Renzi da Barbara D’Urso: “Dal prossimo anno gli 80 euro di bonus mensile andranno anche a tutte le mamme!”
Il premier Matteo Renzi ha trovato lo spazio per una notizia nella chilometrica performance che lo ha visto protagonista ieri pomeriggio su Canale 5:
«Dal prossimo anno gli 80 euro di bonus mensile andranno anche a tutte le mamme, o i papà, per i primi tre anni di vita del loro figlio che nascerà nel 2015 – ha rivelato Renzi all’intervistatrice Barbara D’Urso – So cosa significa comprare pannolini e biberon. È una misura che non risolve un problema ma è un segnale».
In serata, da Palazzo Chigi sono filtrati anche alcuni dettagli dell’operazione come il tetto di reddito piuttosto alto (90 mila euro lordi) oltre il quale il bonus non scatterà e anche la somma stanziata dal Tesoro che ammonta a 500 milioni per il 2015. Per ora non si conoscono le disponibilità ufficialmente previste per gli anni successivi che dovrebbero essere pari al doppio per il secondo anno (ai bambini del 2015 si sommeranno quelli del 2016) ed al triplo il terzo, per un totale di 1,5 miliardi. Cifra che si stabilizzerebbe dal 2018, con un’uscita costante di 1,5 miliardi, visto che da quell’anno non si verseranno più i 500 milioni ai nati nel 2015. La misura pro-mamme che non è piaciuta al segretario della Lega Matteo Salvini che ha diffuso una nota per definirla platealmente una «presa per il c…..».
Oltre che alle famiglie, Renzi ha lanciato un altro segnale importante. Alle Regioni. Verso le quali mantiene un atteggiamento di freddezza: «Protestano? Gli passerà….». Poche parole che tornano a respingere al mittente il fortissimo disagio mostrato dalle Regioni di fronte all’improvviso taglio di 4 miliardi delle loro risorse previste per il 2015.
IL RACCONTO & GLI APPLAUSI
Renzi i presidenti delle Regioni li mette dietro alla lavagna così: «E’ una vergogna anche solo dire che ci saranno tagli alla Sanità». «E’ impossibile – dice – che i servizi delle Asl agli anziani o a chi soffre di malattie terribili come la Sla possano diminuire mentre ci sono spese che possono tranquillamente diminuire».
Il resto del Renzi-pensiero scorre lungo l’asse del marketing politico e si trasforma in una lunga difesa del carattere espansivo della manovra e della sua volontà di varare le riforme lanciata – a pochi giorni dallo sbarco in Parlamento della Legge di Stabilità – dal trampolino di una trasmissione seguita soprattutto dalle famiglie dell’Italia profonda.
«Sono arrabbiati un pò tutti – spiega Renzi trasformando in consenso per sé le grandi resistenze che dovrà superare – Regioni, sindacati, magistrati. Io, certo, non ho la verità in tasca ma il governo non è un giocattolino: noi siamo al governo da 8 mesi e o tutti facciamo uno sforzo insieme restituendo i soldi ai cittadini o non c’è futuro».
Il racconto di Matteo Renzi, poi, sposa una retorica molto diretta, chiara, al limite del semplicismo, destinata ad un pubblico senza troppi grilli per la testa. «Per la prima volta – sottolinea – una manovra taglia 18 miliardi di tasse». «Siccome per vent’anni hanno sempre pagato le famiglie – chiama l’applauso – Ora se iniziamo a fare un pò di tagli ai ministeri e alle Regioni, non è che si possono lamentare». E l’applauso scatta. Condito con gli immancabili selfie post-trasmissione. In mezzo Renzi fa un riferimento al taglio dell’Irap («Aiuta le imprese e mette a dieta lo Stato»), alle tante riforme compresa quella delle Unioni civili e chiude così: «Se potessi farle da solo sarebbero già varate a dicembre ma non siamo in una dittatura».
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