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Elezioni, stop ai sondaggi: parte il “buio” dei numeri fino alle urne. Bersani è in testa ma le cifre sono diverse

Scatta il ‘silenzio’ sui numeri delle elezioni. Dalla mezzanotte di venerdì, come prevede la legge, non è più possibile diffondere i sondaggi sulle intenzioni di voto alle prossime elezioni. Al previsto ‘buio’ si arriva dopo una invasione senza precedenti di numeri e previsioni, con una inedita questione legata alle nuove tecnologie, come dimostra il caso della App della Swg bloccata dall’Agcom perché assimilata ai tradizionali medoti di diffusione delle rilevazioni. E proprio dalla rete, in particolare dai social network come Facebook e Twitter, difficilmente controllabili, potrebbe arrivare quella diffusione ‘pirata’ e clandestina, quella comunicazione di ‘sentiment’ o intenzioni, che rischia di turbare la pax dei sondaggi imposta per legge.
Le ultime stime ufficiali, se pure con diverse sfumature, danno tutti la coalizione di centrosinistra guidata da Pier Luigi Bersani in testa, seguita da quella guidata da Silvio Berlusconi in ascesa. Come terza forza, si alternano il Movimento 5 stelle e lo schieramento che fa riferimento a Mario Monti. Secondo i numeri dell’Osservatorio di Renato Mannheimer, il vantaggio del centrosinistra (tra il 37 e il 38%) è calcolato tra gli oltre sette punti, ma il Pdl è passato in poche settimane dal 16-17% fino al 22 attuale, con la coalizione di centrodestra a quota 30%. Il Pd è al 32,2%.
Monti, con una leggera flessione, si colloca al 13% mente il Movimento 5 stelle viaggia sul 14-15%. Ancora per Mannheimer, tra le regioni ‘chiave’ per la maggioranza in Senato e ancora contendibili ci sono sempre la Lombardia (con il centrodestra avanti) e la Sicilia (avanti il centrosinistra). Per Demos, invece, sempre avanti Pier Luigi Bersani, in flessione, ma di circa cinque punti (34,1% contro il 28,6% del centrodestra) e sempre in ascesa il Pdl. La differenza e’ che secondo questi numeri Grillo e Monti sarebbero alla pari, al 16%. Tra le caratteristiche di queste rilevazioni, il Pd sarebbe sotto il 30% e il Pdl di poco sopra il 20%. La Lombardia, per Demos, sarebbe davvero sul filo con meno di due punti percentuali tra le due maggiori coalizioni. Per Euromedia research, sondaggista di fiducia di Berlusconi, il centrosinistra è al 34,4 e il centrodestra al 32,7, con il Pd di poco sotto il 30 e il Pdl al 23%. Grillo sarebbe al 14,5% e i centristi di Monti sono in totale al 12,3% (la lista Monti all’8%). Secondo l’Ipsos, invece Bersani è avanti di 6,6 punti percentuali, e anche qui con Berlusconi in recupero: 34,9% contro 28,3%. Due settimane fa la differenza era del 10,8%.
Grillo (15,8%) sarebbe davanti a Monti (15,3%). Per quel che riguarda il Senato, secondo Roberto D’Alimonte, che ne scrive sul ‘Sole 24 ore’, “la partita è ancora aperta” in Sicilia e Lombardia, mentre il Veneto è nelle mani del centrodestra. E se il centrosinistra, oltre appunto al Veneto, perdesse una tra Sicilia e Lombardia non avrebbe la maggioranza a palazzo Madama. Ma D’Alimonte analizza con precisione i termini della rimonta di Berlusconi in campagna elettorale per sostenere che una vittoria del Cavaliere alla Camera è “cosa non impossibile ma francamente difficile”. Per il docente universitario, “Berlusconi dovrebbe recuperare tanti voti quanti ne ha riconquistati negli ultimi mesi” ma avendo solo due settimane di tempo e, soprattutto, un bacino elettorale ristretto.
Se l’affluenza alle urne toccherà l’80% come nel 2008 (“cosa impensabile”, per D’Alimonte), “vuol dire che sul mercato ci sono meno di cinque milioni di elettori e che il cavaliere dovrebbe conquistarne alla sua causa una percentuale superiore al 50%”. Infine, ultimo dettaglio, queste elezioni potrebbero vedere un vincitore con meno del 35% dei voti: “Non è mai successo prima”, scrive D’Alimonte sottolineando che “oggi, con meno del 35% dei voti, si potrà fare il governo e eleggere il presidente della Repubblica”.