• Home »
  • Politica »
  • Roma, il Tribunale annulla l’espulsione di Lusi dal Pd per un difetto procedurale. Il Partito dovrà pagare metà delle spese legali sostenute dall’ex senatore

Roma, il Tribunale annulla l’espulsione di Lusi dal Pd per un difetto procedurale. Il Partito dovrà pagare metà delle spese legali sostenute dall’ex senatore

Roma, il Tribunale annulla l’espulsione di Lusi dal Pd per un difetto procedurale. Il Partito dovrà pagare metà delle spese legali sostenute dall’ex senatore

Luigi Lusi, ex parlamentare travolto dallo scandalo giudiziario dei fondi della Margherita di cui era stato tesoriere, non poteva essere espulso dal Pd almeno nella forma in cui è stata adottata la decisione tre anni fa. La delibera dei garanti del partito è quindi annullata e il Pd deve rifondere all’ex senatore la metà delle spese legali sostenute. Lo ha deciso il Tribunale di Roma, nella persona del giudice Stefano Cardinali che esaminato la vicenda per la quale Lusi ha già subito una condanna in primo grado a 8 anni di carcere e una condanna dall Corte dei Conti per danno erariale stimato in 22,8 milioni di euro, oltre ad essere stato in carcere.

L’errore procedurale del Pd

Era il 6 febbraio 2012 quando, a soli sei giorni dall’esplosione dello scandalo per i rimborsi elettorali, i garanti del Pd, presieduti da Luigi Berlinguer, decisero di mettere alla porta il senatore ex tesoriere della Margherita. Secondo il tribunale «il provvedimento deve considerarsi illegittimo per non essere stato preceduto da alcuna contestazione in ordine agli addebiti sui quali l’irrogazione della sanzione si fondava. Premesso che deve ritenersi necessaria la preventiva contestazione degli addebiti all’interessato». In realtà non ci fu mai nessuna possibilità di replica per lo stesso Lusi e per questo secondo il giudice Cardinali: «Non può non rilevarsi che il Pd, nonostante ne avesse l’onere, non ha fornito alcuna prova di aver comunicato al Lusi l’intenzione di adottare il provvedimento di esclusione e gli addebiti posti a fondamento di tale volontà. Ne discende che l’esclusione dal partito, comminata senza la preventiva contestazione degli addebiti e senza consentire all’interessato alcuna possibilità di interloquire al riguardo deve considerarsi in contrasto con i principi costituzionali che tutelano la libertà di associazione e il metodo democratico cui devono ispirarsi le associazioni partitiche che concorrono a determinare la politica nazionale, con conseguente invalidità della delibera di espulsione oggetto della presente impugnazione che, pertanto, deve essere annullata».