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Reggio Calabria, Falcomatà (Pd) è il nuovo sindaco con il 61% dei voti. Il M5S raccoglie solo il 2,5%

Reggio Calabria, Falcomatà (Pd) è il nuovo sindaco con il 61% dei voti. Il M5S raccoglie solo il 2,5%

Giuseppe Falcomatà, 31 anni, figlio dell’ex sindaco Italo, è il nuovo primo cittadino di Reggio Calabria. Sostenuto da Pd, Sel, Psi, Centro democratico e varie liste civiche, ha sbaragliato gli avversari al primo turno conquistando il 60,99% dei voti (58.171 preferenze). Si è votato solo domenica fino alle 23. Lo spoglio è stato estremamente lento ed è terminato intorno alle 10 del mattino. Nel tweet del Pd locale le prime immagini del sindaco che festeggia con i suoi sostenitori.

E dichiara in un’intervista a Rainews24 in riferimento al suo impegno antimafia e anti ‘Ndrangheta: “Non abbiamo padrini né padroni”.

Molto distante Lucio Dattola – in corsa per Fi, Ncd, Fdi – che si ferma al 27,33%. Vero e proprio flop per il Movimento 5 Stelle e il suo candidato Vincenzo Giordano, che ha preso solo il 2,5% delle preferenze. Il candidato grillino è stato superato da Paolo Ferrara (3,17%) sostenuto da alcune liste civiche. Tutti sotto il 2% gli altri candidati Aurelio Chizzoniti e Giuseppe Musarella.

Per Rosy Bindi, presidente della commissione parlamentare antimafia, “a Reggio Calabria si volta pagina e vince la buona politica e la speranza del cambiamento. Il risultato di Falcomatà è la risposta coraggiosa a chi vuole negare futuro alla città e alla Calabria”.

Come detto, il giovane Falcomatà è il figlio dell’indimenticato sindaco Italo, che segnò la stagione della primavera reggina e morì prematuramente nel 2001 per una leucemia. “Il confronto con mio padre – spiega il neosindaco –
per me non è un peso ma un punto d’orgoglio”. Avvocato, ex capogruppo del Pd in consiglio comunale dopo una esperienza in consiglio circoscrizionale, il giovane Falcomatà eredita un comune commissariato per mafia, con una situazione finanziaria disastrosa.

“Un’altra città che cambia verso dopo anni di mal governo del centrodestra – commenta il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini -Al giovanissimo sindaco e al Pd reggino e calabrese vanno i nostri complimenti. Il successo di Reggio Calabria rappresenta un buon viatico per le elezioni regionali di novembre”.

Al voto ieri anche San Cipriano d’Aversa, comune della provincia di Caserta, dopo due anni di gestione commissariale per lo scioglimento per infiltrazioni camorristiche. Il nuovo sindaco è Vincenzo Caterino, commercialista di 49 anni sostenuto dalla lista civica “San Cipriano che vorrei”. Caterino ha ottenuto il 35,63% dei consensi per un totale di 2789 voti, e ha preceduto Margherita Iovine, prima donna a presentarsi come candidato sindaco, appoggiata dalla civica “San Cipriano bene comune” e fermatasi al 28,47% (2229 voti).

A Reggio Calabria l’affluenza è stata del 64,93% (dieci punti in meno del 2011), mentre a San Cipriano D’Aversa si è registrato un 76,76%, un calo di cinque punti rispetto all’81% delle ultime elezioni.

Sia Reggio Calabria che San Cipriano D’Aversa sono andate ieri alle urne dopo due anni di giunta commissariale, visto che le amministrazioni elette rispettivamente nel 2011 e nel 2010 erano state sciolte per infiltrazioni mafiose.

A ottobre del 2012 il ministero dell’Interno ha sciolto il comune sullo Stretto stabilendo che a Reggio non c’era solo il rischio di infiltrazioni mafiose, ma che la mafia era già nelle stanze del comune e che esisteva una “linea di contiguità” con la classe politica. Le inchieste hanno svelato il marcio nascosto dietro la patina del “Modello Reggio”: consiglieri comunali arrestati, politici che parlavano con i boss, due società municipalizzate (la Leonia e la Multiservizi) infiltrate dalle cosche, altre aziende a capitale pubblico sommerse dai debiti come l’Atam (l’azienda di trasporto cittadino) e sull’orlo del fallimento, ma soprattutto i bilanci comunali truccati, falsi almeno quanto gli spot che pubblicizzavano una città che nella realtà non esisteva.

Lo scioglimento per condizionamenti di camorra nel comune campano, limitrofo a Casal di Principe, è avvenuto in seguito all’arresto del sindaco Enrico Martinelli, finito in carcere il 13 marzo 2012. Per gli inquirenti il primo cittadino ebbe rapporti con il clan del boss omonimo, il cugino Enrico Martinelli, durante il suo mandato iniziato nel marzo 2010. Il nome del sindaco era comparso in un “pizzino” che il boss Martinelli inviò all’ex sindaco di Villa Literno, e consigliere regionale campano, Enrico Fabozzi, attraverso il quale gli intimava di assegnare un appalto pubblico a una ditta.