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Il falso in bilancio ritorna ad essere reato, pene fino a 8 anni per le società quotate. Duro il M5S: “Voto falsato dai pianisti”

Il falso in bilancio ritorna ad essere reato, pene fino a 8 anni per le società quotate. Duro il M5S: “Voto falsato dai pianisti”

Ok dell’aula del Senato alle norme che riguardano il falso in bilancio per le società non quotate. L’assemblea di palazzo Madama ha approvato a scrutinio segreto l’articolo 8 del disegno di legge anticorruzione con 124 voti favorevoli (contro i 184 sì che andranno invece all’articolo 10 sulle aziende in Borsa), 74 contrari e 43 astensioni. Prevede che “gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, al fine di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni o nelle altre comunicazioni sociali dirette ai soci o al pubblico, previste dalla legge, consapevolmente espongono fatti materiali rilevanti non rispondenti al vero ovvero omettono fatti materiali rilevanti la cui comunicazione è imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della società o del gruppo al quale la stessa appartiene, in modo concretamente idoneo ad indurre altri in errore, sono puniti con la pena della reclusione da uno a cinque anni”.

Falso in bilancio e intercettazioni

La stessa pena, sottolinea l’articolo approvato senza modifiche dall’aula rispetto al testo uscito dalla commissione, “si applica anche se le falsità o le omissioni riguardano beni posseduti o amministrati dalla società per conto di terzi”. In precedenza erano stati bocciati gli emendamenti 8.319 e 8.320 (presentati da Sel e da Felice Casson del Pd) che proponevano di assestare la pena per il falso in bilancio per le società non quotate da due a sei anni, invece che a cinque. Ritirato l’emendamento successivo (a prima firma Giuseppe Lumia del Pd) col medesimo contenuto. La modifica avrebbe reso possibile l’uso delle intercettazioni.

Prima del voto segreto sull’articolo 8, Peppe De Cristofaro di Sel ha annunciato in aula l’astensione spiegando che “il falso in bilancio avrebbe meritato una ben altra impostazione e non un compromesso al ribasso”. Voto contrario di Forza Italia, espresso dal senatore Giacomo Caliendo che ha parlato di un “articolo incostituzionale” e di una “norma propaganda” del Governo.

Il voto in serata

E’ ripreso stamani, nell’aula del Senato, l’esame del ddl. L’assemblea di palazzo Madama ha approvato ieri i primi sette articoli del provvedimento. Nella seduta di oggi verranno affrontati anche i nodi che riguardano il cosiddetto ‘daspo’ per i corrotti, proposto da un emendamento presentato dal M5s, ieri accantonato. Il voto finale del disegno di legge è previsto per questa sera. Le dichiarazioni di voto, così ha deciso la conferenza dei capigruppo, avranno inizio a partire dalle 18.

Pene per fatti lievi

A seguire, l’aula del Senato ha approvato, sempre a scrutinio segreto, l’articolo 9 del ddl anticorruzione che stabilisce le pene per le società sui ‘fatti di lieve entita’ in caso di false comunicazioni sociali. Il via libera è arrivato con 146 sì, 95 no e 8 astenuti. Prevista la pena da sei mesi a tre anni se i fatti sono, appunto, di lieve entità “tenuto conto della natura e delle dimensioni della società e delle modalità o degli effetti della condotta”.

Società quotate: fino a 8 anni

L’aula ha approvato con 182 sì, 85 no e 48 astenuti l’articolo 10 del ddl anti-corruzione sul falso in bilancio per le società quotate. La norma, che riscrive l’articolo 2622 del codice civile, prevede la reclusione da tre a otto anni. L’articolo è stato approvato senza modifiche rispetto al testo uscito dalla commissione giustizia del Senato.

Sanzioni più alte

Via libera con 205 sì, 56 no e un astenuto, anche all’articolo 11 del ddl anti-corruzione che completa il pacchetto di norme sul falso in bilancio e riguarda la sanzione per la responsabilità amministrativa che diventa più severe per tutte le società: fino a 600 quote da pagare. Nel dettaglio: per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621 del codice civile (relativo alle società non quotate) la sanzione pecuniaria da duecento a quattrocento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2621-bis del codice civile (relativo alla tenuità del fatto per le società non quotate), la sanzione pecuniaria da cento a duecento quote; per il delitto di false comunicazioni sociali previsto dall’articolo 2622 del codice civile (relativo alle società quotate, la sanzione pecuniaria da quattrocento a seicento quote.

Maggioranza a rischio

Intanto, su Twitter il senatore Lorenzo Battista scrive che “su votazione segreta a emendamento, 115 favorevoli, 116 contrari, 2 astenuti, passa parere maggioranza per un solo voto”. Sull’emendamento 8.316 a prima firma Caliendo di Forza Italia (“al comm 1, capoverso ‘art. 2621′, primo comma, dopo le parole: ‘non rispondenti al vero’ inserire le seguenti: ‘ancorché oggetto di valutazionì”) che chiedeva una modifica sul falso in bilancio – con parere contrario del governo e a voto segreto – la maggioranza ha rischiato di andare sotto. I no sono stati 116 e i sì 115. Sommando anche gli astenuti, che al Senato equivalgono ad un no, la maggioranza ha tenuto per 3 soli voti.

Molte assenze in Forza Italia

La maggioranza tiene per un pelo su alcune votazioni. L’emendamento 10.311 a prima firma Caliendo che chiedeva una modifica sul falso in bilancio è stato bocciato solo per cinque voti voti al Senato. Molte assenze nei banchi azzurri. In missione i senatori Amoruso, Scilipoti e Villari; non hanno votato Bonfrisco, Cardiello, Fazzone, Floris, Galimberti, Ghedini, Minzolini e Verdini. Stessa situazione sull’articolo 10: quattro i voti di differenza. Il ddl è al rush finale delle votazioni. E’ stato approvato il nuovo reato di falso in bilancio con soli tre voti di differenza. Il Movimento 5 Stelle, tra l’altro, ha denunciato i pianisti ed è scoppiata la polemica dopo che il senatore Ciampolillo ha accusato il senatore Aracri di Fi di aver votato anche per Lucio Tarquinio, al momento delle votazioni assente. Il presidente di palazzo Madama ha ritirato la tessera, rispondendo poi ai grillini: “Se volete buttarla in caciara…”.

La denuncia: “Voto falsato dai pianisti”

“La legge sull’anticorruzione è falsata dal voto di pianisti che si esprimono per senatori assenti e il presidente Grasso non annulla le votazioni”. La denuncia arriva dal capogruppo del Movimento 5 Stelle in commissione Giustizia al Senato, Enrico Cappelletti. “Molti emendamenti anche migliorativi non vengono approvati sul filo del rasoio per 1-3 voti. Il M5s ha già scoperto un ‘pianista’ che ha votato per il senatore Tarquini (Forza Italia) assente in aula, ma di fronte alle denunce del M5s, Grasso non annulla votazioni palesemente irregolari” denuncia Cappelletti. “E’ assurdo, un paradosso totale. Si vota una legge che vorrebbe contrastare l’illegalità che è falsata dall’irregolarità del voto sugli emendamenti. Come se si volessero contrastare i furti e vengono ignorate le denunce puntuali di chi individua i ladri”