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Appunti di viaggio/9 giorno. Il Cammino di Santiago. Un giornalista sulle tracce di mille altri passi

Appunti di viaggio/9 giorno. Il Cammino di Santiago. Un giornalista sulle tracce di mille altri passi

di STEFANO MARINONE
20 Giugno, ore 14:38:45.La sveglia suona quando fuori è ancora
buio. Ci si prepara in fretta, si “indossa” ormai senza problemi lo zaino. E si
va.

Laggiù c’è Santiago. Per strada non c’è quasi nessuno. Ci superano due
pellegrine tedesche. Si arriva alla periferia della città. Le luci sono ancora
accese. Girano poche macchine.

I negozi sono chiusi. Segui la freccia gialla. Mi
piace fare il cammino anche sui marciapiedi, sulle striscie, tra i bus. Fermarmi
ai semafori. Il cammino è anche così.

Si arriva alla città vecchia, la città
di pietra. Ancora pochi minuti ed ecco praza do Obradoiro, il cuore di Santiago,
che fa da cornice alla maestosa cattedrale dell’ anno Mille.
Siamo arrivati!!! Siamo arrivati!!!

Senza affanno, senza
clamori. Pensavo di emozionarmi di più. Invece no. Sono contento, anzi, felice.
Ma mi rendo conto che l’ultima tappa è soltanto una tappa. Che si riparte. Che
il cammino non è finito. Che piedi gambe cuore e testa sono già pronti.
Sulla piazza siamo in pochi. Non sono ancora le otto. La cattedrale è ancora chiusa.
Mi godo questo momento.

Si va alla
officina del peregrino per ritirare la “Compostela”, la pergamena con il tuo
nome in latino che certifica ufficialmente l’avvenuto Camino.

Si entra nella cattedrale che nel frattempo va riempendosi. Annunci in tante lingue, un po’ di
confusione. Si fa la fila per appoggiare le mani sulle spalle di San Giacomo.
Sacro e profano, allegria e superstizione.

Il sole fuori si fa più caldo, e si
riscaldano anche la piazza e le strade del centro. Canti, musica galiziana con
le zampogne, cerveza e vino tinto a volontà. Gli scarponi non si vedono più,
molti girano con le infradito. L’appuntamento per tutti è alle 19-30 nella
cattedrale.

A quell’ora inizia infatti la messa del
pellegrino, ma in realtà il pezzo forte del programma è alla fine della
funzione.

Entrano in scena uomini vestiti di bordeaux: inizia il rito del
“botafumeiro”. L’enorme e pesantissimo incensiere che pende sull’ altare
centrale viene abbassato con delle robuste corde e fatto oscillare per tutto il
transetto a una velocità pazzesca sfiorando le teste dei presenti, lasciandosi
dietro una scia profumata di incenso. Uno spettacolo unico che chiude la
giornata.

Per le strade ancora tanti incontri. Si
scambiano sensazioni, esperienze, abbracci. Numeri di cellulare.
Non ho sentito
nessuno vantarsi del proprio cammino. Nessuno parlare di impresa, di sfida. Si,
mi pare proprio che il sentimento comune sia questo: é stato bello, è stato un
cammino, abbiamo dato una mano a chi ne aveva bisogno, ci hanno aiutato quando
eravamo in crisi, ciascuno con il suo passo, ma senza lasciare solo e indietro
nessuno.

Con le parole giuste che arrivano al momento giusto. Con i gesti
sinceri. Con i sorrisi, ma anche con le lacrime.

Un vecchio sta seduto sulla
scalinata della cattedrale. Accanto a lui due bambini. “Nonno che cosa è il
cammino? ” gli chiedono. “È quello che hai fatto. . . “. “Si, e poi? ”
“Quello
che farai, ma soprattutto quello che stai facendo”.


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