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Processo Stato-mafia: i legali di Riina potranno interrogare Napolitano sui fatti del 1993. La Corte d’Assise di Palermo autorizza nuove domande

Processo Stato-mafia: i legali di Riina potranno interrogare Napolitano sui fatti del 1993. La Corte d’Assise di Palermo autorizza nuove domande

Nell’udienza di ieri, il pubblico ministero Nino Di Matteo aveva chiesto alla corte d’assise di poter rivolgere domande al capo dello Stato anche su un vecchio rapporto del servizio segreto militare, che nel 1993 riferiva del rischio di un attentato proprio contro Napolitano, all’epoca presidente della Camera. “La vicenda, emersa di recente, è connessa al tema dell’audizione — aveva spiegato il magistrato — ovvero, la lettera del consigliere D’Ambrosio, che sul 1993 esprimeva perplessità”. Oggi, il collegio presieduto da Alfredo Montalto rileva con una ordinanza che quella documentazione è “rilevante”, ed è dunque “ammessa” agli atti del processo. Sarà quindi utilizzabile per le domande a Giorgio Napolitano nella sua audizione di martedì prossimo. “Si riferisce infatti a un periodo in cui il teste non ricopriva la carica di presidente della Repubblica”, spiega l’ordinanza della corte. “In questo senso non ci sono limiti previsti dalla sentenza della corte costituzionale”. Limiti che invece potrebbero arrivare alle domande se il capo dello Stato avesse saputo di quelle minacce durante il suo incarico al Colle, “anche per attività informali”, precisa la corte.

Il rapporto del Sismi è stato consegnato nei giorni scorsi dalla procura di Firenze a quella di Palermo. A recuperare il documento era stato nel 2002 il pm della direzione nazionale antimafia Gabriele Chelazzi, che qualche mese dopo morì per un infarto. Nessuno aveva più saputo niente della nota del Sismi, che è stata ritrovata nelle scorse settimane in un archivio della procura di Firenze.

Sui fatti del 1993 anche il legale di Totò Riina, Luca Cianferoni, potrà fare domande al capo dello Stato, come se fosse un testimone citato dalla difesa. La corte ha infatti ammesso “l’esame” da parte dell’avvocato del capomafia.

L’ordinanza della corte precisa a questo punto che il presidente “potrà anche revocare” la sua disponibilità a testimoniare, “la corte ne prenderà atto”.