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Privatizzazioni, il Tesoro cede il 5,74% del capitale di Enel e incassa circa 2,2 miliardi. La partecipazione pubblica della società scende al 25,5%

Privatizzazioni, il Tesoro cede il 5,74% del capitale di Enel e incassa circa 2,2 miliardi. La partecipazione pubblica della società scende al 25,5%

Missione compiuta per il Tesoro: poco prima dell’apertura dei mercati, il Ministero dell’Economia e delle Finanze ha comunicato ai mercati l’avvenuta cessione di oltre 540 milioni di azioni ordinarie Enel, corrispondenti a circa il 5,74% del capitale della società, con un processo di vendita accelerato destinato a investitori qualificati in Italia e investitori istituzionali esteri. Il passaggio in cassa, per il Tesoro, vale circa 2,2 miliardi e porta la partecipazione pubblica nella società elettrica a scendere dal 31,24% al 25,50% circa del capitale della società.

La notizia della cessione-lampo, che in realtà il ministro Pier Carlo Padoan aveva in canna da mesi, era arrivata ieri a mercati chiusi. Lo stesso Tesoro ha deciso di sfidare il mercato, scendendo sotto la soglia di Opa del 30% (il limite superato il quale ogni investitore deve lanciare un’offerta d’acquisto sull’intera società, che di fatto mette in posizione di controllo un azionista che sia sopra quell’asticella). Ma per il Mef la guida della società, anche ora, resterà in mano al Tesoro stesso.

“Il regolamento dell’Operazione avverrà il prossimo 2 marzo”, spiega ancora il Mef. Il Tesoro si è impegnato con le banche che hanno svolto il ruolo di collocatrici (BofA Merrill Lynch, Goldman Sachs International, Mediobanca e UniCredit hanno svolto il ruolo di ‘joint bookrunners’, Equita Sim e Clifford Chance hanno seguito la parte finanziaria e legale) a non vendere sul mercato ulteriori azioni Enel per un periodo di 180 giorni, senza il consenso degli stessi Joint Bookrunners e “salvo esenzioni come da prassi di mercato”.

Le azioni Enel hanno reagito alla notizia di queste ore con un po’ di calo: il titolo staziona in area 4 euro, grosso modo la valutazione attribuita al pacchetto venduto dal Tesoro.

Come ricostruisce Repubblica in edicola, l’operazione ha una valenza strategica importante, anche se l’impatto dell’incasso (che è pur sempre rilevante) sul monte del debito pubblico (quasi 2.200 miliardi di euro) è poca cosa. Ma da un decennio lo Stato non avviava un’operazione di privatizzazione così importante, e gli ultimi tentativi sono stati abortiti in corso d’opera per le instabilità dei mercati e lo scarso appeal dei gioielli di famiglia messi in vendita. Unica eccezione, la vicenda di Rai Way che è di nuovo tornata in auge con l’offerta di Mediaset per il suo acquisto.

L’agenda prevede ora che Francesco Caio completi la riorganizzazione di Poste Italiane, per arrivare dopo l’estate a metterne il 40% sul mercato. Discorso simile per le Ferrovie dello Stato, con il Tesoro al lavoro con gli advisor per arrivare a vendere una quota di minoranza (ma ampia) della holding, dalla quale magari sarà stata scorporata la rete ad eccezione dell’Alta velocità. Anche il dossier dell’Enav è da tempo sul tavolo dei tecnici, ma le lungaggini nel rinnovamento del cda della società non hanno agevolato la vendita. Insomma, se l’obiettivo di 10 miliardi l’anno di cessioni fino al 2017 sembra irraggiungibile, comunque qualcosa nella macchina delle partecipazioni si sta muovendo.