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La Grecia si ribella ai tagli di salari e posti di lavoro. Il governo perde i pezzi, violenti scontri. Tornano in scena i black bloc

 ”Basta con la dittatura del monopolio dell’Europa”. E’ quanto si legge su un enorme striscione issato oggi sull’Acropoli di Atene, cuore e simbolo della Grecia, mentre continua lo sciopero generale indetto dai sindacati contro le nuove misure di austerity varate ieri dal governo e che domani dovrenno essere approvate in Parlamento per ottenere un nuovo pacchetto di salvataggio ed quindi evitare il default.Dopo gli scontri che si sono verificati ieri tra polizia e manifestanti, tra i quali vi erano centinaia di black bloc, oggi continuano le proteste e i cortei, in un paese completamente paralizzato dallo stop dei trasporti pubblici e di tutti gli altri servizi. I sindacati protestano contro misure che prevedono, tra l’altro, la riduzione dei salari minimi del 22%, il taglio di 15mila posti di lavoro nel settore pubblico e la riduzione della spesa per sanità, welfare e difesa. 
Il governo ha approvato nella notte l’accordo, nonostante le resistenza interne che hanno provocato le dimissioni di altre tre membri dell’esecutivo, tra i quali il vice ministro degli Esteri e il ministro dei trasporti. E si prevedono nuove manifestazioni per domani quando il provvedimento arriverà in Parlamento per il voto. George Karatzaferis, leader del partito di destra Laos che fa parte della coalizione di tre partiti che sostengono il governo di Lucas Papademos, ha già annunciato che voterà contro il pacchetto.
Voterà invece sì alle nuove misure di austerity, purché dopo si vada subito alle elezioni, Antonis Samaras, leader del partito conservatore greco Nea Demokratia. Parlando ai deputati del suo partito, Samaras ha raccomandato loro di approvare domani in Parlamento il pacchetto di nuovi, dolorissimi tagli. Ma allo stesso tempo il leader conservatore, che appoggia insieme ai socialisti il governo di Lucas Papademos, ha insistito nel chiedere elezioni anticipate da indirre immediatamente dopo che sia stato completato l’accordo con i creditori internazionali.