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L’Europa solidale si salva la faccia: accolte le quote con cui ridistribuire i 40mila migranti tra gli Stati dei Dodici.

L’Europa solidale si salva la faccia: accolte le quote con cui ridistribuire i 40mila migranti tra gli Stati dei Dodici.

Sì ai quarantamila migranti da redistribuire, ma saranno gli stati dell’Unione europea a decidere come spartirseli, entro luglio. Ecco, secondo il servizio esclusivo de La Stampa.it, il compromesso a dodici stelle possibile sui migranti, la ricetta per chiudere le polemiche sull’obbligatorietà della ripartizione chiesta alle capitali dalla Commissione Ue e sgradita a metà dei governi dell’Unione, la soluzione con cui si spera di salvare la faccia dell’Europa solidale, incrinata dalle divisioni e dalle incertezze davanti alla tragedia dei morti nel Mediterraneo.

La bozza di conclusioni del vertice europeo in programma a Bruxelles giovedì e venerdì, di cui La Stampa ha ottenuto una copia, scrive che gli stati membri «approvano la redistribuzione per due anni da Italia e Grecia verso gli altri stati membri di 40 mila persone che abbiano evidente bisogno di protezione temporanea».

Allo stesso tempo, chiedono al Consiglio, cioè al conclave dei governi nazionali, «la rapida adozione di una decisione che istituisca il meccanismo temporaneo ed eccezionale» proposto dal Team Juncker e stabiliscono che «tutti gli Stati membri concorderanno, entro la fine del mese di luglio, sulla distribuzione di queste persone».

Eu draft agreement on Mediterranean Migrants

Chiaro, no? L’Europa sceglie di dare un aiuto iniziale ai paesi di prima linea, la Grecia e l’Italia, ma rifiuta che “le quote” (che nessuno chiama ufficialmente così) siano determinate dalla Commissione o da altre istituzioni. Per questo si impegnano a definirle i governi, con una forma di riallocazione coordinata che assomiglia molto a una “obbligatorietà volontaria”. In pratica, si scioglie il nodo senza creare un precedente di diktat, e si passa il messaggio che sono gli stati ad avere l’ultima parola e non le istituzioni.

Alla prova dei fatti, il risultato concreto è lo stesso: Italia e Grecia saranno aiutate.
Quello che manca è un impegno vero a ripetere l’operazione in futuro, dunque ad costruire una vera politica dell’Immigrazione comune con regole automatiche in caso di crisi. Per questo, ci vorranno ancora discussioni e parecchio tempo.

Nel testo – che rispecchia l’orientamento del Consiglio Interni di giovedì scorso e che, naturalmente, potrebbe subire modifiche nei prossimi quattro giorni che ci separano dall’ultimo minuto del summit europeo – si chiede anche «la creazione di zone di frontiera e servizi strutturati negli stati in prima linea» con il sostegno attivo di esperti di altre capitali, dell’ufficio per l’Asilo, di Frontex e Europol in modo da «garantire la rapida identificazione, la registrazione e la presa delle impronte digitali dei migranti». Sono gli “hotspots” in cui va concentrata l’azione di ricevimento, i centri in cui assicurare che le procedure di identificazione e controllo siano complete. Il governo Renzi ha offerto una sede in Sicilia. Non sarà l’unica, probabilmente. Ad ogni buon conto, la bozza rileva come il Consiglio approva «la fornitura immediata di assistenza finanziaria rafforzata» a Italia e Grecia per «contribuire ad alleviare i costi per la ricezione e il trattamento delle domande di protezione temporanea».

Oltre a questo, i Ventotto sono chiamati ad accogliere «il principio secondo cui tutti gli Stati membri parteciperanno al reinsediamento di 20.000 sfollati in evidente bisogno di protezione internazionale». Anche qui cade l’idea, originariamente intavolata dalla Commissione, si stabilire un meccanismo obbligatorio di ripartizione. E anche qui, i governi dovrebbero impegnarsi a decidere loro come distribuirli volontariamente.

Se il vertice europeo adotterà questa linea, il via libera potrebbe venire dalla riunione dei ministri degli Interni Ue in programma a Lussemburgo il 9 luglio. L’entrata in vigore sarebbe rapida e, per l’Italia, avrebbe effetto retroattivo sino al 15 aprile. Un passo avanti. Piccolo, ma sempre meglio che niente e, comunque, qualcosa su cui si potrà provare a costruire altro. Per i tempi di emergenza e magari anche no.