di quella nazionale a Roma. Bagno di folla da tremila e passa elettori pugliesi convocati al Palatour del capoluogo. Nessun invito ad altri parlamentari lealisti per non dare l’impressione della convention di corrente, certo l’appuntamento è una risposta al clima da “rottamazione” che spira da Arcore. “Se il presidente ci farà l’onore di esserci saremo entusiasti, sarà il protagonista assoluto – spiega Fitto – Diversamente, celebreremo comunque”.