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Giornalismo online, tutte le notizie saranno sulla bacheca Facebook. Zuckerbeg cerca un accordo col New York Times ed altre testate

Giornalismo online, tutte le notizie saranno sulla bacheca Facebook. Zuckerbeg cerca un accordo col New York Times ed altre testate

In futuro le notizie dei giornali le vedremo direttamente su Facebook, in bacheche ‘affittate’ alle testate che ospiteranno contenuti e articoli, senza rimandare a siti d’informazione e domini esterni. Il social network garantirebbe comunque ai giornali una parte degli introiti prodotti dalla pubblicità. Al sistema, che apre una nuova prospettiva nel rapporto tra editoria e social network, starebbe lavorando Facebook con una serie di testate internazionali, tra cui il New York Times.

“E’ un gigantesco atto di fede poiché i giornali sono abituati a trattenere il più possibile i lettori sulle loro pagine”, scrive lo stesso Nyt che ha riportato la notizia. “Da parte degli editori c’è il grande tema di perdere il controllo dei contenuti e anche del traffico – spiega all’ANSA Vincenzo Cosenza, esperto di social media e autore del libro Social media Roi – ma non va sottovalutata la motivazione economica legata alla condivisione dei ricavi sulla pubblicità. Quella classica legata ai banner che gli editori già sfruttano mostra un po’ la corda, mentre è in crescita quella sui social network”.

Al momento non si conoscono i dettagli di questa novità, sia dal punto di vista contenutistico sia economico, ma secondo il quotidiano della Grande Mela, Mark Zuckerberg starebbe lavorando ad una serie di accordi con alcuni giornali, oltre al Nyt ci sarebbero anche il National Geographic e BuzzFeed. In Europa sarebbero in corso contatti con Il Guardian che però sarebbe scettico: il quotidiano britannico chiede che il settore faccia cartello per negoziare i termini dell’accordo e mantenere il controllo di contenuti e pubblicità.

Non è la prima volta che Facebook insegue il giornalismo

Ha iniziato con ‘Newswire’ (un servizio che filtra e raccoglie contenuti notiziabili) poi con l’app ‘Paper’ (una sorta di collettore di notizie selezionato da redattori). E ha proseguito con la lotta alle bufale in favore dei contenuti di qualità. Il tutto mentre i numeri attestano che la piattaforma è una delle principali fonti di traffico per le testate giornalistiche. Una fonte ormai irrinunciabile nel ‘mobile’ e in tempi di giornalismo multipiattaforma dove i lettori vanno ‘acchiappati’ ovunque: sulla carta, su Internet, sui social media, sulle app, sugli aggregatori e presto anche sulla tecnologia indossabile.

Dal punto di vista degli editori questo sistema, osserva Vincenzo Cosenza, oltre alla spartizione dei ricavi pubblicitari potrebbe “fidelizzare” ad un giornale utenti di Facebook che altrimenti non andrebbero sul sito della testata. Inoltre, grazie ad “una forzatura dell’algoritmo come accade nella pubblicità potrebbe veicolare meglio le notizie all’utente giusto, targhettizzandole”.

Facebook, dal suo canto, di fatto cerca di costruire un mondo in cui l’utente può trovare tutto. Per alcuni di loro è una ‘seconda Internet’, per altri addirittura una ‘prima Internet’. Ma sono carenti in notizie, e le precedenti esperienze come le app per distribuire contenuti, non hanno avuto grande diffusione”. “Resta da capire davvero come questa proposta verrà declinata – conclude Cosenza – ma la vedo più una opportunità che va sperimentata, che una resa. Se funzionerà avrà un ritorno sia per gli editori sia per Facebook”.

Nel suo progetto di portare una connessione internet in tutto il mondo, il fondatore e ceo di Facebook, Mark Zuckerberg, sta ottenendo molto di più: sempre più persone infatti si connettono al suo social network da ogni paese del globo, e lo fanno senza sapere di essere effettivamente su internet.

Lo ha raccontato qualche giorno fa il sito di informazione Quartz che ha indagato sulla percezione che gli utenti hanno del loro essere connessi in rete partendo da due ricerche pubblicate negli ultimi anni: dalla prima, condotta in Indonesia, emergeva come molte persone entusiaste di Facebook sostenessero allo stesso tempo di non essersi mai connesse a internet.

Stessi risultati uscivano da un’analoga ricerca condotta in Africa. Nei paesi in via di sviluppo, dunque – quelli in cui Zuckerberg sta promuovendo il suo progetto di internet gratuito per tutti, quelli da cui nei prossimi anni arriveranno decine di milioni di nuovi utenti connessi al web – sembra che per molti internet non esista, ma esista solo Facebook. Come notava Quartz, il fatto è significativo non solo per ragioni semantiche. Il sogno mai nascosto di Zuckerberg è quello di far diventare Facebook un’infrastruttura del web, e non solo un social network. Stando a queste ricerche, sarebbe sulla strada buona.

Le aspettative e le abitudini che avrà il prossimo miliardo di nuovi utenti internet sarà decisivo per capire come cambierà la rete e quanto. Molto, se milioni di persone ci entreranno per la prima volta non attraverso il web aperto e tutto sommato libero, ma tramite un network privato dove dovranno sottostare alle regole imposte da Zuckerberg. Politici, aziende, organizzazioni ed editori dovranno arrendersi al fatto che per incontrare nuovi possibili clienti, volontari, lettori, dovranno andare su Facebook.

E comportarsi come vuole Facebook. Quartz ha voluto approfondire le due ricerche citate, e ha ordinato nuove indagini in Indonesia e Nigeria a una società di sondaggi, GeoPoll. Trovando gli stessi risultati, ma non solo. La maggior parte degli utenti che usano Facebook senza sapere di essere su internet non ha mai cliccato su un link pubblicato sulle loro bacheche. Aspetto da non sottovalutare, per chi pensa di fare soldi con clic e pubblicità al di fuori del social network.

Sheryl Sandberg, capo delle operazioni dell’azienda di Zuckerberg, ha detto a Davos che nei paesi in via di sviluppo la gente entra nei negozi di telefonia e chiede: “Voglio Facebook”. Quando nel 2012 Facebook non esordì con il botto a Wall Street, e quelli che la sanno lunga già indossavano sogghignanti l’abito per il funerale di Zuckerberg, David Kirkpatrick, l’analista finanziario autore del libro “The Facebook effect”, spiegava che “c’è tutto un mondo in via di sviluppo che non vede l’ora di usare Facebook”, che “non è soltanto un social network o un sito, ma un’infrastruttura della rete. Nessun altro concorrente è in grado di pensare a se stesso con un ruolo simile”.

Mentre gli analisti si interrogavano sulla fine più o meno prossima di Facebook, Zuckerberg girava per il mondo stringendo accordi con gli operatori telefonici che oggi quasi ovunque offrono piani economicamente vantaggiosi per chi vuole uno smartphone che si connetta solo a Facebook. E’ internet.org, l’iniziativa con tinte umanitarie di Zuckerberg per portare una connessione gratuita a tutti gli abitanti del pianeta. Gratuita solo se ci si connette a Facebook, Messenger e pochi altri servizi (questi ultimi variano da paese a paese): se si vuole navigare si deve pagare.

“Aiutare tutti a connettersi sarà un ottimo affare per noi”, ha detto il responsabile finanziario di Facebook Dave Wehner. Altro che open web, milioni di nuovi utenti in arrivo, convinti che Facebook sia l’unica piattaforma per connettersi con altre persone, costringeranno tutti a giocare con le regole di Zuckerberg.