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Il D-day di Marino, il Pd verso le dimissioni di massa. E per il sindaco arriva la conferma della Procura: “E’ indagato per peculato”

Il D-day di Marino, il Pd verso le dimissioni di massa. E per il sindaco arriva la conferma della Procura: “E’ indagato per peculato”

La resa dei conti è prevista per oggi. L’ora dello showdown non è ancora stata fissata, ma, a quanto apprende l’Adnkronos, sono previste nel primo pomeriggio di oggi le dimissioni di massa dei 19 consiglieri del Pd e degli altri sei, che si sono detti disponibili a firmare il passo indietro per raggiungere almeno il numero dei 25 necessari a determinare lo scioglimento del consiglio comunale, staccando definitivamente la spina al sindaco di Roma Ignazio Marino. Marino che, intanto, oggi, conferma la sua agenda istituzionale e inaugurando una targa intitolata al presidente cileno Salvador Allende cita le sue stesse parole: “Non mi sento un martire, sono un lottatore sociale che tiene fede al compito che il popolo gli ha dato”.

Insomma, sindaco sulle barricate e consiglio pronto a sfiduciarlo. E’ in questo clima che arriva la conferma di una notizia che circolava già da diversi giorni: Ignazio Marino, è indagato dalla procura di Roma per il caso degli scontrini. A confermarlo è l’avvocato Enzo Musco, legale del sindaco, secondo il quale l’accusa contestata è di peculato. “L’avviso di garanzia – ha spiegato all’Adnkronos il legale di Ignazio Marino – è a tutela della persona, non contro. Proceduralmente è un passaggio obbligato per lo sviluppo e per le conclusioni delle indagini per le quali è prevista anche l’archiviazione”.

Non tarda ad arrivare però la condanna dell’ormai ex assessore dimissionario ai trasporti di Roma Capitale Stefano Esposito, che commenta così su twitter: “Devo prendere atto di aver dato mia lealtà ad un bugiardo. #vergogna”.

Sul fronte politico, il vertice fiume, che si è svolto ieri al Nazareno tra consiglieri dem e il commissario romano del Pd Matteo Orfini, è durato oltre otto ore. Un lungo lavoro per chiudere il cerchio sull’appoggio di consiglieri di altre liste nell’operazione. Tra questi ci sarebbero Daniele Parrucci, di Centro Democratico e probabilmente una dei componenti della Lista Civica Marino, Svetlana Celli, inoltre, nell’opposizione, sarebbero pronti a firmare le dimissioni Alfio Marchini e Alessandro Onorato della Lista Marchini. Tutti i sei firmatari di altri gruppi comunque, assicura qualche consigliere dem, non hanno a che fare con l’ex amministrazione di Gianni Alemanno e non sono stati toccati dalla vicenda mafia Capitale.

Un punto cruciale questo per mettere d’accordo il gruppo dem, in cui era emerso qualche maldipancia di fronte all’eventualità di mandare a casa Marino grazie all’appoggio di personalità legate alla precedente amministrazione. I 25 consiglieri si daranno appuntamento per poi recarsi insieme in Campidoglio dove dovranno presentare, contestualmente, le loro dimissioni.

Un finale prevedibile, ma non scontato. In Aula Giulio Cesare si è sperato fino all’ultimo in un’uscita di scena meno traumatica, con il sindaco dimissionario fino al 2 novembre, giorno dell’incarico al commissario. Ma mercoledì sera, nella riunione in casa del vicesindaco Marco Causi, la distanza con Marino, determinato ad andare in aula Giulio Cesare, appare incolmabile. Così, ieri, Orfini convoca i consiglieri dem per decidere la linea. Sfuma l’ipotesi di una mozione di sfiducia, monta quella di dimissioni di massa nel caso in cui Marino decidesse di ripensarci. La linea è questa. Aspettare le mosse del sindaco, in attesa della deadline del 2 novembre.

Ma alle 16.28 Marino annuncia di aver ritirato le sue dimissioni . Sono assolutamente pronto a confrontarmi con la mia maggioranza, a illustrare quanto fatto, le cose positive, gli errori, la visione per il futuro – afferma Marino – Questa sera come è giusto parlerò con la presidente Baglio e illustrerò, oltre a presentarle la lettera, la mia intenzione di avere una discussione aperta, franca e trasparente nell’Aula Giulio Cesare”.

Subito dopo la sua giunta si sgretola. Causi annuncia di “aver appena consegnato la mia lettera di dimissioni dall’incarico di vicesindaco di Roma Capitale”. Lascia anche l’assessore capitolino ai Trasporti Stefano Esposito che all’Adnkronos dice: “Ho già protocollato le mie dimissioni”. “Ho appena consegnato la mia lettera di dimissioni – ha precisato Esposito in una nota – dall’incarico di assessore alla Mobilità e ai Trasporti di Roma Capitale”. Se ne va anche l’assessore alla Legalità Alfonso Sabella: “Evidentemente il sindaco ha fatto le sue valutazioni – ha detto a Skytg24 – Io per lunedì avevo già pagato una ditta di trasloco perché venisse a portare via i miei scatoloni e ora ho speso troppi soldi a causa del Comune di Roma per perdere anche questi. Quindi mi pare che sia abbastanza chiaro, io lunedì torno a fare il magistrato ovviamente. La mia è una valutazione tecnica nel senso che non sarei più in grado di fare approvare i provvedimenti a cui sto lavorando da tanto tempo. L’anomalia di un magistrato in giunta adesso è diventata forte”. Anche l’assessore ai Lavori Pubblici Maurizio Pucci e l’assessore alla Cultura Giovanna Marinelli si dicono pronti a lasciare, subito dopo la riunione di giunta che ieri sera approva la delibera che amplia la pedonalizzazione di via dei Fori Imperiali: per un anno, in via sperimentale, i Fori saranno pedonalizzati nel weekend, nei festivi e nei giorni feriali dei ‘ponti’”.

La notizia del ripensamento di Marino piomba mentre al Nazareno i consiglieri dem sono ancora con Orfini e i tempi della riunione si allungano. I consiglieri Pd sono 19, mancano almeno altri 6 consiglieri pronti a dimettersi per raggiungere la metà più uno dei membri, indispensabile per sciogliere l’assemblea. Alla fine, assicurano, la quadra è stata trovata.

Oggi l’atto finale. Ma è già polemica. “Che succede a Roma? La risposta è nella foto. Per sfiduciare Marino basta votare mozione M5S. Perchè il Pd non lo fa?”, scrive su Twitter Beppe Grillo riferendosi a un sondaggio sui risultati alle urne se si andasse oggi stesso al voto nella Capitale. Il M5S, nella proiezione, è avanti, al 33%; il Pd secondo fermo al 17%.