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Allarme Confcommercio, in Italia gli stipendi sono fermi a 30 anni fa. Calano le spese per pasti e abbigliamento

Allarme Confcommercio, in Italia gli stipendi sono fermi a 30 anni fa. Calano le spese per pasti e abbigliamento

I redditi degli italiani sono fermi a 30 anni fa. Lo rileva Confcommercio nella nota di aggiornamento del Rapporto consumi dell’ufficio studi di piazza Belli. Il reddito disponibile annuo procapite nel 2014 è pari a 17.400 euro, sui livelli del 1986, quando era a 17.200 euro. In poco più di 20 anni i consumi degli italiani sono cresciuti complessivamente soltanto del 12,3% e questa crescita è dovuta esclusivamente alla dinamica positiva dei servizi. La debolezza della domanda interna deriva, quindi, essenzialmente dai consumi di beni che sono fermi da oltre un ventennio. I consumi pro capite, tra il 1992 e il 2014, mostrano uno sviluppo in termini reali inferiore al 6%. Escludendo gli affitti imputati tale variazione cumulata scende a poco più del 4%: è questa la misura di un ventennio perso. Quanto al Pil torna ai livelli del ’97 come anche i consumi. Rispetto al 2007, ovvero al periodo pre crisi, rileva ancora la Confcommercio, i redditi scendono del 2,6%, il Pil a – 3,3% e i consumi a -1,8%.

GIU’ LE SPESE PER PASTI E ABBIGLIAMENTO
Nel corso dell’ultimo anno tutte le categorie e le funzioni di consumo sono state penalizzate e sottoposte a un’attenta revisione da parte delle famiglie. Le diminuzioni più sensibili hanno interessato i pasti in casa e fuori casa (-4,1%) e in particolare l’alimentazione domestica (-4,6%), i viaggi e le vacanze (-3,8%) e la cura di sé e la salute (-3,5%), al cui interno si è registrata la netta flessione della spesa per abbigliamento e calzature (-6,3%).

SPESE OBBLIGATE AI MASSIMI LIVELLI
Si conferma il trend crescente delle spese destinate ai consumi di beni e servizi obbligati. Sale al 41% sul totale dei consumi la quota delle spese incomprimibili, era il 32,3% nel 1992. Crolla l’acquisto di beni commercializzabili, passato dal 51,4% del 1992 al 39,0% del 2014, mentre è in progressivo aumento la parte dei consumi destinati ai servizi commercializzabili che nel 2014 raggiunge il 20%. Era il 16,3% nel 1992. Tra gli obbligati, in poco più di 20 anni è cresciuta significativamente la spesa per l’abitazione, passata dal 17,1% al 23,9% e per l’acquisto di carburanti e di servizi per la gestione dei mezzi di trasporto. Tra i commercializzabili si conferma il progressivo ridimensionamento della spesa per alimentari e bevande, fenomeno che ha caratterizzato anche altri segmenti di consumo considerati “maturi” quali l’abbigliamento e le calzature, i mobili, e l’acquisto di autovetture. Tra il 1992 e il 2014 i prezzi dei beni e dei servizi obbligati sono più che raddoppiati, a fronte di un aumento molto più contenuto dei beni e servizi commercializzabili. Mediamente e in ciascun anno tra il 1992 e il 2014 le dinamiche di prezzo degli obbligati sono state del 63% circa superiori a quelle osservate per l’area dei commercializzabili. Ciò dipende dal fatto che molte delle spese obbligate sono offerte su mercati scarsamente concorrenziali.

IL CODACONS: IL GOVERNO VARI UN DECRETO SALVA-CONSUMI
«I dati di Confcommercio non lasciano spazio ad interpretazioni. In Italia si registra una vera e propria `emergenza consumi´ con effetti a catena sul commercio, sulle imprese, sull’occupazione e sull’economia nazionale». Ad affermarlo in una nota è il Codacons commentando i dati diffusi da Confcommercio. «Alla base di tale situazione critica, i redditi delle famiglie tornati indietro ai livelli di 30 anni fa, e la fortissima perdita del potere d’acquisto subita dai cittadini, che impedisce agli italiani di comprare anche beni indispensabili come gli alimentari», sottolinea l’associazione dei consumatori. Di qui l’innovativa proposta del Codacons al governo: «Chiediamo al Premier Renzi di lavorare subito ad un apposito decreto `salva-consumi´ -spiega il presidente del Codacons, Carlo Rienzi – ossia un provvedimento contenente misure specifiche non solo per aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, ma anche per incentivare gli acquisti in tutti i settori. Come dimostrato dai dati elaborati dal Codacons e da quelli sulle vendite al dettaglio, il bonus da 80 euro non è sufficiente a far ripartire i consumi. Ora servono altre soluzioni».