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Il mercato del latte italiano sempre più in crisi: in 32mila hanno perso il lavoro. Mobilitazione in tredici città con mucche e trattori

Il mercato del latte italiano sempre più in crisi: in 32mila hanno perso il lavoro. Mobilitazione in tredici città con mucche e trattori

«In media le mie mucche producono dai 18 ai 20 quintali di latte al giorno. Per farlo perdo 200 euro al giorno rispetto all’anno scorso: 6000 euro in meno al mese, 72 mila all’anno». I conti di Davide Rosso, allevatore di Scalenghe in provincia di Torino, raccontano le difficoltà di un’azienda agricola a conduzione familiare che «produce sottocosto perché il prezzo pagato non copre le spese».

La discesa

Numeri a cui si deve fare la tara perché nel 2014 il prezzo del latte ha raggiunto un record storico per poi scendere di colpo dai 41,79 centesimi al litro di marzo ai 35,97 di dicembre (dati del ministero). Numeri, comunque, che paragonati ai prezzi pagati agli allevatori francesi (34,50 cent), tedeschi (33,99) o a quelli dell’Europa dell’Est (ancora più bassi) suonano come un campanello d’allarme su possibili invasioni di latte straniero. Per Coldiretti l’Italia, già oggi, fa arrivare dall’estero il 42% del latte che consuma. La fine del regime delle quote e il ritorno del libero mercato a livello Ue potrebbe aumentare l’import e mettere in ginocchio un settore che in 12 anni ha perso 31 mila stalle (6 mila negli ultimi 5).
Una situazione insostenibile, tanto che oggi in 13 città italiane torneranno a sfilare trattori e mucche. Davanti ai palazzi della politica (il Campidoglio a Roma o la sede della regione Piemonte) ed economico (piazza Affari a Milano) Coldiretti ha allestito delle stalle per «la più grande mungitura pubblica mai organizzata in Italia e nel mondo» a cui parteciperanno anche 4 ministri, governatori e sindaci. E nelle prossime settimane anche le altre organizzazioni, raccolte sotto la sigla di Agrinsieme, porteranno in piazza i loro allevatori.

Nuove abitudini alimentari

Che cosa succede? Intanto, calano i consumi. In Italia nel 2014 si è bevuto meno latte, consumato meno yogurt e mangiato meno formaggio del 2013. Per ogni euro speso dai consumatori in prodotti lattiero caseari solo 17 centesimi sono finiti agli allevatori mentre 37 sono andati all’industria e 46 a logistica e distribuzione.
Agrinsieme Piemonte ha calcolato che nel 1997 il latte alla stalla era pagato 700 lire al litro mentre il prezzo del latte fresco pastorizzato era di 2000 lire: «La materia prima incideva per il 35% sul prezzo finale mentre ora è scesa al 21». E in questi anni il prezzo al consumo è continuato a salire. Nel mirino degli allevatori finiscono industria e grande distribuzione anche se la mobilitazione della Coldiretti inizia a fare breccia nel muro della grande distribuzione (almeno quella non legata alle multinazionali). Conad ha annunciato, e pubblicizzato, la decisione di riconoscere un prezzo alla stalla di 38 cent. Ieri Coop ha scritto al presidente Coldiretti, Roberto Moncalvo, per annunciare che ne pagherà 41 per quello fresco venduto con il proprio marchio.

Giuseppe Ambrosi, presidente di Assolatte, non ci sta a fare la parte del cattivo: «Le imprese hanno continuato ad acquistare e trasformare tutto il latte italiano, nonostante abbiamo pagato un prezzo ben più alto dei nostri concorrenti europei». Gli industriali sollecitano l’intervento del governo. Il ministro dell’Agricoltura, Maurizio Martina, ha convocato l’11 febbraio il tavolo di crisi: presenterà un piano in 7 punti per rendere più chiaro il sistema dell’etichettatura e stanziato 108 milioni.