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Il referendum slitta a novembre, Mattarella spinge per rimettere ordine nella legge elettorale

Il referendum slitta a novembre, Mattarella spinge per rimettere ordine nella legge elettorale

Il referendum sulla riforma costituzionale continua ad alimentare il dibattito politico estivo.È sempre così: non appena in Senato si ricomincia a parlare di agguati e trabocchetti, ecco i congiurati precipitarsi a smentire. Ieri è stato tutto un rosario di dichiarazioni rassicuranti, «non sarà Verdini a dare la spallata», «non saremo noi di Ncd, notoriamente così leali». Eppure, fonti molto attendibili confermano che sono almeno 30 e forse 40 i senatori della maggioranza in preda alla disperazione politica, dunque disposti a qualunque gesto, anche il più inconsulto. La stima si ottiene sommando quei centristi a vario titolo (Gal, Ncd, Scelta Civica e Ala) che per effetto dell’«Italicum» nutrono zero speranze di venire rieletti. Pretendono da Renzi una via d’uscita che il premier non vuole e, probabilmente, non può garantire. Manca una logica nel loro dibattersi. Proprio per questo rappresentano un pericolo, in quanto «con i criminali intelligenti si può trovare un accordo», ringhia Cicchitto che li conosce bene, «ma con i criminali ottusi non c’è proprio nulla da fare».

IL GIOCO DEL PREMIER
Gli «ottusi» sono coloro che farebbero la crisi subito, profittando del voto imminente sugli Enti locali. Gli «intelligenti», invece, temono in questo modo di fare il gioco del premier che, disarcionato da una congiura di palazzo, vestirebbe volentieri i panni della vittima e magari vincerebbe pure il referendum di ottobre. Tra gli attendisti «intelligenti», oltre a Schifani, viene classificato l’ex ministro Lupi. Risultano contatti in corso tra una parte dei dissidenti e il mondo berlusconiano. Ma il Cavaliere (3 ore a pranzo coi capigruppo Brunetta e Romani) non ha alcuna voglia di provocare una crisi che farebbe solo il gioco di Renzi, e punta tutte le sue carte sul «no» al referendum.

IN CASO DI «INCIDENTE»
L’odore di bruciato è tale che arriva fino sul Colle. Dove Mattarella e Renzi ne hanno ragionato durante un incontro, ufficialmente, sul prossimo summit della Nato. Per Renzi, la situazione a Palazzo Madama è sotto controllo, il premier non si attende sgambetti. Ma se, invece, l’incidente capitasse proprio per colpa dei «disperati»? A quel punto, Renzi si regolerebbe esattamente come avrebbe reagito un anno fa: convocando la direzione Pd per proporre le elezioni anticipate, subito alle urne senza nemmeno attendere il referendum. «Non si tratta di un ultimatum», ha ribadito più volte Renzi a Mattarella, ma di coerenza. Il Presidente tuttavia, secondo altre ricostruzioni, dubita assai circa la possibilità di tornare al voto con un doppio sistema: maggioritario alla Camera (l’«Italicum») e proporzionale al Senato (il «Consultellum»). Nel mondo quirinalizio si fa presente che Mattarella è sempre stato coerente fautore di un mandato popolare chiaro, sarebbe singolare se permettesse di andare al voto con un confuso sistema che rischia di produrre ingovernabilità e paralisi (Renzi non la pensa così: lui è convinto di poter conquistare la maggioranza perfino con un sistema proporzionale al Senato). Prima di tornare alle urne, insomma, secondo Mattarella sarebbe il caso di rimettere ordine nella legge elettorale. Lo dice anche una parte del Pd, però Mattarella ha tranquillizzato Renzi: nessuna «liaison dangereuse» con Franceschini & C. Meglio intervenire subito sulla legge elettorale, è il sottile ragionamento che si ascolta nelle stanze ovattate del Colle, altrimenti magari sarebbe necessario provvedere poi, a crisi di governo aperta, dunque in una situazione di caos politico e , con un apposito governo «di scopo» che nessuno vuole, incominciando da Renzi.

IL PUZZLE DELLA DATA
A proposito di referendum. Il premier era orientato a votare l’ultima domenica di ottobre. Ma poi, consultando il calendario, qualcuno si è accorto che c’è il ponte dei Santi, una tentazione irresistibile per gli astensionisti. Per cui l’orientamento ora è quello di votare la nuova Costituzione il 6 novembre prossimo. I Radicali insistono per uno spacchettamento dei quesiti e Renzi, interpellato in proposito dal Presidente, per la prima volta non ha eretto barricate: «Io preferisco un sì o un no all’intera legge», ha risposto, «ma se ne può discutere». Purché serva a riportare il dibattito sui contenuti veri della riforma.