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Rublo e petrolio, si arresta la caduta libera ma i russi cominciano ad avere paura. Borse europee in alto, Milano a + 3,2%

Rublo e petrolio, si arresta la caduta libera ma i russi cominciano ad avere paura. Borse europee in alto, Milano a + 3,2%

Le misure contro-shok hanno funzionato: petrolio e rublo hanno frenato la caduta libera. Chiusura in volata per le Borse europea con il mini rimbalzo del petrolio e nonostante la pericolosa svalutazione del rublo che ha portato a un intervento inatteso della Banca centrale russa, che ha mosso i tassi nella misura maggiore dal 1998, quando di fatto ci fu il default di Mosca sul debito. L’Istituto centrale ha deciso di far salire il costo del denaro dal 10,5 al 17 per cento, generando un rimbalzo immediato della divisa russa che però ben presto si è disperso nel vuoto. Il rublo è tornato così a perdere colpi nei confronti di euro e dollaro, crollando fino a 100 verso la moneta unica e a 80 sul biglietto verde (i cambi in diretta). Solo sul finale di seduta si arresta la caduta del prezzo del petrolio: per la prima volta dal luglio del 2009 il Wti è scivolato sotto i 55 dollari al barile prima di risalire in area 57 dollari, mentre il Brent sotto i 59 dollari, salvo poi riguadagnare quota 60 dollari (le quotazioni).

La Banca centrale di Mosca, che ha già speso 80 miliardi di riserve nel tentativo di difendere il rublo, con il sesto rialzo dei tassi da marzo ad oggi spera anche di frenare l’inflazione. Ma secondo gli analisti, l’economia russa non sarà in grado di sostenere a lungo questo livello di tassi, perché già colpita pesantemente dalle sanzioni occidentali che hanno seguito la guerra in Ucraina, oltre che dallo stesso calo del valore del petrolio e dalla massiccia fuga di capitali, oltre 100 miliardi di dollari. ”Questa mossa simboleggia la resa” del tentativo di sostenere “la crescita economica in nome del preservare il sistema finanziario”, spiega a Bloomberg il gestore Ian Hague. In ogni caso, ”è la mossa giusta da fare, e non era facile farlo”.

In questo clima di forte instabilità, le Borse europee vivono una giornata sull’ottovolante con un crollo verticale a metà seduta, prima di registrare una chiusura in volata con Piazza Affari sugli scusi. A condizionari gli alti e bassi sono stati in mattinata i dati negativi provenienti da Francia e Germania; il miglioramento del Pmi dell’Eurozona e le indicazioni positive dell’indice Zew ed ora arretrano. A Piazza Affari, il Ftse Mib chiude in rialzo del 3,27%  dopo essere arrivata a perdere oltre l’1,3%. Wall Street si unisce al buon umore innescato dal rimbalzo del petrolio: il Dow Jones sale dell’1,2% come l’S&P 500, mentre il Nasdaq avanza dello 0,7%. Sulle montagne russe anche le banche, con Mps e Bpm che volano in chiusura. Tra gli altri titoli tricolori Fca è ben comprata con grazie al +3,7% delle immatricolazioni in Europa a novembre, contro il +1,4% del mercato. Volano anche le altre Borse europee: Francoforte sale del 2,39%, Parigi del 2,12% e Londra del 2,4%. I fari sono ora puntati sul Federal Open Market Committee (Fomc), il braccio di politica monetaria della Fed che oggi dà inizio alla riunione che terminerà domani. Sono attesi riferimenti non solo sulla tempistica con cui potrebbe iniziare ad alzare i tassi di interesse nel 2015 ma anche sul tonfo del petrolio.

Come accennato, dal fronte macro arrivano indicazioni deboli sui Pmi manifatturiero, dei servizi e composito nell’Eurozona. In Germania, ad esempio, l’indice scende a sorpresa a 51,4 punti, deludendo le aspettative degli analisti per un rafforzamento a 52,3 punti. Pesa soprattutto la componente dei servizi. Un valore superiore a 50 indica un’espansione della produzione, mentre un livello inferiore del Pmi indica una contrazione dell’economia. Anche in Francia non vengono centrate le attese, con il Pmi manifatturiero in calo ulteriore a 47,9 punti. A differenza della Germania, però, i servizi permettono all’indice generale transalpino di risalire ai massimi da quattro mesi a 49,1 punti. Qualche spiraglio positivo arriva dal dato complessivo della zona euro, con l’indice composito in recupero a 51,7 punti, valore massimo da due mesi. Positivo, di nuovo dalla Germania, anche l’andamento dell’indice Zew sulla fiducia verso il clima economico: si attesta a 34,9 punti, da 11,5 del mese precedente, superando ampiamente le previsioni.

Con questi dati sullo sfondo, il neo presidente della Commissione Ue, Jean-Claude Juncker, è chiamato alla presentazione dei suoi piani per il rilancio. Intanto, la bilancia commerciale italiana ha segnato a ottobre un attivo in aumento a 5,397 miliardi e nei 10 mesi a 33,602 miliardi. In Gran Bretagna, si registra la frenata dei prezzi al consumo a novembre: l’inflazione è scesa su base mensile dello 0,3% mentre su base annua l’incremento è dell’1%. Negli Usa, invece, l’indice Pmi manifatturiero frena a 53,7 punti e pur essendo sopra la soglia 50 è ai minimi da 11 mesi a questa parte.

A Oriente, la produzione manifatturiera della Cina ha rallentato in dicembre, secondo i dati provvisori diffusi oggi dalla Hong Kong and Shanghai Banking Corporation (Hsbc). L’indice Pmi si stabilizzerà sul 49,5, il livello più basso dal mese di maggio, quando aveva segnato il 49,4.

Male, in mattinata, la Borsa di Tokyo: a 48 ore dalle elezioni giapponesi l’indice Nikkei ha chiuso in forte perdita al minimo da sei settimane e mezza. Anche la Piazza nipponica è spinta in basso dal crollo del prezzo del petrolio, che per gli investitori è sintomo di un rallentamento della crescita globale, che non potrà non avere effetto sulle esportazioni nipponiche. Di contro, lo yen e i bond governativi nipponici sono cresciuti di valore perché considerati nel ristretto lotto dei beni rifugio. Lievita anche il prezzo dell’oro, che avanza del 2,5% a 1.221,40 dollari l’oncia. Il Nikkei ha ceduto il 2,01% e chiuso a quota 16,755.32. Nel complesso, l’indice Msci Asia Pacific tratta ai minimi da due mesi. Discorso opposto per Shanghai, che continua a macinare record e chiude sui livelli massimi da aprile 2011.

Seduta in rialzo per l’euro nei confronti del dollaro: la moneta europea chiude a 1,2510 dollari, dopo essere volata ai massimi da tre settimane a 1,2570 dollari. Il cambio dollaro/yen scende a 116,75, dopo aver toccato un minimo da un mese a 115,56. L’euro/yen si attesta a 146,01, dopo un minimo a 144,92. Bene il franco svizzero che sale fino a 1,2002 sull’euro. Lo spread tra Btp e Bund è stabile a quota 139 punti base, con il rendimento del decennale italiano all’1,99%.