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Roma, all’età di 83 anni si è spenta Anita Ekberg, celebre il suo bagno nella Fontana di Trevi in “La Dolce Vita”

Roma, all’età di 83 anni si è spenta Anita Ekberg, celebre il suo bagno nella Fontana di Trevi in “La Dolce Vita”

Anita Ekberg, la diva svedese simbolo della Dolce Vita, se n’è andata a 83 anni sola, povera e malata in un ospedale di Rocca di Papa.

Nel 1960 il bagno nella fontana di Trevi con Mastroianni, la sua bellezza giunonica, la frase “cult” «Marcello, come here» (Marcello vieni qui), l’incanto abbagliante della Roma notturna, proiettarono l’attrice e il capolavoro di Fellini nella leggenda. E contribuirono a fare della “dolce vita” un periodo storico ancora oggi citato, rivisitato, rimpianto. Anita, soprannominata Anitona da Fellini, con il maestro aveva poi girato altri tre film: un episodio di Boccaccio ’70 (era l’ossessione erotica del moralista Peppino De Filippo), I clown, Intervista. Aveva continuato a lavorare con altri registi, sia in Italia sia in America, e interpretato qualche fiction come Il bello delle donne. Da oltre trent’anni viveva ai Castelli Romani, in una villa alle porte di Genzano in compagnia di due cani, i disegni di Fellini, delle maschere africane e un mare di ricordi.

GLI AMORI

Mezzo secolo fa la sua vita è stata la quintessenza del divismo: le copertine, i paparazzi, la Ferrari d’argento, gli amori turbolenti. Sposata e divorziata due volte (prima con l’attore inglese Anthony Steele, poi con l’americano Erik Van Nutten), aveva collezionato dei flirt eccellenti: con Frank Sinatra che avrebbe voluto portarla all’altare (ma lei rifiutò), con Dino Risi, con Gianni Agnelli. Quest’ultima love-story, la Ekberg si decise a rivelarla solo dopo la morte dell’Avvocato: «E’ stato l’uomo più importante della mia vita», spiegò. La sua filmografia conta una settantina di titoli, ma la fama e il mito di Anitona rimangono indissolubilmente legati alla Dolce Vita: un privilegio e al tempo stesso una condanna, per l’attrice, che dai fasti del successo era progressivamente scivolata in una vecchiaia solitaria e funestata dall’indigenza. «Fellini è diventato famoso grazie a me e non viceversa», continuava a ripetere con la sua voce roca e l’accento straniero marcato, man mano che il suo corpo si appesantiva e il ricordo degli anni d’oro si faceva più straziante. Nel 2011, dopo l’irruzione dei ladri nella sua villa, la Ekberg chiese la Legge Bacchelli, che non ottenne perché non era italiana, e un contributo alla Fondazione Fellini. Non lavorava più e non ce la faceva a tirare avanti. Ad aiutarla fu la generosità di alcuni privati. La sua parabola amara ha avuto l’epilogo ieri mattina nella clinica San Raffaele di Rocca di Papa, dove l’attrice era ricoverata da mesi per i postumi delle fratture di entrambi i femori. L’ultima apparizione pubblica risale al 2010, al Festival di Roma che celebrava il restauro della Dolce Vita: la diva svedese fece il red carpet appoggiandosi al bastone tra le ovazioni della folla. E fu la prima a stupirsi che la gente l’amasse ancora tanto. Ormai in sedia a rotelle, Anita veniva accudita dalle suore dell’ospedale, da una signora di Genzano, Maria, e dalla persona che amava come una figlia: Anne-Louice Dahlgren, l’addetta culturale dell’Ambasciata di Svezia, temporaneamente rientrata in patria dove ha appena avuto un bambino. «Anita è morta felice per la nascita del piccolo che considerava il suo nipotino», racconta da Stoccolma, in lacrime, Anne-Louice. «L’ho chiamato Adolfe Manolo, come voleva lei. E le sue ultime parole al telefono sono state per me: “ti amo tanto”, mi ha detto».

HOLLYWOOD

Anita era nata a Malmö il 29 settembre 1931 e a vent’anni diventò Miss Svezia. Il potente produttore Howard Hughes le spalancò le porte di Hollywood dove l’attrice interpretò una decina di film (tra i quali Viaggio sul pianeta Venere accanto a Gianni e Pinotto, Artisti e modelle con Jerry Lewis e Dean Martin) e vinse un Globo d’oro come migliore emergente. Fellini la intercettò a Roma, dov’era venuta a girare Guerra e pace di King Vidor. «Mi propose di interpretare la Dolce vita ma mi spiegò che non esisteva una sceneggiatura, avremmo improvvisato. Pensai che era pazzo ma firmai il contratto», raccontava la Ekberg. Il resto è storia. Anita gira il capolavoro di Fellini e diventa una star. Poi rimane sola, senza più soldi né un compagno. Si ammala e smette di essere autosufficiente. I funerali verranno celebrati martedi o mercoledi a Roma con rito luterano. Poi Anitona verrà cremata e le ceneri torneranno a Malmö. Toccherà ai notai aprire il testamento e stabilire a chi andrà la villa dei Castelli. Ma l’eredità che rimane al mondo è il ricordo di una diva-icona che con la sua femminilità esplosiva ha riempito l’immaginario di un secolo. E non sarà mai dimenticata.