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Via Crucis del Venerdì Santo, Papa Francesco: “Preghiamo per i nostri fratelli perseguitati e crocifissi sotto i nostri occhi”

Via Crucis del Venerdì Santo, Papa Francesco: “Preghiamo per i nostri fratelli perseguitati e crocifissi sotto i nostri occhi”

È dalla terrazza del Palatino, adiacente alla chiesa di Santa Francesca Romana, che papa Francesco, assorto in meditazione e preghiera, ha seguito il rito della Via Crucis all’interno del Colosseo. Il piazzale davanti all’anfiteatro era gremito di fedeli, con anche tanti bambini, che hanno aspettato per ore dietro le transenne. Nella prima stazione è stato il cardinal Agostino Vallini, Vicario di Roma, a portare la croce. Nella seconda stazione a prendere il suo posto è stata una famiglia italiana numerosa: i coniugi Alessandro Faustini e Rita Angela Fiorentino con i loro sei figli Diletta, Noemi, Letizia, Miriam, Michele e Gabriele; quindi una famiglia con figli adottivi, Francesco e Palma Serra con Rafaela e Vitor di origine brasiliana; e ancora una famiglia, Antonio Langella e Maria Grazia Casalino con i figli Alba e Francesco Langella e il fidanzato di Alba, Antonio Pagano. Alla quinta stazione, a portare la croce era una malata, Marzia De Michele, aiutata dalla sorella Mariella e dal barelliere dell’Unitalsi Mario Puglia. Dalla sesta alla decima stazione, non più i rappresentanti dei fedeli italiani, ma quelli provenienti da altri continenti: le suore domenicane in Iraq Sundus Qasmusa e Susan Sulaiman; i siriani Philip Astephan e Wael Salibe; i nigeriani Leo Udensi e Charles Nwoke; gli egiziani Malak Gergis e Maikel Hanna; e i cinesi Ivan Zhao e Qi Qiaosu. L’undicesima stazione vede la croce nelle mani delle suore Silvana Parmegiani e Mariangela Addis dell’istituto dell’Annunziata; la dodicesima in quelle di padre Evenzio Herrera e Gianfranco Pinto Ostuni custodi di Terra Santa; la tredicesima per le suore Francisca Adelaida Rosales Ildefonzo e Ludy Fiorella Corpus Saldana, figlie di Nostra Signora della Pietà dall’America Latina. Infine, all’ultima stazione la Croce torna nelle mani del cardinale Vallini, che la porta fino al cospetto di papa Francesco, che pronuncia la sua benedizione.

Dai cristiani perseguitati alle famiglie, tutti i temi delle meditazioni

«In Gesù caricato della Croce si possono scorgere uomini e donne imprigionati, condannati o trucidati, perché credenti o impegnati in favore della giustizia e della pace». Con queste parole, nelle meditazioni della Via Crucis presieduta da papa Francesco al Colosseo, è stato evocato il sacrificio dei cristiani perseguitati di oggi che «si possono intravedere nella tristezza e nell’angoscia di Cristo che va incontro alla morte». Un tema che Francesco ha ripreso anche alla fine della Via Crucis: «Preghiamo per i nostri fratelli perseguitati e crocifissi sotto i nostri occhi e spesso con il nostro silenzio complice». E ha aggiunto: «Essi non si vergognano della tua croce. Sono per noi mirabili esempi da imitare», E poi i bambini abusati e le vittime degli abusi sessuali compiuti da ecclesiastici : «Tu, Signore, ci spingi a chiedere umilmente perdono a quanti subiscono questi oltraggi e a pregare perché finalmente si svegli la coscienza di chi ha oscurato il cielo nella vita delle persone». Non è la prima volta che durante la Via Crucis se ne parla. Nel 2005, pochi giorni prima della morte di San Giovanni Paolo II, era stato l’allora cardinale Ratzinger ad accennare nelle meditazioni a questo tema sconvolgente denunciando «quanta sporcizia c’è nella Chiesa». Le famiglie, i malati, le suore, gli immigrati, uomini e donne provenienti da Iraq, Siria, Nigeria, Egitto e Cina, il vicario di Roma: quella del 2015 al Colosseo è stata una Via Crucis multietnica, ma anche composita, che tiene conto delle varie realtà dei cattolici. E papa Francesco ha chiesto al vescovo emerito di Novara, monsignor Renato Corti, di scrivere testi su temi che da sempre sono al centro della sua predicazione: i bambini, soprattutto quelli sfruttati e abusati, le famiglie, la sofferenza, il lavoro, la sete di giustizia dell’umanità. «Nella sofferenza del Dio fatto uomo c’è quanto oggi viene ferito da odio, falsità o cuori di pietra», ha sottolineato il vescovo nel suo commento, paragonando «l’immagine di Gesù spogliato delle vesti e umiliato al traffico di esseri umani, alla condizione dei bambini soldato, alla schiavitù, ai minori abusati». E restano le eterne domande: «Perché ancora la tortura, la pena di morte, la violenza?». Nel corso della Via Crucis è stata ricordata la testimonianza di Shahbaz Bhatti, il cattolico ministro pachistano per le minoranze che ha pagato con la vita la sua difesa dei cristiani, il cui testamento spirituale è stato citato con gli scritti di alcuni padri della Chiesa, del beato Paolo VI e del cardinale Carlo Maria Martini.

Il ruolo delle donne

«O Gesù, questa sera tra noi è significativa la presenza femminile. Nei Vangeli le donne hanno un posto rilevante ed anche oggi l’annuncio della fede nel mondo e il cammino delle comunità cristiane sono molto sostenuti dalle donne.Conservale – ha pregato papa Francesco con le parole del vescovo Corti – come testimoni di quella felicità che fiorisce dall’incontro con te e che costituisce il segreto profondo della loro vita. Custodiscile come segno luminoso di maternità accanto agli ultimi che, nel loro cuore, diventano i primi».

La Passione in San Pietro

Una preghiera «per i nostri fratelli di fede perseguitati, e per tutti gli “Ecce homo” in terra, cristiani e non cristiani». Nel pomeriggio, nella sua omelia per la celebrazione della Passione in San Pietro davanti al Papa, padre Raniero Cantalamessa, predicatore della Casa pontificia, ha insistito sulla persecuzione dei cristiani, in Kenya, in Nigeria, in Siria e in Medio oriente. «Per una volta – ha invitato – non pensiamo alle piaghe sociali, collettive: la fame, la povertà, l’ingiustizia, lo sfruttamento dei deboli. Ne parliamo spesso, anche se mai abbastanza, ma c’è il rischio che diventino astrazioni. Per una volta pensiamo alle sofferenze dei singoli, delle persone con un nome e una identità precise; alle torture decise a sangue freddo e inflitte volontariamente, in questo stesso momento da esseri umani a altri esseri umani, perfino dei bambini». E ha ricordato: «Quanti Ecce homo nel mondo, quanti sono in questo momento nelle stesse condizioni di Gesù sotto Pilato, soli, ammanettati, torturati, in balia di militari rozzi e pieni di odio, che si abbandonano a ogni sorta di crudeltà fisica e psicologica, divertendosi a veder soffrire. Non bisogna dormire, non bisogna lasciarli soli . E il martirio sarà la realtà per molti altri cristiani».

Fronte a terra

Papa Francesco, che all’inizio della celebrazione in San Pietro è rimasto prostrato sul pavimento, in preghiera, per circa due minuti, ha poi seguito seduto la lettura e il canto del racconto biblico della Passione e, come tutti gli altri, si è inginocchiato a lungo al momento in cui il lettore ha narrato il momento preciso della morte di Cristo sul Golgota. Hanno partecipato al rito nella basilica vaticana cardinali e vescovi, tra cui Angelo Sodano, Giovanni Battista Re, Jean Louis Tauran, il sostituto alla segreteria di Stato mons. Angelo Becciu, il «ministro degli Esteri» vaticano Gallagher. L’omelia di padre Cantalamessa, come ha fatto anche il Papa nella udienza generale di mercoledì scorso, ha denunciato «l’ inquietante indifferenza delle istituzioni mondiali e della opinione pubblica di fronte a tutto ciò. Rischiamo di essere tutti, istituzioni e persone del mondo occidentale, dei pilati che si lavano le mani. Gesù morì gridando una richiesta di perdono, è gridata, perché la si oda bene». E ancora: «Dobbiamo credere che il Padre abbia ascoltato anche questa ultima preghiera sulla croce, e che anche i crocifissori di Gesù, certo non senza essersi prima in qualche modo ravveduti, sono con lui in Paradiso, a testimoniare per l’eternità fin dove è stato capace di spingersi l’amore di Dio». «Noi cristiani – ha osservato in un altro passaggio – reagiamo inorriditi all’idea che si possa uccidere in nome di Dio» e la Genesi ci presenta un mondo senza violenza, «neppure per vendicare Abele dunque per punire un assassino, è lecito uccidere».