• Home »
  • Politica »
  • Post voto al Quirinale, Alfano: “Io non tratterrò nessuno come non ho costretto nessuno a venire… chi ci sta ci sta”

Post voto al Quirinale, Alfano: “Io non tratterrò nessuno come non ho costretto nessuno a venire… chi ci sta ci sta”

Post voto al Quirinale, Alfano: “Io non tratterrò nessuno come non ho costretto nessuno a venire… chi ci sta ci sta”

La spaccatura interna al suo partito è profonda, ma nell’immediato Angelino Alfano sceglie di gestirla così: “Ho deciso io di votare Sergio Mattarella come presidente della Repubblica. Sono convinto di aver fatto bene anche se questo ha creato malumori nel mio partito. Io non tratterrò nessuno come non ho costretto nessuno a venire… chi ci sta ci sta”. Dichiarazioni che il leader del Nuovo centrodestra pronuncia in serata al Tg1. “Noi – ha proseguito Alfano – al governo ci rimaniamo per affrontare le nostre battaglie”.

A questo punto, dice ancora il titolare del Viminale, “faremo sentire forte la nostra voce all’interno dell’esecutivo, a partire dalla riforma delle Popolari e i decreti sul Jobs act”.

Parole, quelle del ministro, che arrivano all’indomani dell’elezione di Mattarella e che lanciano un messaggio a chi, prima della quarta votazione per il Colle, ieri mattina aveva sollevato mugugni e malumori. A partire dal presidente dei senatori di Ncd, Maurizio Sacconi, che proprio durante lo scrutinio ha annunciato – in chiaro disaccordo con i vertici del partito – le proprie dimissioni dall’incarico. A ruota, arrivava pure il passo indietro di Barbara Saltamartini che decideva di lasciare il ruolo di portavoce. In forse è rimasta Nunzia De Girolamo, capogruppo di Ncd a Montecitorio. Fibrillazioni che si acuivano dopo che l’assemblea di Area popolare (Ncd più Udc) aveva sancito il via libera alla candidatura di Mattarella – e dunque l’appoggio incondizionato al nome proposto dal premier e segretario Pd, Matteo Renzi – e abbandonato l’opzione scheda bianca caldeggiata sino a quel momento.

Va detto, tuttavia, che – in virtù del voto segreto – dentro Ncd la disobbedienza non è mancata. A conti fatti, se è vero che Forza Italia si è spaccata con almeno 30-40 ‘franchi soccorritori azzurri’ che hanno optato per Mattarrella anziché convergere sulla scheda bianca come da indicazioni di Silvio Berlusconi, è anche vero che neanche il blocco degli alfaniani si è mostrato compatto: al contrario di quanto accaduto dentro Fi, in Ncd alcuni franchi tiratori hanno storto il naso dinanzi al nome di Mattarella e consegnato la scheda in bianco.

Nonostante le defezioni, tuttavia, il grosso di Ap è confluito su Mattarella (che con 665 consensi ha sfondato ampiamente il quorum) anche grazie ai continui contatti e colloqui tra Renzi e il ‘suo’ ministro Alfano. Ma è proprio il nodo delle riforme quello su cui, archiviato lo scoglio Quirinale, ora il governo è chiamato a ingranare la marcia.

E sulle riforme è una Forza Italia indebolita e dilaniata (tra accuse a Denis Verdini e Gianni Letta per la gestione della partita sul Quirinale) quella che tenta di alzare la voce per cercare di dare filo da torcere. A vacillare è il patto del Nazareno – per dirla con Pier Luigi Bersani: a quel patto “un colpetto gli è stato dato” – visto che gli azzurri accusano Renzi di averlo tradito scegliendo un nome non condiviso. Ma qui c’è l’equivoco, spiega il ministro Maria Elena Boschi: “Il patto non lo abbiamo tradito, perché riguarda solo legge elettorale e riforma costituzionale. E basta. Facciamo accordi trasparenti, non siamo sotto ricatto di nessuno”. I temi sul tavolo sono tanti, a partire da pubblica amministrazione e giustizia, per non parlare dell’Italicum (che deve tornare alla Camera dopo l’approvazione al Senato) da varare entro aprile. E poi bisogna anche chiudere sulle riforme istituzionali: l’obiettivo è finire in fretta la seconda lettura della riforma del Senato.

A Palazzo Chigi la convinzione è che Berlusconi non arriverà a rompere gli accordi stretti. Ma se una rottura si dovesse mai consumare, è l’avvertimento lanciato dalla Boschi, “Forza Italia non è fondamentale. I numeri ci sono comunque, la maggioranza è solida”. Il concetto agli azzurri non piace neanche un po’: “Boschi – dice Giovanni Toti, consigliere politico di Fi – non deve essere forte in matematica: siamo determinanti, lo strappo sul Colle non può non avere conseguenze”.

Dalla fronda azzurra è Raffaele Fitto a dire: “Che Renzi voglia più forni mi pare cosa furba. Il problema sarebbero i ‘fornai’ che ancora gli credessero”. Per intendersi, in questi giorni le maggioranze che si sono mosse sulla scena politica sono tre: la prima è quella di governo, la seconda è quella con democratici (minoranza compresa), Sel ed ex grillini, la terza è quella sulle riforme che ha in Berlusconi uno dei protagonisti.

Ma il timore dentro Fi è che anche temi come i decreti fiscali possano essere elementi di pressione sul leader Fi. Li affronterà il Consiglio dei ministri del 20 febbraio, ribadisce la Boschi, che difende la norma sul 3% e nega si tratti di un “favore” all’ex Cav.

Inoltre, dall’esecutivo vengono smentite anche ipotesi di rimpasto tra i ministri: sarà sostituito, viene assicurato, solo il ministro Maria Carmela Lanzetta (e in pista ci sarebbe anche Vasco Errani). Ma se Maurizio Lupi dovesse decidere, come gli chiedono alcuni colleghi, di lasciare il governo per prendere in mano il partito, potrebbe aprirsi un giro di poltrone ben più ampio.