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Omicidio di Ragusa, il piccolo Loris ucciso con una fascetta da elettricista. Continuano i dubbi sulla versione della mamma

Omicidio di Ragusa, il piccolo Loris ucciso con una fascetta da elettricista. Continuano i dubbi sulla versione della mamma

Sarebbero compatibili con quella utilizzata per strangolare Loris le fascette di plastica che la mamma del bambino ha consegnato nel pomeriggio di lunedì scorso, assieme ad altro materiale scolastico che apparteneva al piccolo, alle sue due maestre. Per avere un riscontro definitivo occorreranno giorni.

Intanto a sei giorni dal ritrovamento del corpo di Loris Stival, il bambino di 8 anni di Santa Croce Camerina (Ragusa) trovato morto con una fascetta da elettricista stretta intorno al collo, le indagini si concentrano sulle apparenti contraddizioni nel racconto della madre. La donna tuttavia, ha sottolineato il suo legale, è stata sentita come persona informata dei fatti e non è indagata.

I primi accertamenti effettuati dalla Scientifica e dal medico legale farebbero ritenere le fascette di plastica compatibili con i segni trovati sul collo di Loris. Il responso però non è ancora definitivo perché esami sono in corso per avere un esito certo e definitivo. Le fascette di plastica, secondo quanto confermato anche dal dirigente scolastico della Falcone-Borsellino dove andava Loris, Giovanna Campo, sarebbero state consegnate alle due mastre del piccolo nel pomeriggio di lunedì scorso, quando si sono recate a trovarla a casa per farle le condoglianze. Campo ha escluso «che a scuola siano state chieste fascette: sono oggetti pericolosi» e «nessuno ne ha portate in aula, se non di nascosto».

Secondo questa ricostruzione, le insegnanti si sarebbero sorprese perché non avevano richiesto mai l’utilizzo di fascette di plastica per esperimenti scolastici, ritenendole pericolose. Per questo hanno successivamente informato gli investigatori, consegnando loro tutto il materiale che avevano ricevuto dalla mamma di Loris.

«Il papà di Loris, su pressioni della mamma, ci ha dato una confezione, aperta, di fascette di plastica bianche, sostenendo che sarebbero dovute servire al bambino nei lavori in classe proprio il giorno in cui era scomparso», ha ricordato la maestra Teresa Iacona. «Noi – ha aggiunto – siamo rimaste sorprese perché non avevamo mai chiesto di portarle, perché sono pericolose, e non era previsto il loro utilizzo a scuola. La mia collega ha chiamato la polizia e successivamente le abbiamo consegnate in Questura. Nessuno mai a scuola ha chiesto fascette per esperimenti».

«Mentre parlavamo con la madre – ha ricordato l’insegnante – ci ha detto che c’erano queste fascette che a suo dire noi avevamo chiesto di comprare per fare esperimenti, era una confezione aperta. È stata la madre a sollecitare il padre dicendogli: “valle a prendere”. Lui le ha portate e noi ci siamo molto sorprese, meravigliate, non avevamo mai chiesto una cosa del genere, per questo abbiamo deciso di informare gli investigatori. È importante fare chiarezza – ha aggiunto Teresa Iacona – perché a scuola materiale pericoloso non è mai entrato».

Loris sarebbe morto nella mattina di sabato scorso proprio a causa di una fascetta di quelle utilizzate dagli elettricisti stretta attorno al collo. Dove è stato ucciso, però, è ancora un mistero. Il cadavere del piccolo è stato trovato nel fosso di Mulino Vecchio a Santa Croce Camerina.

L’elemento nuovo, che potrebbe fornire ulteriori spunti d’indagine per fare luce su quel che è accaduto, sarebbe emerso da una rilettura dei primi esiti dell’autopsia. La causa della morte resta infatti quella dell’«asfissia da strangolamento» ma cambia il modo in cui è stata provocata: non più a mani nude, come avevano ipotizzato gli inquirenti e gli investigatori in un primo momento, ma appunto con un laccio di plastica. Ma non finisce qui: gli esami hanno anche evidenziato dei graffi sul viso e sul collo del bambino. E questi ultimi, secondo quanto si apprende, potrebbero essere stati provocati da un oggetto utilizzato per tagliare la fascetta dopo che questa era stata stretta al collo.

Tra l’altro, nel corso dei rilievi effettuati nell’abitazione degli Stival in questi giorni, sono state sequestrate un paio di forbicine che ora saranno esaminate per verificare se siano compatibili con i graffi sul collo di Loris. Quando è stato ritrovato, inoltre, il bambino indossava tutti gli abiti che aveva quella mattina, compreso il grembiule di scuola, e gli unici elementi che mancavano e che ancora mancano sono gli slip e lo zainetto blu con le cinghiette gialle.

In attesa degli esiti definitivi di tutti gli esami disposti, polizia e carabinieri sono tornati a scavare nel racconto fatto dalla madre di Loris, Veronica Panarello, che presenterebbe diverse contraddizioni. Almeno 3, stando ai due verbali che la donna ha firmato fino a oggi. La prima riguarda la distanza dalla scuola alla quale è stato lasciato Loris: 500 metri nella prima versione, una decina nella seconda.

C’è poi il discorso relativo al corso di cucina, dove in un caso la donna dice di esserci andata subito dopo aver lasciato il figlio piccolo alla ludoteca e in un altro di esser passata prima da casa per delle «faccende domestiche». E infine, il sacchetto della spazzatura gettato in strada lungo un percorso che non ha nulla a che fare con la scuola di Loris ma è invece più compatibile con la strada per il Mulino Vecchio: un episodio che non viene mai raccontato nel primo dei due verbali.

Proprio per questi motivi, polizia e carabinieri si sono presentati ieri ancora una volta a casa degli Stival per ripercorrere assieme a Veronica la strada fatta quella mattina con la Polo nera. Un’iniziativa della procura per cercare di chiarire le discordanze emerse dal racconto. La mamma di Loris è così salita a bordo di una delle due auto della polizia e ha rifatto la strada tra la casa di via Garibaldi e la scuola Falcone e Borsellino frequentata dal bimbo, passando anche per il punto dove sarebbe stato gettato il sacchetto dei rifiuti, per la ludoteca dove ha lasciato il figlio piccolo e, infine, per la tenuta di Donnafugata dove Veronica ha partecipato al corso di cucina. Affranta e provata, la donna è poi tornata in questura a Ragusa per firmare il verbale.