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Riforma del Lavoro, Renzi ottiene il via libera dal Pd e spacca la minoranza interna. L’80% è con lui

Riforma del Lavoro, Renzi ottiene il via libera dal Pd e spacca la minoranza interna. L’80% è con lui

La linea di Renzi sulla riforma del lavoro passa in direzione: in tarda serata arriva il via libera dal partito con 130 voti, pari all’80% dei consensi, 20 i contrari, 11 gli astenuti. Si spacca la minoranza Pd.

”Il diritto costituzionale non è avere o meno l’articolo 18 ma avere o meno un lavoro”.

In quarantacinque minuti di intervento davanti alla direzione, il premier segretario Matteo Renzi difende la riforma del Lavoro, si dice favorevole a lasciare il reintegro solo davanti ”al licenziamento discriminatorio o disciplinare” e sfida i sindacati a confrontarsi su due temi: ”Legge di rappresentanza sindacale e salario minimo”. Perché, dice a Cgil-Cisl e Uil di “essere disponibile a riaprire la Sala Verde a palazzo Chigi. Anche domani mattina. No, domani mattina c’è la segreteria. La prossima settimana”.

Dobbiamo “votare con chiarezza al termine del dibattito un documento che segni il cammino del Pd sui temi del lavoro e sull’occupazione e ci consenta di superare alcuni tabù che ci caratterizzi con chiarezza”, ha detto aprendo la direzione del Pd, intorno alle 18.

“Le mediazioni vanno bene, il compromesso va bene, ma non si fanno a tutti i costi i compromessi”, ha subito chiarito: In Italia il Pd è il punto di riferimento di una sfida che cambia l’Italia e l’Europa”.

“Gli elettori si sono affidati a noi con questo obiettivo, alle europee il patrimonio che ci hanno consegnato gli elettori non è solo un consenso legato al numerino: 40,8%, 11mln200mila voti. Con il risultato del 25 maggio gli italiani hanno detto, caro Pd l’Italia la devi cambiare tu”, ha spiegato il premier.

Matteo Renzi dice che non lo preoccupano le “trame altrui” e alla Direzione Pd aggiunge: “Non li chiamiamo poteri forti: se lo fossero non saremmo qui adesso, non chiamiamoli poteri immobili visto che peccano di dinamismo. Forse potremmo chiamarli, con un eccesso di stima, poteri aristocratici”.

E ancora rivendica il lavoro fatto: “Noi il 25 maggio abbiamo fermato l’avanzata dell’antipolitica e il fatto che gli italiani abbiano chiesto al Pd di cambiare l’Italia è un fatto rilevante perchè non lo hanno mai chiesto ai governi tecnici”.

Sul tema caldo dell’articolo 18 spiega che “interveniamo sul lavoro per dignità, perchè siamo passati dal 7 al 13% di disoccupazione e senza un intervento sulle regole del mercato del lavoro non si va da nessuna parte: a chi dice che togliendo l’articolo 18 togliamo un diritto costituzionale rispondo che il diritto costituzionale sta nel fatto di avere un lavoro”.

“Ci siamo fermati in questi anni davanti all’impressione di un totem, di un tabù”. Un tabù che ha portato l’Italia ad essere “non una Repubblica fondata sul lavoro ma sulle rendite di posizione. Il lavoro non si crea difendendo regole di 44 anni fa, ma innovando. Dobbiamo avere il coraggio di andare all’attacco”.