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Paradisi fiscali, l’Italia raggiunge un accordo con la Svizzera: le banche elvetiche non potranno più opporre il segreto alle richieste dell’Agenzia delle Entrate

Paradisi fiscali, l’Italia raggiunge un accordo con la Svizzera: le banche elvetiche non potranno più opporre il segreto alle richieste dell’Agenzia delle Entrate

La Svizzera rimarrà un paradiso. Ma solo per i suoi monti, i suoi laghi, le sue città. Per i capitali in fuga dal Fisco italiano la Confederazione non sarà più un porto sicuro. Le banche elvetiche non potranno più opporre il segreto alle richieste dell’Agenzia delle Entrate.
L’accordo che è stato firmato ieri dal ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e la sua omologa svizzera Widmer-Schlumpf, nei locali della Prefettura di Milano, è storico. I negoziati sono durati tre anni, cambiando per la prima volta dopo 40 anni i rapporti tra l’Italia e la Confederazione. Padoan ha definito l’intesa come «un passo in avanti molto importante nella relazione tra i due Paesi». Matteo Renzi ha immediatamente espresso la sua soddisfazione via twitter, parlando di «miliardi di euro che tornano in Italia». Il documento sottoscritto ieri, in realtà, appare il miglior compromesso possibile. Il protocollo, che dovrà essere ratificato dai due parlamenti, quello italiano e quello svizzero, modifica la convenzione del 1976 sulle doppie imposizioni introducendo lo scambio di informazioni. Per ora, tuttavia, non si tratterà del meccanismo più incisivo dello «scambio automatico», ma di uno «scambio a richiesta». Il Fisco italiano potrà chiedere informazioni su singoli contribuenti, o anche su gruppi di contribuenti, ma non potrà intraprendere una ricerca «generalizzata e indiscriminata di informazioni», la cosiddetta «fishing expedition». Insomma, niente liste alla Falciani. Non solo. La richiesta di informazioni del Fisco non potrà essere retroattiva, ma potrà riguardare soltanto fatti emersi dalla data dell’accordo in poi. Questo significa anche che le indagini fiscali per le quali l’Agenzia potrà chiedere informazioni alla Svizzera, si fermeranno all’anno 2010, l’ultimo accertabile con le attuali regole di prescrizione. Restano fuori, insomma, anni considerati d’oro per l’espatrio oltre frontiera dei capitali.

I PROSSIMI PASSI

In futuro si arriverà, comunque, allo scambio «automatico» di informazioni, quello previsto dalle regole dell’Ocse. Accanto al protocollo, che è un documento tecnico, Roma e Berna hanno firmato anche una «road map», che è un documento politico. Il cronoprogramma prevede l’Italia potrà avere accesso in automatico alle informazioni sui propri contribuenti che hanno conti in Svizzera solo dal 2018 e a valere sull’anno 2017. Anche in questo caso non è prevista nessuna possibilità di chiedere informazioni retroattivamente. Cosa ottiene la Svizzera?

Innanzitutto la cancellazione del suo nome dalla «black list», la lista nera, dei Paesi non collaborativi. Un primo passo per consentire alle banche elvetiche il pieno accesso al mercato europeo dei servizi finanziari. Nella road map firmata con l’Italia su questo non è stato fatto nessun cenno. L’uscita dalla black list della Svizzera è un passo che, almeno nelle intenzioni del governo italiano, dovrebbe consentire alla «voluntary disclosure», il rientro dei capitali dall’estero, di decollare. Padoan ha detto che servono «ulteriori approfondimenti». Per chi ha fondi in paesi «che collaborano» il costo dell’emersione è molto più leggero. Su questa linea nei prossimi giorni saranno siglate altre intese importanti. La prima, giovedì, con il Liechtenstein. Poi toccherà anche a Monaco e Montecarlo. Altri due aspetti dei rapporti tra Italia e Svizzera sono stati invece trattati nel documento: la questione dei frontalieri e un accordo su Campione d’Italia. I lavoratori che operano oltre confine pagheranno le tasse sia nello Stato in cui lavorano che in quello dove risiedono. La quota dello Stato in cui lavorano sarà al massimo del 70%. Non vi sarà più alcuna compensazione finanziaria tra i due Stati. Circostanza che ha fatto subito reagire Matteo Salvini, che ha paventato il rischio crac per 400 piccoli comuni al confine con la Svizzera.