Precario sarà lei, io sono disoccupato

I giovani sono precari. Ecco la verità rivelata che non ammette opinioni contrarie o repliche. Persino l’Istat si premuradi farci sapere che 7-8 giovani su dieci sono assunti con contratti temporanei,ma si guarda bene dal segnalare che ciò avviene, purtroppo, per un periodo piùo meno lungo, ma che, nella generalità dei casi, si conclude conun’assunzione a tempo indeterminato. Un recente studio dell’Ocse hacalcolato, su tutti i Paesi aderenti, quanto tempo trascorre in media primache un giovane, al termine del processo formativo, trovi dapprima un impiego,poi venga stabilizzato. Le performance dell’Italia si collocano verso ilfondo della lista (25,5 mesi per ottenere il primo impiego; 44,8 mesi perconseguire un’occupazione a tempo indeterminato) insieme a Finlandia,Grecia, Spagna e Portogallo; anche in realtà più solide delle nostre, però, igiovani sono costretti a trascorrere un significativo arco di tempo prima dientrare stabilmente nel mercato del lavoro. In Germania, il primo impiego sitrova dopo 18 mesi, mentre si è assunti a tempo indeterminato dopo 33,8 mesi.In Francia, rispettivamente dopo 24,3 e 40,7 mesi. Tutt’altra storia perun giovane americano che comincia a lavorare mediamente dopo 6,3 mesi (graziealla flessibilità ?) alle medesime regole che lo accompagneranno durate tuttala vita lavorativa. In Italia, le classi in cui è più alto il tasso dioccupazione sono quelle tra i 35 e i 44 anni. Il problema più grave dellacondizione giovanile in Italia non è la c.d. precarietà, ma la disoccupazione:due fenomeni distinti e diversi. Soffriamo di un minor grado di precarietà dialtri Paesi, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è sicuramente tra i piùelevati (oltre il 30%). Da noi, gli occupati temporanei sono il 12,8% deltotale contro il 15% della Francia, il 14,7% della Germania, il 15,8% dellaSvezia e il 18,5% dell’Olanda. Nel Regno Unito (altro miracolo dellaflessibilità) solo il 6,1%. E come si ripartiscono i lavoratori temporanei ?Il 54,3% in agricoltura, il 13,6% nelle costruzioni, il 27,9% nel turismo:settori dove la stagionalità è insita nel processo produttivo.Nell’industria, infatti, sono solo l’8,1%. Nel c.d. lavorointerinale è impiegato l’1,12% del totale degli occupati. Quanto aiparasubordinati – il vero comparto opaco da bonificare – siamo alivello del 2,4% (1,5% collaboratori e 0,9% lavoratori in proprio; solo lo 0,6%è occupato nell’industria). Trasferendo i dati riguardanti lo stockdegli occupati a livello delle coorti di età, possiamo notare (sempre secondol’Ocse) che il 46,7% dei giovani italiani oggi ha un lavoro temporaneo.Anche questo, però, non è un primato negativo, perché in Germania sono il57,2%, in Francia il 55,2%, in Svezia il 57% (mentre in Danimarca il 21%, nelRegno Unito il 13%, negli Usa il 10%). Da noi, nonostante che i giovaniconcludano il ciclo formativo 3-4 anni più tardi dei loro colleghi europei, il76,4% dei laureati ha un’occupazione (82,3% gli uomini e 71,7% le donne).Nel dibattito, poi, alla ‘mistica’ del precariato si uniscel’illusione della scorciatoia legislativa, come se bastassero delle norme- rivolte a vietare taluni rapporti di lavoro ritenuti troppo flessibili o adimporne altri <virtuosi> (il <contratto unico> è soltanto unasoluzione ‘facilona’ contornata da un grande appealmediatico) – per creare quei posti di lavoro che l’economia noncostruisce più. A prova del contrario, dal 1997 al 2007, quando il pil crescevaad un tasso medio annuo di poco superiore ad un punto, sono stati creati -grazie anche alla legislazione sulla flessibilità (dal pacchetto Treu allaLegge Biagi) – più di 3 milioni di nuovi posti di lavoro e si è dimezzata laquota della disoccupazione sia maschile che femminile. Un vantaggio che neppurela grave crisi attuale ha eroso completamente. In tale contesto va affrontatala questione della riforma dell’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori,cercando uno scambio tra minore precarietà in entrata e maggiore flessibilitàin uscita dal rapporto di lavoro. Paradossalmente, le soluzioni più adeguate eranoquelle individuate in occasione del vertice segreto (e forse <bruciato>di proposito) tra Mario Monti e Susanna Camusso: sospendere, magari in viasperimentale, l’applicazione della reintegra ai rapporti di lavoro chepassano da un regime temporaneo ad uno a tempo indeterminato. Eral’impostazione contenuta, inizialmente, nella legge Biagi. Purtroppo sonotrascorsi inutilmente dieci anni e Marco non è più con noi.